𝒸𝒶𝓅𝒾𝓉𝑜𝓁𝑜 𝓉𝓇𝑒𝓃𝓉𝒶𝒹𝓊𝑒, 𝓋𝑒𝓉𝓇𝑜
I suoi occhi grandi scrutavano incuriositi la scena, a detta sua particolare, davanti a sé. La minuta figura si trovava, ben nascosta, dietro lo stipite della porta. Si affacciava quel giusto per poter vedere l'immagine della donna accovacciata sul pavimento, mentre stringeva un oggetto al petto. Il piccolino non capiva, del perché la donna si trovava in quel modo. Si sporse di più, facendo sempre attenzione a non farsi vedere, per accertarsi se per caso la figura stesse piangendo, ma dal suo viso latteo e struccato non compariva niente, se non un'espressione forzata, come se stesse trattenendo un grosso macigno a mani nude con tutte le sue forze. Quando gli occhi della donna, all'improvviso, incontrarono quelli del bambino, quest'ultimo scappò via, come se avesse fatto qualcosa di sbagliato e la donna l'avrebbe poi punito. Si chiuse in camera, sentendosi in colpa nell'aver fatto quello. Era un bambino, ma non troppo da non capire che quella scena che aveva assistito era stata una scena intima, che avrebbe dovuto evitare di vedere, ma quel gesto era stato più forte di lui. Voleva capire per così aiutare. «Jisungie» la mamma era entrata in camera del bambino con un piccolo sorriso, lui la guardava di sottecchi; non tanto per paura di un rimprovero ma più per la vergogna. «Volevi chiedermi qualcosa?» si era abbassata all'altezza del piccolo, dove nel frattempo si trovava sulla sedia, con le braccia appoggiate sulla cattedra. Jisung si voltò lentamente, con un leggero rossore sul viso. «Non volevo spiarti ma mamma, cosa c'è che non va?» adesso i suoi occhioni erano incatenati a quelli altrettanto grandi della donna, li aveva presi da lei, che guardava il piccolo con un luccichio non troppo evidente. Stava facendo tutto il possibile per non scoppiare a piangere davanti a suo figlio. «Jisungie, ti fidi di me?» la mano delicata della donna accarezzava gentilmente i capelli castani di Jisung, quest'ultimo annuì di scatto, senza nemmeno pensarci. «Sei l'unica persona che ho, l'unica persona su cui posso contare.» adesso le sue labbra premevano lentamente sulla piccola fronte di Jisung, quest'ultimo rise leggermente al contatto. «Mamma grazie per non essere andata via, come papà.» la donna strinse forte a sé la minuta figura del bambino, non riuscì a non trattenere un singhiozzo. La mano di Jisung strinse in automatico più forte la mano della mamma, una volta tornato nel presente. Quel ricordo gli era passato davanti agli occhi così vivido che dava quasi l'impressione di essere capitato ieri, e in un certo senso era così; da quel giorno si susseguirono altre scene simili, da quel giorno lui e la mamma erano diventati una squadra. L'uno dipendeva dall'altra, si facevano forza a vicenda per così sopravvivere negli anni. Jisung era così grato a sua madre che non gli bastava scrivere "grazie" su tutti i quaderni del mondo, era così grato a quella donna che gli era stato accanto per tutto quel tempo, a quella forte donna che da sola era stata capace di affrontare tanti temporali, tanti tsunami e tornado. Jisung l'ammirava così tanto, non sarebbe mai arrivato ai suoi livelli di forza, non sarebbe stato mai come lei però cercava sempre di prendere ispirazione da quella forte donna che l'aveva cresciuto da solo, senza fargli mai mancare nulla, e di diventare almeno un minino buono come lei. Jisung continuava a stringere la sua mano e si continuava a chiedere come avrebbe fatto senza quella persona che l'aveva aiutato tantissime volte nella sua vita, quella persona che gli era stata da mamma, amica e maestra. Senza la sua àncora. Jisung non riusciva a sopportarlo, da lì a poco si sentiva sgretolare e sparire via nel vento. Stava per cedere, ma un leggero tocco sulla spalla lo ricaricò come per magia. I suoi occhi si andarono a scontrare con altri grandi occhi; Jisung, oltre lui e sua mamma, non aveva mai visto una persona avere degli occhi così grandi. Ogni volta che guardava quelli di Minho si sorprendeva sempre, a momenti erano più enormi dei suoi. La mano di Minho si muoveva piano sulla schiena di Jisung, quest'ultimo lasciò la mano della mamma e in questo modo si poté girare completamente verso la direzione del moro. Non sapeva che dire, in quel momento tanto fragile le parole ad alta voce avrebbero rovinato tutto; con tutte le forze che gli erano rimaste, Jisung circondò con le sue esili braccia il busto di Minho. L'unico gesto che gli venne in mente di fare, abbracciarlo. L'unica persona che riusciva a dargli forza con un abbraccio, oltre la mamma, era Minho. Jisung trovò la conferma proprio in quel momento. Tutto sembrava magicamente aggiustarsi, quel freddo che gli si era insinuato come una scheggia di ghiaccio nel petto aveva trovato finalmente un po' di calore. Minho ricambiava, altrettanto forte. «Non sono pronto a lasciarla» Jisung sussurrò quelle parole all'orecchio di Minho mentre la sua testa era appoggiata sulla spalla del moro, Minho non disse nulla se non continuare ad abbracciarlo; se l'avesse lasciato, sarebbe caduto per terra per poi rompersi in mille pezzi come un pezzo di vetro. In quel momento Jisung era trasparente e fragile proprio come un pezzo di vetro; tutte le sue vere emozioni erano così visibili che Minho si sentiva quasi in colpa ad osservarle. «Se sto mostrando le mie vere emozioni è perché mi fido di te» Jisung ora aveva il viso di fronte a quello di Minho, aveva voluto sussurrargli quelle parole guardandolo con sincerità negli occhi. Jisung aveva oramai capito che ad entrambi era mancata la sincerità da parte delle persone; nascondere i propri sentimenti, per l'arancione, non aveva più senso dato che Minho era diventato importante per lui. Voleva farglielo capire al più presto possibile, prima che fosse troppo tardi. Non voleva più giocare con il tempo. «Ti amo, Minho» disse ciò sinceramente, trasparente ancora una volta come il vetro.
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minsung; retry
Fanfiction민성 Minho odiava il colore bianco, Jisung spazzò via quella sua convinzione.