capitolo 12

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Le feste di Jeff Parker erano conosciute da tutti. Ogni anno ne organizzava una decina. I suoi genitori erano ricchi imprenditori sempre in giro per il mondo,era perennemente solo in quella immensa casa,senza contare la domestica e si diceva che ogni volta c'erano fiumi di alcool,musica a tutto volume e anche erba. Io non avevo partecipato a nessun avvenimento della mia scuola,perché i miei genitori erano molto apprensivi. Quella volta però non riuscì a sopportare un loro rifiuto,quindi quando alla mia richiesta di poter andare ottenni come risposta un secco "No",decisi che  a qualunque costo io avrei partecipato a quella festa. Le mie migliori amiche e persino il mio ragazzo sarebbero andati.
Mi sentivo la solita sfigata. Così con Lea avevamo progettato di dire che sarei andata a dormire da lei. La sua famiglia e la mia erano amiche da molto tempo e non era la prima volta che stavo da lei la notte quindi loro acconsentirono senza fare tante storie. Una volta  a casa della mia amica,ci cambiammo e andammo alla festa.  Arrivate nel giardino c'erano tanti ragazzi,alcuni ballavano,altri bevevano e c'era anche chi vomitava. Mi sentivo elettrizzata non solo perché per la prima volta avevo disobbedito ai miei genitori,ma soprattutto perché ero ad una vera festa .
Entrammo in un immenso salone gremito di gente che urlava e si dimenava,con lo sguardo cercavo Elia,ma fu lui a trovare me. Due mani mi strinsero la vita e una voce familiare mi sussurò all'orecchio"buonasera amore mio,sei uno schianto".
Mano nella mano andammo in cucina dove l'isola era completamente piena di bottiglie di alcool,ce n'era di ogni tipo e la maggior parte erano già state svuotate. Un gruppetto di ragazze alla mia destra ridevano come pazze e a stento si reggevano in piedi. Avrei bevuto un solo drink e nient'altro,mi sentivo già male ad aver tradito la fiducia dei miei,non volevo peggiorare la situazione. Ci buttammo in pista,ballammo e cantammo finché  stanche e assetate ci dirigemmo in cucina,arrivate nel corridoio Lea mi indicò con gli occhi sgranati l'entrata della sala,quando mi girai vidi i miei genitori che si guardavano intorno in cerca di qualcuno.
In cerca della loro figlia disobbediente.
In quel momento sentì come il rumore di vetri infranti.
Con le gambe tremanti e l'aria colpevole mi avvicinai a loro. Appena mi videro il loro sguardo era un misto di rabbia,ma anche di sollievo per avermi trovata. Sapevo che non era stata una buona idea venire e in quel momento  fui assolutamente certa che niente e nessuno mi avrebbe salvato dalle paternali di mio padre.

Strana la vita adesso pagherei per poterle risentire.

Mio padre mi disse: "Ne parliamo a casa!"  A quanto pare non volevano fare scenate e di questo gliene fui grata. Erano andati da Lea per portarmi lo zaino con dentro pigiama,spazzolino e intimo che io ,da quale idiota ero, avevo dimenticato. Arrivati a casa della mia amica i suoi genitori li informarono che eravamo ad una festa e che pensavano che loro ne fossero al corrente.

In macchina nessuno diceva una parola ed io non riuscivo più a sopportare quel silenzio che mi faceva sentire ogni attimo più colpevole.
<Mamma papà mi dispiace so che mi avevate detto di non venire,ma tutta la scuola sarebbe andata e persino Lea ed Elia. Non volevo essere l'unica a perdersela. Non volevo disobbedirvi ,ma non mi andava neanche di essere ettichettata come "sfigata". Non ho bevuto,ne ho fatto altro che potesse deludervi,beh oltre essere venuta qui di nascosto. Scusatemi.>
La mamma si girò e con occhi dolci mi disse.<Tesoro sappiamo che sei una ragazza matura e a volte dimentichiamo che anche tu hai da fare le tue esperienze. Non ci divertiamo a negarti di andare alle feste è solo che abbiamo paura possa succederti qualcosa. Ti vogliamo bene amore.>
<Ti vogliamo un bene dell'anima>aggiunse mio padre.
Stavo per rispondergli quando due grandi luci vennero nella nostra direzione,diventavano sempre più accecanti poi sentì un boato e infine il buio.

Quando mi svegliai non ero più in macchina, le pareti intorno a me erano bianche e sentivo uno strano suono,come di un cuore che batte lentamente,poi realizzai che quel cuore era il mio e che ero in una stanza di ospedale. La nonna era seduta al mio fianco,dormiva su una sedia che doveva essere scomodissima. Aveva l'aria di una che non riposava da giorni,il suo viso era stanco ed erano spuntate molte rughe che prima non aveva.
Cercai di sfiorarla con la mano,ma non ci riuscì.  Provai a parlare ,volevo farle sapere che ero sveglia,ma il mio corpo non rispondeva era come se non avessi un briciolo di energia. Più cercavo di parlare e più la gola bruciava,finchè non uscì una specie di rantolo che la fece sobbalzare.
<Aiko tesoro mio sei sveglia finalmente!>Iniziò a piangere e a stringermi forte.
Arrivarono i medici che mi visitarono,mi tolsero il tubo che avevo in bocca e dissero che mi sarei ripresa presto. Sentivo un forte dolore alla testa e ricordavo a tratti i giorni precedenti al mio ricovero. Non sapevo cosa fosse successo né perché ero lì. Passai le successive sedici ore a dormire,i medici dissero che era normale e che piano piano avrei recuperato  le forze. Il giorno seguente nella mia stanza c'era sempre e solo la nonna.
Non avevamo una famiglia numerosa, anzi eravamo solo io,la mamma,il papà e la nonna. Poiché i miei genitori erano figli unici e i nonni materni non li avevo mai incontrati. A quanto pare l'amore tra i miei non era ben visto da loro.
La mamma era la ragazza più "in" della scuola:ricca,bella e intelligente. Mio padre,invece,veniva da una famiglia di umili origini e gli piacevano le feste e le ragazze,la nonna mi ha detto che gliene ha fatte passare di cotte e di crude. Si ritrovarono a seguire un corso insieme e il destino volle che si sedettero vicino. L'inizio non fu dei migliori,infatti si odiavano poiché erano i due opposti e litigavano continuamente. Costretti a passare del tempo insieme,però, impararono a conoscersi e a volersi bene. Mio padre le faceva continui regali,le dedicava canzoni e le scriveva lettere. Erano felici insieme e ben presto si ritrovarono a fantasticare sulla loro vita futura. I loro bei sogni però si trovarono a cozzare con il disaccordo da parte della mia nonna materna. A detta della mamma lei era una donna austera e troppo legata ai soldi,che non le aveva mai dimostrato affetto e che voleva decidere della sua vita. Diceva che fosse ferma al medioevo e alle usanze di allora.Non voleva in alcun modo che il buon nome della sua famiglia venisse affiancato a quello di una famiglia di squattrinati. Ovviamente le sue idee antiquate e ortodosse non poterono nulla contro l'amore che legava i due ragazzi. I miei genitori quindi per poter stare insieme andarono contro i miei nonni materni e da allora non si incontrarono più.
Non mi meravigliava,infatti, che nessuno venisse a trovarmi,ma non riuscivo a capire dove potessero essere i miei. Ero in ospedale e stavo male e loro? Dove erano? Quando finalmente riuscì a pronunciare qualche parola se pur con fatica,lo chiesi alla nonna che diventò improvvisamente pallida.
Si guardava intorno come in cerca di un aiuto,ma eravamo solo io e lei così fece un lungo sospiro e prese le mie mani fra le sue.
<Aiko devo dirti una cosa,ma tu devi promettermi che starai calma.>Annuì per farla proseguire inconsapevole di ciò che mi avrebbe confessato<Tu,la mamma e il papà avete avuto un incidente d'auto, sei stata in coma per sedici giorni bambina mia. La mamma e il papà....non ...ce l'hanno fatta.>L'ultima frase la disse tra i singhiozzi.
Non riuscì a metabolizzare subito la notizia,pensavo che la nonna mi stesse facendo un brutto scherzo,non ricordavo alcun incidente. Niente di niente. Cercavo di sforzarmi ma nulla, riuscivo ad ottenere solo un dolore sordo alla testa. Dopo qualche minuto iniziarono a riaffiorare i ricordi di quella sera. I miei genitori che mi vennero a prendere alla festa,i loro sorrisi e due grandi fari. Quando capì quello che era successo ,qualcosa si ruppe dentro di me. Non mangiai e non parlai per giorni. Pensavo e ripensavo alle ultime cose che ci eravamo detti. A quel "ti voglio bene" al quale non avevo avuto il tempo di rispondere "anche io" . Pensavo alla mia stupidità e al mio egoismo,un mix fatale . Pensavo alla festa,a quella stupida festa e alla mia insensata ossessione di doverci andare. Al mio bisogno di essere come gli altri,di sentirmi come la massa,di essere lì con i miei amici,gli stessi che non si fecero vedere neanche una volta. Persino Elia che io reputavo il mio primo e grande amore non venne a trovarmi,ne si fece sentire con un semplice e banale messaggio. Tutti mi avevano cancellato dalla loro vita,forse perché pensavano ,come me, che fossi l'assassina dei miei genitori. La nonna ,la mia fantastica nonna era sempre al mio fianco,mi parlava di tutto dei fiori,del tempo,anche del più stipido argomento,forse pensava che così la mia mente si sarebbe distratta.

Non so quanti giorno passarano,mi sentivo sempre peggio,mi stavo lasciando andare. Quella mattina la nonna tornò dal bagno e mi prese il viso tra le sue mani. Era invecchiata,in pochi giorni il suo viso era cambiato.
<Aiko adesso basta. Ho perso mio figlio e mia nuora non voglio perdere anche la mia adorata nipote. I tuoi genitori sono sempre state persone piene di vita e soprattutto innamorate di te. Vuoi fare loro questo? Vuoi lasciarti morire? Sai quanto ne soffrirebbero? Ti prego riprenditi per me e per loro.>
Le sue parole mi piombarono addosso come macigni,io li avevo uccisi,e adesso li stavo facendo soffrire di nuovo. Aveva ragione,i miei genitori erano le persone più felici che conoscessi,persino quando si trovavano ad affrontare qualche problema lo facevano senza buttarsi giù. La mamma mi ripeteva sempre dopo dei compiti andati male o le litigate con le mie amiche "aiko sorridi sempre,anche davanti ad un'ostacolo,una ripida salita,una brutta caduta,tu affronta tutto con il sorriso,perché è il dono più prezioso che tu possa farci ."
Guardai la nonna e proprio come aveva detto la mamma sorrisi.
Dovevo riprendermi.
Dovevo essere forte.

Dopo oltre quattro settimane passate in ospedale arrivò il momento di tornare nel mondo esterno. Chiesi alla nonna di non restare nel mio paesino,non sarei mai stata in grado di affrontare le facce di chi ci conosceva. Ogni strada,ogni angolo,ogni negozio mi avrebbe ricordato di loro.
Ci trasferimmo in questa casetta e   la nonna diventò la mia famiglia. All'inizio non fu semplice. Avevo paura persino a dormire perché ogni notte rivivevo il momento dell'incidente. Mi feci seguire da uno psicologo e pian piano gli incubi diminuirono,fino a prensentarsi solo qualche notte all'anno. Ricominciai a mangiare e ben presto fui di nuovo in forma. Seguì la scuola diligentemente perché volevo che loro da lassù fossero orgogliosi di me. Finite le superiori iniziai a lavorare,anche se la nonna cercava di nasconderlo io sapevo che avevamo problemi economici,così conobbi Rosy.
Ricordo ancora le discussioni in casa<Aiko penserò io a te,non devi lavorare,studia fa quello che sogni,non mollare tutto per me. Ce la siamo cavata fino ad ora e continueremo a farlo.>
<Nonna il mio unico desiderio è che tu sia felice,non ho alcun sogno nel cassetto,né meta lontana che voglio raggiungere. Andare a lavorare non è un sacrificio per me,anzi mi aiuterà a sentirmi realizzata.>
La sera in cui avrei dovuto iniziare a lavorare finalmente si arrese e con un bacio mi augurò buona fortuna.

Non si può certo dire che la vita sia stata clemente con me,ma ho imparato ad apprezzare ogni sfaccettatura di essa.

Immersa nell'acqua bollente che profuma di vaniglia mi tornano in mente le parole dette da Adam
"La vita non è sempre quella che speriamo sia e non possiamo far niente per cambiare gli eventi ."
Voglio pensare che tutto ciò  sia vero;che sia il destino a scegliere per noi e non le sciocche decisioni di una sciocca ragazzina. Certo è ingiusto, ma per chi come me ha perso tutto,o quasi è un' ancora a cui aggrapparsi e reggersi per non cadere giù. Siamo  solo esseri insignificanti manovrati da qualcosa di sconosciuto,di più grande di noi. Da qualcosa che può stravolgerti la vita in un attimo,che può toglierti le persone più importanti.
Voglio sforzarmi di sorridere per loro.
Voglio vivere per loro.
Voglio che siano orgogliosi di me.
Voglio continuare a pensare che siano qui da qualche parte a vegliare sulla loro disobbediente figlia.

Imprescindibile Come L'amoreDove le storie prendono vita. Scoprilo ora