capitolo 6

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Sentii la macchina fermarsi, non era capovolta ed io ero ancora sul sedile passeggero, lo percepivo chiaramente sotto di me. Avevo ancora le mani davanti agli occhi, rigorosamente chiusi, avevo paura di aprirli e scoprire in quali condizioni ero, se avevo ancora tutti gli arti attaccati al corpo, magari la mente agiva solamente se vedeva il dolore e le ferite. Non sentivo suoni d'ambulanza o voci di persone che venivano a soccorrerci. Intorno a me Sentivo solo uccellini che cinguettavano felici e lo scrosciare dell'acqua. Forse ero in paradiso. Sentii la voce di Julian affianco a me calma e tranquilla.

< Puoi guardare ora, non c'è nulla di spaventoso. >

Abbassai le mani e aprii gli occhi cauta. Non appena misi a fuoco ciò che avevo davanti rimasi senza fiato. Un enorme castello di mattoni di marmo, bianco e lucente, padroneggiava davanti a me. Le imponenti mura, da quella prospettiva, raggiungevano il cielo. Le torri erano enormi, ero sicura che sopra di esse la visuale panoramica del mondo circostante fosse eccezionale. Numerose finestre abbellivano l'intera facciata del palazzo. Probabilmente per far entrare più luce possibile, per renderlo maggiormente accogliente.

La macchina era parcheggiata affianco a un'enorme fontana di 30 metri di circonferenza circa, anch'essa fatta interamente in marmo bianco. Era costituita da tre enormi e scintillanti ripiani dal più grande al più piccolo. Dai due angeli, posti ai due lati della fontana, quasi l'uno di fronte all'altro, fuoriusciva dalla bocca uno zampillo d'acqua. Al centro, sopra l'ultimo ripiano della fonte, era raffigurata una fata a occhi chiusi, ali aperte, le braccia spalancate e dai palmi delle mani fuoriuscivano degli zampilli. Con mio stupore l'acqua cambiava colore assumendo tonalità neutre e leggere.

La fontana era al centro di quella che dedussi fosse una piazza, con il pavimento interamente piastrellato con pianelle bianche e lucide. Le quali disegnavano un perfetto cerchio ampio e spazioso. Ai margini di quella composizione architettonica degli enormi alberi verdi e rigogliosi, pieni di uccellini e scoiattoli, circondavano interamente il giardino. Solo in due punti gli alberi non erano presenti, i margini di due viali erano costeggiati da dei semplici cespugli perfettamente potati per assumere delle forme cubiche. Semplici ed eleganti.

Uno dei viali conduceva a un imponente cancello dorato aperto, che mostrava una cittadina posta al di fuori delle mura del castello. Le quali erano rigorosamente di marmo, bianco e luminoso, che circondavano l'intero imponente edificio. Almeno lo dedussi, perché il giardino era molto spazioso quindi non vedevo la fine delle mura.

Dalla parte opposta c'era un altro viale che portava all'ingresso del castello. Un pergolato di marmo, sostenuto da delle colonne bianche, proteggeva l'enorme portone di accesso. Scesi dalla macchina lentamente. Ero senza parole. Ammiravo ogni singolo dettaglio con occhi sgranati. Quel luogo era straordinario. Julian era felice della mia reazione perché portava il suo classico sorriso arrogante e compiaciuto.

< Bello eh?>

Chiese, nonostante sapesse già la risposta. Io annui ancora senza parole. Mi guardai attorno più e più volte, il vento mi accarezzava delicatamente il viso, l'aria che ci circondava era pura e carica di una strana energia piacevole, gli uccellini sugli alberi cantavano felici volando da un ramo all'altro osservando tutto ciò che li circondava. Dopo qualche secondo di autentico smarrimento, riuscii finalmente a parlare, con tono visibilmente sorpreso.

< Dove siamo? Che posto è questo?>

< Leggilo tu stessa>

Disse con calma indicandomi un leggio che stranamente non avevo notato, posto di fronte alla fontana. Era fatto di marmo bianco e al contato con il sole brillava. Mi avvicinai cauta. C'era un'iscrizione, incisa sopra di essa. La calligrafia sembrava quasi fatta a mano libera. Era bellissima ed elegante. La sfiorai con le punta delle dita, poi iniziai a leggere:

Le cronache di Atlantide: le originiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora