Finalmente a casa.
Metto i vestiti sporchi di succo al melograno a lavare sperando che le macchie non rimangano.
Entro nella doccia e libero la mia mente sotto l'acqua calda, cercando di lavare via anche lo stress della giornata.***
Dopo la doccia e dopo essermi vestita e asciugata i capelli, con tutta la lentezza scendo le scale per andare in cucina.
Mi invade un profumino, e solo in questo istante sento la fame.-Polpettina giusto in tempo per aiutarmi ad apparecchiare- dice papà.
Inizio a mettere i piatti sul tavolo, poi noto il volto di papà inespressivo e stranamente silenzioso.
-Papà c'è qualcosa che non va?- chiedo versando dell'acqua nei bicchieri.
Papà si avvicina e mette al centro il riso e il pollo, gli faccio segno di sedersi -faccio io- dico finendo di mettere a tavola ciò che manca.
-Credo che devo cercarmi un lavoro in più- dice cercando di non guardarmi in volto, riesco a sentire quello che prova.
Poggio la mia mano sulla sua, mi sento una stupida, papà sta facendo tutto questo per me, prima di venire qui non andava molto bene, lui sperava di trovare di meglio qui e invece, qualcosa non va per il verso giusto nemmeno qui.
-Papà sono sicura che andrà tutto bene, posso fare qualcosa per aiutarti? Non so, qualche volantino?-
-No polpettina, non serve- mi sorride e mi stringe la mano -che mi dici invece del tuo primo giorno a scuola?-
Guardo i suoi occhi scuri pieni di tristezza, capisco che non vuole parlarne e vuole tenermi lontana dai suoi problemi, ma farò in modo di aiutarlo me lo riprometto.
-Molto bene- gli faccio uno di quei sorrisi che so fare solo io.
Mi alzo e lo abbraccio -papà sono entrata nella squadra femminile- gli dico stringendolo forte a me e soffocando le parole nell'incavo del suo collo.
-Polpettina sono contento per te- si alza, e ancora abbracciati mi tira su, roteando in cucina.
-Vedrai anche qui ti troverai bene come nella tua vecchia scuola- continua papà rassicurandomi, rimettendomi giù e accarezzandomi i capelli.
***
Mio padre mi è stato affianco da sempre, soprattutto dopo la morte di mia madre, quando avevo ancora solo cinque anni.
È sempre stato un papà fantastico ed è anche riuscito a fare da mamma, con un po' di difficoltà all'inizio ma ci è riuscito.
Forse la mancanza della mamma ha inciso molto nella mia vita.
Mi chiedo sempre come sarebbe se lei ci fosse, se fosse ancora viva, forse molte cose in me sarebbero diverse, forse non giocherei a calcio, non guarderei le partite con papà oppure non aiuterei papà a montare o smontare pezzi di auto o moto.
Ma questo non potrò mai saperlo.
Non potrò mai sapere come sarebbe stato, forse se ci fosse stata mi avrebbe insegnato a truccarmi o vestirmi più femminile.
Forse sarei come tante altre mie coetanee a cui piace fare shopping e comprare vestitini, gonne e maglie scollate, mi chiedo sempre se questa sarebbe la normalità, ma poi mi dico che conosco tante ragazze che sono simili a me anche se cresciute da entrambi i genitori.
Non sarò come le solite ragazze a cui piace il trucco e la moda, ma sono cresciuta con un uomo, un uomo fantastico che mi ha insegnato molto e che ancora oggi mi insegna.
Più di una volta ho chiesto a mio padre di raccontarmi di mamma, come era o cosa le piaceva fare ma credo che per lui sia difficile.
I ricordi che ho di lei sono sfocati ricordo poco e niente, le uniche cose che ho di lei sono la collana che ho al collo, un ciondolo porta foto, con all'interno la foto di mamma che mi tiene in braccio e papà che ci abbraccia entrambe.***
Mi avvicino alla foto di mamma che ho sul comodino -mamma... papà non sta molto bene lo sento, fa sempre in modo di tenermi alla larga dai problemi economici- mi sdraio sul letto e mi porto al petto la foto.
-Ma devo fare qualcosa, ormai sono cresciuta non sono più una bambina, devo trovare una soluzione o almeno provare ad aiutarlo in qualche modo-.
***
La sveglia suona.
-Voglio dormire ancora un pochino- dico alla sveglia, rigirandomi dall'altra parte.
-Lena sveglia!- dice papà -Sei molto in ritardo- scuotendomi.
Apro un occhio -come?- dico.
Papà mi prende dalle mani la foto di mamma che molto probabilmente questa notte mi sono dimenticata di rimettere apposto, la guarda per un istante per poi metterla al suo solito posto.
Guardo la foto sul comodino poi sposto lo sguardo sulla sveglia.-Papà! Mancano dieci minuti all'inizio della lezione!-
Mi alzo e in meno di cinque minuti sono pronta e seduta in macchina affianco a mio padre.
Papà mi porge un sacchetto, molto probabilmente con all'interno la merenda.
Arrivata davanti al cancello di scuola, saluto mio padre e inizio a correre. Guardo l'orologio grande appeso sopra al portone, la campanella è suonata cinque minuti fa.
I corridoi sono vuoti, corro in direzione dell'aula di biologia, sento lo zaino rimbalzare sulla mia schiena.
La porta è socchiusa la apro e senza fermarmi cerco di entrare rapidamente, ma sono subito con il sedere a terra, mi rialzo guardando con chi sono andata a sbattere, un ragazzo.-Bene un altra ritardataria!- dice la professoressa bassa, tirandosi su gli occhiali sul naso e avvicinandosi a me.
-Stuart, non credere che per lei le regole non valgono come per tutti gli altri!-
Mi guardo attorno imbarazzata, vedo Jexa trattenere le risate con le sue amiche, poi guardo più a destra infondo, stranamente Cedric questa volta non ride.
-Ieri sono stata chiara con tutti- dice l'insegnante agitando un dito in aria, verso di me e il ragazzo alto affianco a me.
Poi mi accorgo di Kayla e Maya, agitano il dito in aria imitando la professoressa, senza farlo apposta mi faccio scappare un risolino che la professoressa non evita di notare.
-Le sembra il caso Stuart! Di ridermi in faccia!- Dice sputacchiando.
Ma affianco a me il ragazzo di cui non ho ancora visto il volto e di cui non so ancora il nome , ride, una risata contagiosa.
-Bene fuori dall'aula!- Urla indicando la porta.
-E questo pomeriggio ci incontriamo nell'aula 145!- urla nuovamente.
-No! Questo pomeriggio non posso ho gli allenamenti- dice il ragazzo.
-Merrison! Fuori!- urla nuovamente l'insegnante diventando quasi bordeaux.
Il ragazzo alto, si mette a braccia incrociate e schiena al muro.
Ci guardiamo per qualche minuto in silenzio, un silenzio imbarazzante.
È un bel ragazzo, abbasso lo sguardo per evitare i suoi occhi e noto un borsone a terra con lo stemma e i colori della scuola.-Sei tu allora la ragazza nuova, Lena...- dice il ragazzo.
Alzo lo sguardo tornando a guardare il ragazzo moro, questa volta mi sorride.
Timidamente ricambio il sorriso e affermo quello che dice con un movimento del capo.-Sei stata forte ieri ai provini- dice iniziando ad avvicinarsi -non mi sono ancora presentato, io sono Trevor... Merrison Trevor- dice porgendomi la mano.
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Hai segnato nel mio cuore!
RomanceLena Stuart un adolescente, a cui è morta la madre quando aveva ancora cinque anni, cresciuta dal padre. Si trasferiscono in città. Lena lascia alle spalle la sua semplice vita di paese, la sua scuola e la sua squadra di calcio. La sua vita cambia...