GIORNO 35

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Chloe trascorse la notte precedente distesa davanti alla porta. Riuscì a dormire qualche ora, ma l'idea del suo uomo in compagnia di Joseph la rese agitata. Caleb ed Erik invece non chiusero occhio, vegliando continuamente la stanza ove era Chloe. Sfiniti e assonnati, si alzarono da terra ed entrarono in cucina, trovando Joseph sdraiato sul divano, visibilmente ubriaco. I due si guardarono e restarono in silenzio, bevendo una tazza piena di caffè per cercare di restare svegli il più possibile.
«Quanto ha bevuto?» sussurrò Caleb rendendolo udibile solo a loro.
Gli indicò le birre sul lavello. «Abbastanza da renderlo innocuo»disse sottovoce Erik, iniziando a sorseggiare il caffè «bevi più che puoi! Il sonno non deve fotterci, Cal».
Bevve una seconda tazza. «Bisogna agire in fretta. Devo andare da Chloe».
Annuì. «Io penso a lui! Se prova a reagire, lo stendo» gli indicò la porta «fa presto, Cal!».
«Ora o mai più» andò in fretta e furia verso la porta e girò la chiave il più piano possibile. Come cercò di aprire, sentì qualcosa che glielo impediva «micetta, fammi entrare» sussurrò.
La ragazza si alzò immediatamente, strofinandosi le mani sul viso. «Cal...» disse con un filo di voce, aprendo del tutto la porta «amore mio!» sussurrò, aggrappandosi forte al suo uomo.
Entrò con lei, richiudendo piano la porta. «Chloe, dobbiamo fare in fretta» la portò con sé in un angolo della stanza e si sedettero «dobbiamo chiudere questa vicenda, ok?».
«Cal...Ho paura!» scosse la testa capendo che, di lì a poco, si sarebbero divisi «salvati, ti prego! Non voglio che ti facciano del male» susseguì angosciata, accarezzando il suo viso segnato dai pugni ricevuti.
«Devo salvare prima te! Andrà tutto bene» le fece un sorriso rassicurante «ti amo, Chloe. Non dimenticarlo mai».
«Ti amo anche io. Ti amo troppo, amore mio! Ti giuro che sarò forte per entrambi» gli prese il viso tra le mani e gli diede un bacio, stringendolo forte. Chiuse gli occhi e inspirò profondamente il suo odore, trattenendo a stento le lacrime «il cellulare. Devi darmi il tuo telefono, Cal!» gli ricordò, non appena riuscì a staccarsi da lui.
«Prima devo fare una chiamata» lo afferrò e le fece l'occhiolino, componendo il 911.
«911 qual è l'emergenza?» chiese una donna, non appena prese in carico la telefonata.
Mise il vivavoce. «Ho con me una ragazza. Chloe Morgan» attese.
La donna scrisse il nome della ragazza sul computer e sgranò gli occhi, contattando immediatamente il comando di polizia. «Ok, signore...mi può dire dove si trova l'ostaggio e le sue condizioni di salute?» chiese, mantenendo un tono calmo per non perdere la comunicazione con l'interlocutore.
«Dovete fare in fretta! Ci troviamo al casolare abbandonato a cinque chilometri dalla città. Nel lato est» lanciò un'occhiata a Chloe «lei è qui con me e sta bene» la invitò a dire qualcosa.
Fece un grande respiro e guardò il cellulare per alcuni secondi. «S-sto bene. Ma fate presto, vi prego!» esclamò a fatica, stringendo la mano di Caleb nella sua.
«Miss Morgan, i poliziotti saranno lì a breve. Può confermarmi che l'uomo in sua compagnia è disarmato?».
«Non ha armi e non ha intenzione di opporre resistenza» rispose, sentendosi morire.
«Gli agenti saranno lì tra dieci minuti, Miss Morgan. Stiamo inviando anche una nostra ambulanza» le comunicò, digitando tutte le informazioni al pc.
«Bene! Fate in fretta» mise giù «è finito l'incubo, micetta» sorrise ed estrasse delle chiavi «tieni, queste cose adesso ti appartengono. Occupati di casa mia e nascondi per bene il cellulare. Ci sono delle prove importanti. Fa molta attenzione, Chloe» mise il tutto nelle mani della ragazza «ti amo, Chloe. Ti amo così tanto e non dimenticherò tutto quello che c'è stato qui» le accarezzò il viso «tu sei stata la mia rinascita e non ti ringrazierò mai abbastanza per avermi migliorato».
Lo guardò singhiozzando. «Non doveva finire così...Tu non meriti questo. E nemmeno Erik!» si asciugò invano le lacrime, abbracciandolo fortissimo «ti amo, Cal! Andrà bene, avremo il nostro lieto fine. Te lo giuro, ti darò tutto quello che meriti» si nascose le chiavi nel reggiseno e infilò il cellulare in vita, bloccandolo nell'elastico degli slip «ci vedremo, Cal! Io non ti mollo, non ti mollo» ripeté più volte, tirando su col naso.
Annuì. «La mia vita ti appartiene» la baciò ancora e uscì di lì. Guardò Erik con disperazione e gli andò vicino «stanno arrivando. È finita».
Fece un lungo respiro e annuì, attendendo diversi minuti e sentendo dopo un po', le sirene in lontananza. Il cuore iniziò a battere forte e lanciò un pensiero a sua madre, guardando Caleb. «Dove sei tu, ci sono io fratello! Ce la caveremo. Non vogliamo opporci».
Sorrise, avvolgendo le sue spalle col suo braccio. «Ti voglio bene, amico mio! Supereremo anche questa» posò la fronte sulla sua.
Erik chiuse gli occhi, dandogli una pacca sulla nuca. «Sei migliore, Cal! Sei il ragazzone forte, dal cuore buono» riuscì a dirgli, prima che i poliziotti circondassero il casolare, urlando loro di uscire, con l'ausilio del megafono.
Joseph sobbalzò e si guardò intorno confuso, portandosi una mano sulla fronte. «C-che cazzo succede?» esclamò, lanciando uno sguardo fuori.
Gli agenti si misero in posizione ed estrassero le armi, puntandole verso la porta.
«Esci, senza fare storie. Hai finito di fare il coglione» Caleb raggiunse per primo l'esterno, tenendo le mani alte.
«In ginocchio! Mani dietro la testa. Subito!» urlò un primo agente, avvicinandosi a Caleb con cautela.
Un secondo agente fece irruzione, afferrando per un braccio Erik. Joseph sgranò gli occhi e aprì la finestra, gettandosi all'esterno, sfuggendo alla presa di un terzo agente.
«Vaffanculo! State indietro...State indietro, o giuro che l'ammazzo. Ammazzo la ragazza, state fermi e non sparate» urlò agli agenti, estraendo una pistola da dietro la schiena. La puntò verso di loro e si guardò intorno, tentando una via di fuga.
«Stia calmo! Stia calmo e non faccia cazzate. Abbassi l'arma. Abbassi l'arma o saremo costretti ad intervenire» urlò a sua volta il capo della polizia, provando a farlo ragionare.
Caleb lo fissò preoccupato per le minacce e si voltò verso un agente. «La ragazza è dentro. È in una stanza».
Il poliziotto indicò l'interno del casolare a tre agenti e ammanettò Caleb, spintonandolo al suolo. Erik lanciò uno sguardo al suo amico e fu sdraiato per terra con forza, facendo una smorfia di dolore. Ammanettarono anche lui e li alzarono di peso, rimettendo entrambi in piedi.
«Non provate a farla uscire! Ve l'ammazzo!» continuò a urlare Joseph, tenendo a fatica la pistola ferma. Si portò una mano sulla tempia e sentì la testa pulsare, perdendo per un attimo l'orientamento.
«Non può scappare! È finita. Abbassi l'arma! Questo è il nostro ultimo avvertimento» lo avvisò l'agente, invitando i colleghi a tenerlo sotto tiro. Joseph si piegò sulle ginocchia e lanciò uno sguardo a Caleb, rendendosi conto di essere in trappola.
«Poggi a terra l'arma. Non riuscirà a fuggire. La zona è circondata» continuò a persuaderlo il poliziotto, prestando attenzione ad ogni suo movimento.
Chloe fu raggiunta da tre poliziotti che la rassicurarono immediatamente. «Dobbiamo portarla fuori di qui, Miss Morgan. Si fidi di noi, la portiamo in salvo» disse uno di loro, avvicinandosi a lei con calma. La ragazza annuì e si strinse nella sua felpa, iniziando a tremare per la paura.
Non appena Joseph si accorse che Caleb ed Erik stavano per essere condotti alle volanti, sembrò avere un momento di cedimento. Guardò l'arma e fece una smorfia, notando che due agenti stavano arrivando alle sue spalle per bloccarlo. Poggiò la pistola sull'erba e si alzò, piegando la testa di lato, apparendo riflessivo. «Non finirà così, Caleb Jones!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola, afferrando con uno scatto improvviso l'arma. Non appena Caleb si voltò, uno sparo fermò ogni respiro, ogni rumore, ogni battito di ciglia.
Caleb spalancò gli occhi e cadde di peso sulle ginocchia. Una smorfia di dolore comparve sul suo viso e guardò verso il basso, notando una macchia che si espandeva sulla maglia dal lato destro. «Hai sbagliato la mira» disse a denti stretti, accasciandosi al suolo.
Erik sgranò gli occhi, smettendo di respirare. «Cal, no!» urlò con tutto il fiato, dimenandosi per raggiungere il suo amico «Caleb, Caleb...» continuò ad urlare, vedendosi sbattere contro la volante dagli agenti. Lui sembrò fuori di sé e continuò a guardare verso il suo amico, non riuscendo a raggiungerlo.
Joseph fu spinto immediatamente a terra e fu bloccato con la forza, ricevendo un colpo dietro la nuca, per immobilizzarlo.
Chloe si bloccò sulla soglia, impallidendo. Ogni suo respiro si annullò nell'immediato. Guardò il suo uomo a terra e cacciò un urlo disperato, fissando quella scena attonita. «Caleb!!!»gridò il suo nome, accasciandosi al suolo.
Samuel e Samantha, arrivati in quel preciso istante, scesero dall'auto e la donna corse verso le volanti, levandosi i tacchi, per raggiungere sua figlia.
Gli agenti la afferrarono per le braccia e l'allontanarono da lì, mentre i paramedici giunsero dal ragazzo, prestando immediatamente soccorso.
Caleb cercò di restare calmo, nonostante il forte dolore. Non appena i paramedici lo sistemarono sulla barella, rivolse uno sguardo a Chloe e le accennò un sorriso, facendole l'occhiolino. Lei restò immobile e non riuscì a ricambiare il suo sorriso, fissandolo sconvolta e impaurita, prima di essere travolta dalle braccia di sua madre. Non si mosse mai e non si rese conto di ciò che le stava accadendo intorno, mentre la donna la stringeva così forte, da farle quasi male.
«Amore mio! È finita...Sei qui, sei con me» le disse Samantha, riempiendole il viso di baci.
Chloe la guardò smarrita, accennando un breve sorriso, solo dopo alcuni minuti. Lanciò uno sguardo al suo uomo e non riuscì più a vederlo, poiché circondato dai paramedici.
Samuel si fece spazio tra essi e riconobbe Caleb, fissandolo con astio. «Lo sapevo che c'entravi tu, lurido pezzo di merda! Marcirai in carcere insieme ai tuoi amici. Ho vinto! Ho vinto io, grandissimo bastardo».
La ragazza corrugò la fronte, preoccupata per la presenza di suo padre accanto a Caleb. Samantha si assicurò che stesse bene e la lasciò andare con gli agenti, lanciando uno sguardo ad Erik e successivamente a Joseph, non riconoscendo il loro viso. Notò il suo ex marito davanti alla barella e si diresse lì, per capire cosa fosse successo e a chi. Nonostante i medici pregarono loro di allontanarsi, la donna ignorò tali richieste e conobbe finalmente il volto del terzo sequestratore.
«Tu non la meriti» riuscì a proferire Caleb, nonostante la maschera dell'ossigeno «non meriti né lei, né la madre di tua figlia».
Samantha lo fissò in silenzio, avvertendo la sensazione di aver già parlato con lui.
«Ti auguro una lunga e dolorosa detenzione, grandissimo stronzo!» ribatté Morgan a denti stretti, sistemandosi la giacca. Lanciò uno sguardo a sua figlia e le restò lontano, completamente disinteressato. Samantha guardò il suo ex con odio e lanciò uno sguardo a Caleb, fissando i suoi occhi per alcuni secondi.
I loro sguardi si incrociano e lui si lasciò sfuggire un sorriso, richiudendoli subito dopo. La donna deglutì a vuoto e si allontanò da lì, afferrando tra le mani la collanina di sua figlia.
«Non perdete molto tempo a salvarlo. Se muore, il mondo non sentirà la sua mancanza» esclamò Samuel ai medici, dirigendosi dalla sua ex «lei viene via con me!» l'avvertì, raggiungendo gli agenti.
La donna si bloccò e lo fissò sconvolta, dirigendosi da lui a passo spedito. Lo afferrò per la giacca e gli mollò uno schiaffo, incurante della gente intorno a loro. «Mia figlia viene via con me! Hai finito di tenerla in pugno, Samuel Morgan!» proferì, senza lasciarsi intimorire.
Chloe nel frattempo rispose ad alcune domande degli agenti e chiese loro di essere lasciata in pace, vedendo l'ambulanza allontanarsi. Sospirò malinconica e guardò verso il casolare, notando il suo orso gigante nella mano di un poliziotto, mentre veniva caricato in auto. Una lacrima solcò il suo viso e si portò la manica della felpa davanti al naso, per poter sentire anche il minimo odore di Caleb.
«Andiamo a casa, amore! Ti porto via con me» le disse Samantha, non appena riuscì a raggiungerla.
La ragazza la guardò per alcuni secondi e si diresse all'auto, senza proferire parola. Passò davanti alle volanti e, istintivamente, i suoi occhi si posarono su quelli di Erik. Lo fissò un istante e accennò un sorriso, sentendo il cuore andare in mille pezzi. L'auto si allontanò poco dopo, lasciandola inerme di fronte a quello che stava accadendo. Non appena il suo sguardo si posò su Joseph, un lampo di rabbia attraverso i suoi occhi. Si recò spedita alla volante e batté i pugni al vetro, facendolo sobbalzare.
«La pagherai cara, Joseph Brown. Mi hai sentita? Sarò il tuo incubo, sarò la tua ombra e soffrirai. Soffrirai come un cane» urlò fuori di sé, calciando lo sportello con tutta la forza che aveva dentro.
I presenti si voltarono verso di lei, attirati dalle sue urla.
«Chloe, no! Lascia stare, lascia stare!» disse Samantha, fissando la scena sconvolta. La tirò verso di sé e la strinse, provando a calmarla.
Lei urlò contro la spalla di sua madre e ricominciò a piangere, pervasa dal dolore.
Joseph bussò attirando l'attenzione di Samantha. Un ghigno apparve sul suo viso e mimo con le labbra la frase 'lui morirà', distogliendo lo sguardo subito dopo.
Lei sussultò, notando in quell'uomo qualcosa di familiare. Si allontanò da lì con sua figlia, portandola in auto. La fece salire e si mise al posto di guida, accarezzandole il viso.
«M-mamma...Il ragazzo sulla barella si salverà?» le chiese, poggiando la tempia sul finestrino.
«Non lo so, bambina mia!» sospirò «adesso andiamo a casa. Quei ragazzi pagheranno le loro colpe».
Chiuse gli occhi per un istante, toccandosi l'anello di Caleb. Osservò il casolare e un sorriso dolce apparve sul suo volto, non appena il ricordo di quei giorni tornò prepotentemente alla mente. Lo fissò per tutto il tempo, fino a quando non lo ebbe più nel suo cerchio visivo. Era tutto finito. Ogni cosa stava tornando al suo posto, lasciandole l'amaro ricordo di non aver stretto a sé Caleb un'ultima volta. Era al sicuro, eppure Chloe desiderava scappare. Voleva correre da lui, per assicurarsi che stesse bene. Fece un lungo respiro e abbassò lo sguardo, sentendosi immensamente sola. Ripensò ai giorni con lui, alle risate, ai buongiorno, ai baci, alle notti vissute insieme, provando dentro un dolore talmente forte da levarle il respiro. Si portò una mano sul petto e pregò per lui, non conoscendo le sue reali condizioni.
«Dobbiamo parlare, mamma...» disse con poca voce, lanciandole un breve sguardo «ci sono cose che devi sapere».
«Va bene! Abbiamo tanto tempo a disposizione» accennò un sorriso «parleremo con calma. Adesso hai bisogno di riposo e di dimenticare questa brutta esperienza».
Un sorriso aleggiò inevitabilmente sul suo viso, quando sentì l'ultima frase pronunciata da sua madre. Si limitò ad annuire e chiuse gli occhi, baciando con la mente il suo uomo.

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