Parte 29

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L'auto di Cedric finalmente si ferma. Mi guardo in torno, questo posto è deserto poco illuminato. Cedric scende mentre io cerco ancora di capire dove mi abbia portata, fa il giro dell'auto e mi apre la portiera e io un po' titubante scendo.

-È uno dei miei posti preferiti- dice quando nota la mia espressione interrogativa -volevo parlarti e mi è venuto in mente questo posto, ci vengo quando ho bisogno di stare solo o di pensare.-

Poi prende una torcia dal portabagagli e mi fa segno di seguirlo. Dove mi sta portando? Cos'è questo posto? La mia mente frulla alla ricerca di una valida spiegazione, che insolito posto è questo dove mi ha portata. Ma qualcosa attira la mia attenzione, mi dimentico di tutto non appena sento in lontananza il rumore del mare, il rumore dell'acqua. L'acqua e il buio, no.

-Cedric...- dico incespicando nei miei passi, inciampando e riprendendo subito l'equilibrio.

Lui si ferma, forse riesce a notare la mia preoccupazione. Mi prende per mano, l'ansia che provavo prima si attenua al suo solo tocco.

Dopo circa cinque minuti ci ritroviamo davanti ad un vecchio faro abbandonato, inutilizzato, la porta del faro è serrata con dei catenacci. Dei lampioni illuminano tutt'intorno, una ringhiera divide noi e il faro dall'acqua che s'infrange sulla scogliera. L'acqua nera mi fa rabbrividire e istintivamente mi stringo al braccio di Cedric.

-Vieni andiamo a sederci su quella panchina- dice allontanandomi il più possibile dal mare.

Ci sediamo sulla panchina di legno davanti al faro, che scricchiola sotto al nostro peso. Mi stacco da Cedric cercando di contenere le mie paure e le mie ansie. Evito di guardare l'acqua nera e cerco di concentrarmi su altri rumori oltre a quello del mare, anche se è quasi impossibile.

-Tutto bene?- Chiede Cedric.

-Si tutto bene... perché mi hai portato qui?- Chiedo con una voce che risuona strozzata, e lo guardo leggermente infreddolita.

-Volevo... io ho sempre trovato difficile chiedere scusa alle persone, ma so di aver sbagliato molto con te...- tentenna, strofinando le mani sui pantaloni -...mi dispiace di averti chiamata "stupida ragazzina", non era mia intenzione offenderti. Non volevo, scusa.-

-Cedric, mi hai portata fino a qui...- rabbrividisco un'altra volta alla vista dell'acqua che schizza dalla parte opposta della ringhiera -...per dirmi che ti dispiace avermi chiamata "stupida ragazzina"- dico stringendo le mie braccia al petto infreddolita.

Cedric si toglie la felpa e me la mette sulle spalle, se fosse stata un'altra situazione l'avrei rifiutata ma non in questo caso. La felpa di Cedric mi avvolge calda, profumata di lui. Il suo dolce profumo mi annebbia la mente calmando le mie paure e la mia ansia.

-Ti ho portato qui per chiederti scusa, so che è difficile perdonare uno come me...- mi dice guardando dritto difronte a sé verso il mare.

Cedric si sta sforzando moltissimo, cercando le parole giuste. Non l'ho mai visto così, è un'altra persona questa che mi parla?
Senza farmi vedere mi do un pizzicotto sul braccio. Sto sognando? O quello che ho sentito è tutta realtà?

-Mi dispiace per tutto... le cose sono degenerate dopo l'accaduto della piscina- dice lui mentre io mi irrigidisco sul mio posto, pensando a Jexa quando mi ha spinta dentro alla piscina.
-E tutto diventato così strano tra me e te, e posso capire se non mi perdonerai.-

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