三十八; flashback

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓉𝓇𝑒𝓃𝓉𝑜𝓉𝓉𝑜, 𝒻𝓁𝒶𝓈𝒽𝒷𝒶𝒸𝓀

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𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓉𝓇𝑒𝓃𝓉𝑜𝓉𝓉𝑜, 𝒻𝓁𝒶𝓈𝒽𝒷𝒶𝒸𝓀

Minho stava camminando avanti e indietro per la stanza, irrequieto. Una persona? Continuava a ripetersi, frastornato. Era sicuro che quella sera stesse da solo ad aspettare la fermata dell'autobus, da dove era spuntata quella persona? La testa continuava a martellargli ma non gli diede troppa attenzione, voleva a tutti costi sapere la verità, scoprire di più su quell'incidente. Prese al volo la stampella e si scaraventò fulmineo fuori dalla camera, aveva bisogno un po' di aria per concentrarsi. Fino a quel momento il moro non si era interessato più di tanto all'incidente, aveva considerato il tutto una punizione della vita, del destino e aveva odiato se stesso per essere stato così incauto con il suo corpo, però adesso era sbucata una persona. Cosa significava? Perché aveva la sensazione che quella fosse la chiave per aprire la serratura, l'ultimo pezzo del puzzle. Alla fine tornò da quella panchina, la loro panchina, senza nemmeno rendersene conto. Era stato attirato come se l'oggetto fosse una calamita e lui un metallo. Si sedette, l'aria profumata del prato e dei fiori gli entrò nei polmoni; tanti piacevoli ricordi gli apparvero in mente. Accarezzò lo spazio vuoto accanto a sé, non riuscì a non pensarlo. Chissà come sta. Meditò, triste. Scosse la testa, doveva focalizzarsi sull'incidente. Lo fece, però con scarsi risultati. Si massaggiò le tempie pulsanti, stava iniziando a innervosirsi. «Chi diamine è questa persona?» sbottò ad alta voce, stizzito. Stava perdendo le speranze, quando il secondo successivo un'altra immagine si piazzò nella sua mente come una fotografia, un flashback. Sgranò di scatto gli occhi, sorpreso. «Io... ho spinto via quella persona?». 

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