PROLOGO

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Sacramento, California.
In un piccolo appartamento situato nella periferia della città, tre uomini stavano progettando la loro personale vendetta.
«Ecco qua» Caleb, un ragazzo bellissimo, biondo, occhi verdi e il corpo ricoperto da tatuaggi, gettò dei fogli sul tavolo dove erano seduti due suoi coetanei «questi sono tutti gli spostamenti che quella ragazza fa! Due settimane di spostamenti» si gettò sul divano e si accese una sigaretta.
Joseph, un ragazzo poco più grande, castano e dagli occhi azzurri, afferrò una foto della ragazza, ammirandone la bellezza. «Sappiamo se è single?» si rivolse a Caleb, sogghignando.
«Sei sempre il solito depravato, amico» Erik, l'ultimo dei tre, più giovane e dagli occhi azzurro cielo, lanciò un bottiglietta di plastica contro il suo collega, ridendo di gusto «questo visino d'angelo sarà tutta casa e chiesa» susseguì, dopo avergli sfilato dalla mano quella fotografia.
Caleb si alzò e mostrò una mappa. «Sono pochi gli spostamenti che fa. Quando esce dalle mura del college, è solo per tornare a casa e andare al bar lì vicino» spense la sigaretta davanti a Joseph «non ci serve per scoparla».
«Ah no?! Il padre ci fotte e noi non possiamo fottere la sua bambina?» ribatté, riprendendo a sorseggiare la sua birra.
Caleb sogghignò. «Sai quanto può valere quel gioiellino intatto? Non puoi di certo utilizzarla difettosa» gli tolse la birra di mano e la bevve tutta d'un sorso.
«Ehi, era l'ultima rimasta» brontolò, scuotendo la testa.
«Cosa pensi di fare con lei?» prese parola Erik, osservando altri scatti.
«La prenderemo quando esce dal college. Ci sono dei punti morti...qui» gli indicò l'incrocio di due strade «e qui» indicò un vicolo «poco traffico e nessuna telecamera di sorveglianza. La porteremo nel tuo casolare abbandonato» disse a Erik.
«Hai studiato tutto alla perfezione vedo!» rise «per il furgone ci devi pensare tu, Joseph».
«Tranquilli è già tutto pronto. Manca solo questa bella bimba tra le nostre braccia» prese un'altra foto e accarezzò con l'indice il viso della ragazza.
Caleb gli sfilò la foto di mano e gliela sventolò davanti agli occhi. «Sai quante ne potrai avere di queste con tutti i soldi che ci faremo dare da quel verme?» si gettò nuovamente sul divano e annusò la foto «sento già il loro profumo».
«Sei un fottuto genio, amico» esclamò Erik «il caro papino dovrà versare più di quanto ci ha tolto».
«Sappiate che non sarà affatto facile rinunciare a questo bel corpicino» fece spallucce Joseph, poco rassegnato.
«Accontentati delle sue foto» ribattè Caleb, osservando attentamente la figura impressa nella foto. Una ragazza minuta, bionda e con gli occhi castano chiaro. Una ragazza fiera di sé e del suo denaro «una come questa non noterebbe mai noi» gettò per terra la foto.
Joseph fece una smorfia di dissenso. «Le solite puttanelle dalla puzza sotto al naso, che mettono su famiglia con uomini ricchi, sputandoci in faccia se solo proviamo ad avvicinarci a loro. Povera piccola, adesso dovrà portarci rispetto invece. Lo stesso rispetto che il papino ci ha negato per mesi» accartocciò tra le mani una foto lanciandola nel cestino di fronte a sé.
«Tieni a bada la rabbia Jo! Ci servi lucido domani. Avrai tempo per incazzarti, lo avremo tutti» esclamò Erik, raccogliendo la foto appena gettata «come facciamo ad essere sicuri che questo piano funzionerà? Ci stiamo praticamente giocando tutto con questo sequestro» si rivolse a Caleb.
Lo guardò. «Perché al caro papino sta molto a cuore l'incolumità di sua figlia!» sogghignò «fidatevi, sarà disposto a tutto pur di riavere il suo gioiellino a casa. Ecco perché non bisogna torcerle nemmeno un capello» si rivolse a Joseph «in mattinata andremo al tuo casolare. Voglio studiarlo» spiegò ad Erik.
«Per una fanciulla tanto graziosa, ho da offrirle solo il meglio. Il mio casolare le piacerà molto» scoppiò a ridere.
«Soprattutto la cucina gourmet che le faremo assaggiare» susseguì Joseph, ridendo di gusto.
«Spero che hai messo del caviale nel frigorifero»Caleb si mise comodo e chiuse gli occhi «bene! Adesso potete anche andarvene. Ci vediamo domani».

Circa tre settimane prima.
«Mr Morgan, le ho portato i vari documenti» esclama Kate, entrando nell'ufficio del suo capo.
«Puoi posarli lì!» risponde lui, con aria disinteressata.
«Ho preparato anche i fascicoli riguardanti il licenziamento degli ottanta operai, signore» sussegue lei, sospirando.
«Bene, tra poco mi occuperò personalmente di loro. Prima chiudiamo questa faccenda, meglio sarà per tutti».
Lei lo ascolta, sistemando i documenti in modo meticoloso sulla scrivania. «M-Mr Morgan... Mi permetta di rammentarle che queste persone tra due settimane saranno senza un lavoro. Non potremmo reiserirli in altre sedi, in modo tale da non lasciarli allo sbaraglio? Non sono nemmeno stati messi a conoscenza della sua vendita...» prosegue, provando a farlo ragionare.
«Kate...» esclama lui, distogliendo lo sguardo dal suo pc «lavori al mio fianco da cinque anni ormai. Ti ho sempre ritenuta sveglia e intelligente... Hai sempre dato il massimo nel tuo lavoro e hai sempre usato la testa. Voglio farti presente, però, che questa mia opinione su di te non deve in alcun modo autorizzarti a esprimere opinioni che non hanno alcun nesso con il tuo ruolo» ribatte, mantenendo un tono di voce pacato ma pungente «ho scelto te, perché sei stata l'unica che non ha mai fatto domande né dato pareri frivoli. Sono sicuro che continueremo a lavorare bene insieme, se non inizierai ad essere ciò che non voglio tu sia» le indica l'uscita «ora, gentilmente, va' da loro e comunica quanto sai già. Io arriverò da voi a breve!» termina, con fare indifferente.
La ragazza si limita ad annuire ed esce dalla stanza, senza aggiungere altro.
Nel frattempo in azienda, una fabbrica del settore metalmeccanico, è l'ora della pausa pranzo.
«Ehi, Erik, dovresti prestarmi tua madre» esclama Caleb, sedendosi accanto a lui «ti vizia fin troppo» gli ruba una polpetta dal suo contenitore del pranzo.
«E non rompere, amico! Con questo cibo devo arrivarci fino a mezzanotte. Ho un affare da sbrigare stasera e non tornerò a casa prima di quell'ora» borbotta il ragazzo, togliendogli a sua volta una patatina «non capisco come cazzo fai a ingurgitare sto schifo. Le patate sembrano di cartone» fa una smorfia schifata.
Scoppia in una grassa risata. «Non sai cosa ti perdi! Dovresti venire una volta con me, ci sono delle gran belle cameriere» fa l'occhiolino.
«Tu ci vai solo per le belle pollastrelle» scuote la testa divertito «piuttosto, per quanto riguarda i soldi che ci deve quel tizio della sala giochi, Joseph ha scoperto che quasi tutte le sere sperpera denaro al night club. È tempo che ci restituisca ciò che ci deve. E lo faremo a modo nostro».
Sbuffa. «Crede di prenderci in giro! Ma lui solo quello può fare, pagare una donna pur di averla».
«Scusate l'interruzione!» esclama Kate, interrompendo la pausa pranzo.
«Oh ecco qui il nostro bel bocconcino» dice Joseph, avvicinandosi a Caleb ed Erik «prima o poi le farò fare un giro sulle mie gambe» sogghigna, infilandosi in bocca il suo hot dog.
«So che state pranzando ma... Ho una comunicazione urgente!» la ragazza deglutisce più volte, sentendo il cuore battere forte.
«Cosa cazzo sta succedendo? Quella sua espressione ha sempre portato guai» mormora Erik, aggrottando la fronte.
«Nelle scorse settimane, noi dell'ufficio risorse umane ci siamo resi conto di alcuni problemi legati a questa azienda» si ferma per alcuni secondi, faticando a continuare il suo discorso «da troppo tempo, ormai, non riusciamo a far quadrare i conti e, per tali ragioni, siamo stati costretti più volte a fare dei tagli... Alcuni di voi, come vi sarete accorti, spesso non hanno ricevuto un compenso adeguato. Altri hanno ricevuto il loro stipendio in ritardo e altri non hanno potuto usufruire di permessi premio o riposi settimanali» si tocca la fronte, facendo un grande respiro «è con infinito rammarico che vi comunico la definitiva chiusura di questa azienda».
A quelle parole, tutti i dipendenti restano pietrificati. Erik spalanca gli occhi e, dopo aver compreso quanto appena detto dall'assistente, getta a terra il suo pranzo, urlando rabbioso.
«Ma che cazzo vuol dire che state chiudendo?! Ci state forse licenziando?» gli occhi rossi dalla rabbia scrutano la ragazza, impaurita e spaventata.
«M-mi dispiace io... » sussurra, facendo qualche passo indietro, mentre gli uomini iniziano ad urlare e sbraitare.
«Vogliamo qui Morgan, adesso!» urla Joseph, scaraventando una sedia contro il muro alla sua destra.
«P-per favore, abbiamo fatto il possibile ma...» si ferma, indietreggiando ancora.
«Ascolta, bocconcino...» Caleb le si avvicina, mantenendo una calma apparente «vorrei poter avere capito male ciò che è uscito dalla tua bocca. Quindi...» fa una pausa, fissando la ragazza visibilmente spaventata «dove cazzo è quel pezzo di merda?».
«N-non lo so. I-io ho solo dovuto riferire quanto sta accadendo» risponde, rapita da quello sguardo minaccioso.
«Questi ci sbattono fuori a calci in culo e mandano una delle loro troiette a comunicarci la buona uscita?» ribatte Joseph avvicinandosi a Caleb.
La ragazza, ormai in preda al panico, non reagisce neanche di fronte a quella affermazione, provando a calmare gli altri operai infuriati.
Ben presto, il loro superiore fa il suo ingresso in sala, accompagnato da un vigilante.
«Il vostro baccano si sente dai cortili di questo edificio» esclama, alimentando la rabbia dei presenti.
In quel momento Caleb distoglie lo sguardo dalla povera segretaria e va incontro a Morgan. «Cosa cazzo significa tutto questo?» sbotta sfogando la rabbia «spero sia tutto uno stupido scherzo» la guardia si mette tra i due.
Scuote la testa, allentandosi la cravatta. «Questa azienda non dà profitto. Oltre ad essere il vostro capo, sono anche il proprietario di questo edificio. Non mi è più possibile coprire i costi né tantomeno pagare voi» spiega, fissandolo dritto negli occhi «il terreno dove ora state pestando i piedi è in vendita. Mi spiace dirvelo in questo modo, ma bisognava capirlo da come stavano andando le cose ultimamente».
«Cosa?» tenta di saltargli addosso, ma il vigilante lo blocca «e lo dici così? Senza un giusto preavviso? Cosa siamo, degli oggetti che quando non servono più puoi gettarli?» sbraita puntandogli il dito contro «non puoi trattarci così! Molti dei tuoi dipendenti hanno una famiglia da mantenere».
«Pezzo di merda! Hai sempre pensato solo al tuo schifoso denaro. E noi cosa cazzo siamo stati nelle tue mani, burattini?» urla un operaio.
«Io ho tre figli piccoli da mantenere, stronzo» sbraita un altro.
«Signori, questo vostro abbaiare non vi aiuterà a farmi cambiare idea. Questa è la realtà e così resterà. Potrete minacciarmi in eterno, non andrò contro la mia decisione. Sarete tutti liquidati nel pieno rispetto della legge» ribatte Morgan, mantenendo il suo atteggiamento distaccato.
«I tuoi soldi e la tua legge ficcateli sú per il culo, coglione!» aggiunge Joseph, sputandogli sulla giacca. Il vigilante lo spinge con forza, facendolo finire per terra.
Morgan, senza battere ciglio, afferra un fazzoletto dalla tasca e si pulisce, lanciando un ultimo sguardo a Caleb. «Buona fortuna, operaio!» proferisce, prima di voltarsi verso l'uscita.
«La pagherai cara! Non potrai passarla liscia» gli urla dietro «fanculo» stringe la mano in un pugno e si volta verso i suoi colleghi «siamo fottuti!» dice, digrignando i denti e guardando in direzione della segretaria «spero tu sia contenta di lavorare per quel verme».
«Non ha importanza quello che penso io» dice, dispiaciuta «ho provato a far cambiare le cose, ma quando l'ho fatto era ormai troppo tardi» scrolla le spalle, abbandonando anche lei la sala.
«Grandissimo stronzo!» urla Erik, battendo più volte un pugno sul tavolo e creando un solco «ed ora, che cazzo facciamo?! Tipi come noi non li assumono di certo facilmente. A noi sono destinati solo lavori senza contratti» si passa una mano sulla fronte, disperato «come lo dico a mia madre adesso?! Io ci pagavo le bollette e l'affitto con quei soldi, porca puttana».
Caleb scuote la testa, dandogli una pacca sulla schiena. «Vedremo di trovare una soluzione. Non possiamo di certo restare in mezzo ad una strada» chiude gli occhi e li riapre subito dopo, continuando a guardare tutti gli altri che borbottano tra di loro «quel figlio di puttana crede di potere tutto, solo perché ha un portafogli bello pieno».
«A lui non importa un cazzo di chi gli permette di arricchirsi. È merito di noi operai se i suoi guadagni esistono. Ed ora, come nulla fosse, ci sbatte in mezzo ad una strada» sospira Erik, passandosi una mano sul viso.
«Io questo lavoro l'avevo ottenuto tramite un tizio che mi doveva un favore. Adesso dove vado a cercarlo?! Dovrò dire addio anche ad Alyssa. La ballerina di lap dance che mi stavo 'lavorando' in questi giorni» interviene Joseph, sbuffando «non so voi, ma io non ho voglia di tornare a casa. Raccolgo la mia roba e vado a bere una birra».
«Troveremo una soluzione» afferma Caleb tranquillizzandoli «non resteremo con le mani in mano. Fidatevi di me» getta la giacca addosso ad Erik «andiamo anche noi. Non serve piangere».
Annuisce, infilandosi la giacca. «Sì, hai ragione! Troveremo una soluzione!» risponde, seguendo Joseph.

(ED ECCOVI IL PRIMO CAPITOLO! NON È ANCORA MOLTO, MA SPERIAMO VI PIACCIA...UN BACIO, ANZI DUE. ARIANNA E GIOVANNA 😘😘)

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