Il mattino seguente tutto sembrava tranquillo.
Erik si svegliò prima del solito e andò a salutare la sua barista preferita. La sera prima infatti era finalmente riuscito a lasciarsi andare, senza pensare a tutto ciò che stava accadendo. Jessica lo accolse con un ampio sorriso e gli preparò i soliti caffè, offrendogli la colazione. Dopo qualche minuto di conversazione, i due si salutarono, dandosi appuntamento per quella stessa sera.
Verso le 9.00 arrivò al casolare e trovò Caleb già sveglio, intento a guardare le notizie del giorno, in tv.
«Buongiorno, Mr Jones!» esclamò a gran voce, facendo un ampio sorriso.
«Ma guarda un po' come siamo allegri questa mattina» lo osservò attentamente «devi dirmi qualcosa?».
Annuì sorridente. «Ho infornato il biscotto, Caleb Jones» disse, passandogli il caffè «e questo lo offre Jessica».
«Quanto sei volgare» ne bevve un sorso «wow! È più buono del solito».
«È l'effetto che faccio sulle donne, caro insegnante! Oggi era particolarmente rilassata e felice» sogghignò, dandogli una pacca sulla spalla «non è quella giusta, ma è un ottimo svago per la mente!».
«Quella giusta arriva dopo tanti tentativi!» gli fece l'occhiolino «non demordere e goditi la vita» alzò il bicchiere e terminò il caffè «falle i miei complimenti, è davvero ottimo».
«Non le farò i tuoi complimenti! Ha detto che sei un bel tipo...» fece una smorfia «per fortuna sa che sei impegnato! Vorrei evitare che pensi a te, mentre le sto sopra» sogghignò.
«Ma io non sono impegnato» finse disappunto «perché non mi restituisci il suo numero?».
Gli lanciò un'occhiataccia. «Ah, no?! Chloe che posto ha esattamente nella tua vita?!».
«La stanza da letto» sogghignò.
«Quanto sei stronzo, Caleb Jones! Sono giusto intenzionato ad andare da lei e darle questa notizia! Ne sarà felicissima» scosse la testa rassegnato.
«Nah! Non ti crederebbe mai» si alzò «ma per sicurezza vado a svegliarla io» afferrò il vassoio, poggiando la colazione e andò da lei «ehilà, siamo sveglie?» fece capolino nella stanza, notando la ragazza addormentata.
Sentì Caleb e provò ad aprire gli occhi, riuscendoci a fatica. «Cal...» disse con un filo di voce, richiudendoli poco dopo.
«Cosa c'è? Hai ancora sonno questa mattina?» le si avvicinò, posando il vassoio e scostandole la coperta.
«N-non credo...Non credo di stare bene» proferì, voltandosi verso di lui tremante.
«Ehi...» corrugò la fronte «cos'hai?» le accarezzò il viso e sentì la sua pelle accaldata «C-Chloe! Ma tu hai la febbre!» posò una mano sulla sua fronte, trovandone conferma.
«Non spaventarti, Cal!» provò a tranquillizzarlo, nonostante si sentisse a pezzi «dovresti andare in farmacia...per favore».
«Dimmi cosa devo prendere» le accarezzò il viso con estrema dolcezza.
«Un termometro, altrimenti non saprei come farti misurare la febbre» fece una pausa «e qualcosa per farla scendere» gli sorrise appena «se puoi procurarti un'altra coperta, mi faresti un grande favore».
«Certo, amore mio» si sfilò il maglione, posandolo su di lei «adesso tieni pure questo, io vado!» uscì in fretta e furia dalla stanza «ehi, Chloe ha la febbre» indossò la giacca di pelle.
«Cosa?!» Erik sgranò gli occhi, preoccupato «cazzo! Cal, corri in farmacia e compra tutto ciò che serve. Resto io con lei» si diresse in fretta verso la stanza «ah, Cal... Compra anche delle vitamine. Ci serviranno».
Annuì. «Mettile una pezza bagnata sulla fronte. L'ho coperta con il mio maglione. Se sente ancora freddo, trova una soluzione» andò via di corsa.
Erik andò in bagno e mise sotto l'acqua una pezza vecchia, dirigendosi in fretta da Chloe. Le si sedette accanto e le accarezzò il viso, guardandola con dolcezza. «La nostra gattina tutto pepe ha preso la febbre?!» le sorrise, posando sulla sua fronte la pezza.
«Ho tenuto i capelli umidi, stando davanti alla finestra ieri. Non sono stata molto intelligente, credo!» fece spallucce, prendendo la mano di Erik nella sua «mi sento come se avessi scalato l'Everest...».
Erik rise appena, provando a riscaldarla con le sue mani. «Tranquilla, il tuo ragazzone è corso in farmacia per poter guarire la sua gattina».
Chloe sorrise, chiudendo gli occhi. «È tanto dolce, Erik... Sa sempre come prendersi cura di me» sospirò, rannicchiandosi.
Il ragazzo si tolse la felpa e gliela mise sul corpo, visibilmente dispiaciuto. «Lo so, Chloe! Tiene davvero tanto a te» accarezzò il suo viso provato, stringendo la mano nella sua.
Caleb si recò a casa sua, afferrando delle calde coperte, poi passò dalla farmacia e acquistò tutto il necessario per curare l'influenza. Dopo circa un'ora era di nuovo al casolare.
«Eccomi» mise tutte le buste vicino al letto «ho portato anche del succo d'arancia» poggiò una coperta di pile su Chloe.
«Bravo ragazzone!» Erik si alzò, dandogli una pacca sulla spalla «vado a tenere d'occhio l'esterno. Prenditi cura di lei. Prima si è addormentata un po'» spiegò, accarezzando il suo viso. La guardò un'ultima volta e uscì dalla stanza, richiudendo la porta alle sue spalle.
«Grazie, Cal!» disse lei, riaprendo gli occhi riluttante «mi spiace averti creato l'ennesimo problema».
«Non devi dire queste stupidaggini!» sorrise, gettando lo straccio bagnato nella bacinella e le passò il termometro. Attese qualche minuto e il misuratore segnò ben trentanove di febbre «hai un febbrone da cavallo. Adesso prendi la compressa» riempì un bicchiere d'acqua e la aiutò a sedersi, passandole il tutto.
Lei assunse la medicina e gli passò nuovamente il bicchiere, osservandolo. «Potresti dirmi qualsiasi cosa in questo momento, sai? Domani non ricorderei nemmeno di averlo udito».
Rise. «Nah, non mi piace parlare con i muri» la aiutò a rimettersi sotto le coperte e le posò nuovamente lo straccio bagnato sulla fronte «cosa devo fare con te?» chiese prendendole la mano «ti lascio un'attimo e ti ritrovo con la febbre».
«Ho aperto la finestra, avendo i capelli umidi» ammise «c'era il sole e non credevo potesse danneggiarmi» sospirò «a quanto pare, hai un motivo in più per non lasciarmi. Se lo fai, mi ammalo» ridacchiò appena.
«Non ci provare» la fissò truce «la realtà è che sei una testona e certe cose non si fanno» sospirò «adesso chiudi gli occhi e riposa. Io resto qui con te».
Annuì, stringendo la sua mano. «Ti amo, amore...» sussurrò, chiudendo gli occhi poco dopo. Fece un grande respiro e si addormentò, sentendosi al sicuro accanto al suo uomo.
Lui non la lasciò sola un'istante, rinfrescando spesso lo straccio. Le controllò un paio di volte la febbre e chiese ad Erik di preparare del brodo.
Erik fece come gli fu chiesto e, non appena riuscì a prepararlo, lo portò in camera, posando il piatto sul comodino.
«Come va?!» chiese, sedendosi accanto lui, mentre Chloe riposava serena.
«Ha dormito tranquilla. Al momento la febbre è scesa a trentasette e mezzo» sorrise «però ora dovremmo svegliarla. Deve nutrirsi».
«Quanto è bella, Cal!» proferì, osservandola «quando riposa, viene fuori la vera essenza della sua bellezza. Hai fatto davvero centro, amico».
«Sì. E mi fa sentire una bestia, costringendola a vivere in questo posto» sospirò «a volte penso che meriterebbe un uomo più vicino alla sua età».
«Perché pensi questo, Cal?! Tu sei il suo pezzo mancante e lei è il tuo. Non è l'età ad unire due persone. È piccola, hai ragione...Ma è anche la persona che riesce a renderti migliore. Sei così cambiato da quando c'è lei, da far fatica a riconoscerti a volte».
«Già...nemmeno io mi riconosco» sorrise «questa ragazzina tutto pepe mi fa stare bene».
«Allora goditela e basta! Hai la possibilità di avere tra le mani un diamante, non sprecarlo» accarezzò il viso di Chloe, scuotendola piano, per svegliarla. La ragazza si mosse appena ed aprì gli occhi, notando i due seduti accanto a sé.
«Stavate vegliando sul mio sonno, o stavate provando a farmi a pezzettini?» chiese, provando a mettersi seduta.
«La seconda opzione. Mi sembra ovvio» la aiutò a sistemarsi «Erik ha preparato qualcosa per te».
Il ragazzo rise di gusto, passandole il piatto con della pastina a brodo. «Devi mangiare e bere tutto! Ti vogliamo nuovamente carica».
Chloe sorrise, iniziando a sorseggiare il brodo con il cucchiaio. «Grazie, Erik! Sei stato davvero gentile» gli accarezzò il dorso della mano, continuando a mangiare.
«Dovere, Chloe!» ricambiò il sorriso e si alzò, lasciandoli tranquilli.
«Ti ho sentito prima, mentre ti prendevi cura di me, Caleb Jones...» gli lanciò uno sguardo «dormivo ma la tua presenza era costante».
«Eppure mi sono lavato» si annusò le ascelle.
Scoppiò a ridere, facendo oscillare il piatto. «Sei davvero un perfetto idiota, Mr Jones!» tossì appena «intendevo dire che, per un attimo, mi sei sembrato il fidanzato ideale».
«Oh, solo per un attimo?» la fissò truce «ti perdono perché stai ancora delirando per la febbre!».
Ridacchiò. «Sarà scesa, sai?! La mia voglia di darti fastidio è tornata improvvisamente» gli toccò la punta del naso con l'indice «puoi rimetterti il tuo maglione» glielo indicò «non è opportuno che tu vada in giro con solo una maglia bianca e un giubbotto di pelle addosso» esclamò severa «ci sono troppe cagnoline scodinzolanti in giro».
«Micetta graffiante» indossò il maglioncino «non temere, oggi ho deciso di fare la guardia all'ovile».
Gli lanciò un'occhiataccia. «Che peccato!» terminò il suo piatto, poggiandolo sul comodino «ti informo che mi hai appena dato della pecora, Mr simpatia!» sospirò «tranquillo, domani potrai tornare ad impollinare senza alcun problema».
«Beh, se ti sentì meglio possiamo fare qualcosa. Altrimenti aspetterò» le stampò un bacio sulla guancia.
«Se dici questo, mi fai pensare che io sia l'unica dama presente nella tua corte» lo punzecchiò «il grande seduttore si sta impegnando seriamente, per caso?»lo guardò divertita.
«La febbre sta salendo nuovamente?» le tolse di mano il piatto vuoto «un bel bicchiere di succo d'arancia e riposi ancora» versò il succo e glielo porse.
Sospirò, bevendo il succo. «Sai come sta mia madre?!» chiese, cambiando discorso «voglio solo sapere se si sta riprendendo».
Annuì. «Domani uscirà dall'ospedale. Al telegiornale hanno detto che sta reagendo positivamente e tu sei l'unico motivo per lottare».
Sorrise appena, rimettendosi sotto le coperte. «Grazie per tutto, Cal! Puoi andare se vuoi... Ho solo bisogno di riposare» disse, malinconica.
«Non ti lascio sola» decise di infilarsi sotto le coperte con lei «dovrai sopportarmi».
«Non sei disposto a legarti seriamente, ma resti al mio fianco!» fece una smorfia «fuggi sempre, Caleb Jones. Prima o poi, dovrai dirmi cosa rappresento per te e nella tua vita» chiuse gli occhi, dandogli le spalle.
«Dormi!» le sussurrò all'orecchio, stringendola a sé.
Sbuffò, addormentandosi poco dopo, cullata dal respiro calmo di Caleb. Sognò di lui, di loro e di ciò che si erano ripromessi di fare insieme. Il cuore di lui pulsava contro la sua schiena, donandole pace e sicurezza. Chloe sapeva di non poter pretendere nulla da quell'uomo che si rifiutava di rispondere alle sue affermazioni, eppure desiderava con tutta se stessa essere qualcosa di vero e concreto per Caleb. La febbre salì nuovamente e lui continuò a prendersi cura di Chloe, con tutta la dolcezza e l'attenzione che sapeva donarle. Ciò che non diceva, lo dimostrava.
Erik, nel primo pomeriggio, si affacciò nuovamente alla soglia, chiedendo al suo amico se avesse bisogno di qualcosa.
«Più tardi le daremo delle vitamine» disse, sedendosi accanto a lui, mentre la ragazza si lamentava nel sonno.
Annuì. «Il suo sonno è agitato da un po'» disse preoccupato «non so cosa fare».
«Cal, non agitarti! Se continua a star male, dovrai spogliarla e aggiungere altre pezze sul suo corpo» le toccò la fronte, scuotendo la testa «scotta, porca miseria!» proferì, dispiaciuto «è così piccola... Mi fa troppo male vederla così».
«Non dovrebbe stare qui!» le bagnò ancora lo straccio «maledizione, ha bisogno di un medico» serrò la mascella, accarezzandole il viso.
Gli prese il viso tra le mani. «Sta calmo e fa come ti dico, Cal! Spogliala e bagna il suo corpo. La febbre scenderà, ma non passerà. Per lo meno, smetterà di delirare. Poi le daremo la compressa e ci prenderemo cura di lei. Deve restare idratata» gli spiegò, calmandolo «lo farei io, ma come si evince non posso toglierle gli abiti. Solo tu puoi. Dammi la maglia che indossi sotto al maglione, ci servirà per creare altri stracci».
«Sì certo» la sfilò in fretta e furia, gettandola nella bacinella «amore mio, adesso passerà tutto» scostò le coperte, sfilandole il maglione. Erik gli passò altre stoffe bagnate e Caleb gliele mise in vari punti del corpo.
Chloe respirò affannosamente e, pochi minuti dopo, si calmò del tutto, smettendo di delirare.
«Bravo, Cal!» Erik sorrise, dandogli una pacca sulla spalla «sta scendendo lentamente. Andrà sempre meglio. Svegliala, non è opportuno che resti addormentata» gli consigliò, accarezzando la mano di Chloe.
Fece un profondo respiro e annuì, sorridendogli. «Chloe...ehi micetta» le sussurrò all'orecchio scuotendole appena il viso.
Aprì gli occhi, trovandosi il viso di Caleb vicinissimo al suo. «S-sono in paradiso?» chiese, lanciando uno sguardo al suo addome nudo.
La guardò interdetto e poi scoppiò a ridere. «Viste le ultime ore, per fortuna no!».
Fece una smorfia. «Peccato, Mr Jones» sospirò, guardando anche Erik «mi avete denudata, consapevoli che fossi incapace di intendere e volere?».
«Non potevamo di certo tagliarti a pezzetti con tutti i vestiti» fece spallucce «stavi delirando, Chloe» ritornò serio «ci siamo spaventati parecchio. Devi ringraziare Erik che mi ha spiegato cosa fare».
«Hai paura di perdermi, Cal?!» accarezzò il suo viso.
«Devi assumere la compressa, Chloe» disse Erik, aiutandola a mettersi seduta «adesso non dovrebbero esserci problemi, Cal! Mantienila idratata, campione» si rivolse al suo amico «vado a controllare la situazione fuori».
«Grazie per tutto» gli sorrise e lo vide andar via «allora...» afferrò le vitamine e un bicchiere d'acqua, porgendoglieli «ho avuto sul serio paura!».
«Ho resistito al tuo caratteraccio per ben venti giorni, Caleb Jones... Non sarà una febbre ad uccidermi» lo punzecchiò, assumendo la compressa.
«La tua lingua mi conferma che stai meglio» infilò il maglione e prese una felpa pulita per Chloe «sono felice che sia passato il peggio. Davvero».
«Dovresti dare un bacino alla tua vittima, sai?! Per dimostrarle il tuo affetto e la tua gioia nel risentire la sua linguetta» gli lanciò uno sguardo, bevendo altra acqua «è davvero un peccato quando copri il tuo bel vedere, signor sequestratore».
«Non vorrei farti salire ancora la febbre» si avvicinò al suo viso, lasciandole un tenero bacio sulla guancia.
«Hai ragione, meglio non rischiare» posò il bicchiere sul comodino e lo guardò attentamente «sembri malinconico, Cal... I tuoi occhi, non riescono a mentire. È la mia condizione a preoccuparti o c'è qualcosa alla quale stai pensando, che so non mi piacerebbe sapere?!».
Scosse la testa. «Adesso sto meglio» sorrise «è solo che sei arrivata a delirare. Ci siamo spaventati. E ho pensato che se Erik non ci fosse stato, sarei stato nella merda più totale».
Annuì. «Sto molto meglio, ora!» gli sorrise «ti sei semplicemente ritrovato a prenderti cura di qualcuno. E sei stato molto bravo e dolce» accarezzò il dorso della sua mano «ti amo, Cal! Tu ci sei sempre...sei l'unico uomo che, nonostante tutto, resta al mio fianco. E so che la tua non è compassione o semplice senso del dovere» posò una mano in direzione del suo cuore «deve per forza esserci qualcosa di bello qui».
La strinse forte a sé, posandole una mano sulla fronte. «Per fortuna sta scendendo ancora» la baciò subito dopo «se fossi stato da solo, ti avrei portato in ospedale» ammise.
Corrugò la fronte. «Cal...» sospirò «posso solo immaginare come tu ti sia sentito e mi dispiace. Ma se lo avessi fatto, io non avrei potuto rivederti. Al mio risveglio tu non ci saresti stato. Mi avresti uccisa in quel preciso istante» poggiò la fronte sul suo petto, aggrappandosi al suo maglione «non sono pronta a lasciarti andare. I-io... Non ci riesco».
«Lo so...ma non ti avrei mai lasciata star male!» sospirò «vorrei informarti che puzzi. Tanto» disse cambiando discorso.
Spalancò gli occhi, staccandosi immediatamente da lui. «I-io... Avrò sudato» divenne paonazza «potresti dire certe cose, senza necessariamente usare il massimo della tua eleganza e delicatezza» gli schiaffeggiò il braccio «vorrà dire che dovrai lavarmi tu!».
«Domani...» osservò divertito la sua reazione «evitiamo un'altra notte di delirio. E poi possiamo dire che è sopportabile».
Lo fissò truce. «Ieri sapevo di primavera... oggi so di cassonetto dei rifiuti lasciato al sole» ribatté acida «sono alquanto imbarazzata, adesso!» incrociò le braccia «e, comunque, in una coppia sono importanti anche gli odori più spiacevoli» fece spallucce.
«Infatti noi non siamo una coppia. E i tuoi odori li preferisco al sapor di primavera» continuò a prenderla in giro.
«Siamo una coppia di amici. Migliori amici che vanno a letto insieme» rispose pungente «ti piace di più come definizione?! Non vorrei che le tue cagnoline si sentissero tradite. Soprattutto al pensiero di te, che diventi fedele solo ad una donna. Non scherziamo, dai!».
«Ehi, la smetti di delirare? Non è una cosa che mi piace».
«Non sono mai stata così lucida, come in questo momento» lo fissò «non ti piace, perché ogni volta che dovresti sostenere una conversazione seria, preferisci mettermi a tacere» sospirò, guardando verso la finestra «questa notte non potrò osservare le stelle...».
«No!» esclamò fermamente «accontentati di guardare il tuo peluche e me».
«Preferirei guardare te, tutto il tempo» fece spallucce «sei meglio di un cielo stellato, di una luna piena, di un prato fiorito. Meglio di una primavera, di un autunno e di una estate. Tu sei meglio di qualunque cosa i miei occhi possano vedere, oltre te» disse, infilandosi nuovamente sotto le coperte «ah, prima che tu lo dica... No, Cal! Non sto delirando» richiuse gli occhi, abbracciando il suo peluche gigante.
Sorrise, accarezzandole la testa. «Dopo però mangi qualcos'altro!» uscì dalla stanza, per lasciarla tranquilla.
«Allora eroe, ti sei ripreso dallo choc?!» chiese Erik, vedendolo sulla soglia.
«Non prendermi per il culo!» sbuffò «mi sono spaventato un bel po'! Non mi sono mai ritrovato in una situazione del genere e io avrò avuto massimo tre influenze nella mia vita».
«Cal, sai perché ti sei spaventato così tanto?! Perché hai creduto di perdere la donna che ami. Che tu lo voglia ammettere o no, Chloe ti è veramente entrata nel cuore» sospirò, passandogli una birra «il peggio è passato. Domani dovrebbe già migliorare».
«Speriamo» la afferrò, bevendola «vorrei andare un istante in città. Della cena te ne occupi tu?».
Annuì. «Sì, va pure! Chloe riposerà sicuramente nelle prossime ore. Se ho bisogno di qualcosa, non esiterò a chiamarti».
«Bene!» terminò la birra e andò via.
Si recò in città e fece alcuni acquisti. Comprò anche un mazzo di gigli bianchi e dopo due ore rientrò al casolare.
«Cal, ho dato a Chloe una zuppa e altre vitamine» lo informò Erik, non appena lo vide rientrare.
«Perfetto! Ti dispiace restare qui questa notte? Non vorrei restare da solo» posò tre scatole e un sacchetto accanto al divano.
Erik guardò il tutto, corrugando la fronte. «Resto, tranquillo! Ho già avvisato Jessica, che rimanderemo i nostri incontri hot a domani» indicò le scatole «devi dirmi qualcosa, Mr Jones?» lanciò uno sguardo ai fiori e sorrise «che romanticone...».
«È un segreto» gli fece l'occhiolino «domani capirai. Quindi evita di spiare in mia assenza» afferrò il mazzo di fiori «questi però devo portarli subito» andò da Chloe, avvicinandosi piano «ehi, dormi?» le sussurrò appena.
Scosse la testa, girandosi verso di lui. «Non avvicinarti troppo, ok?! È ancora imbarazzante l'idea di me puzzolente, in una stanza con un gran bel Californiano».
«Ehi, non fare la bambina» si piegò sulle gambe di fronte a lei «ti stavo solo prendendo in giro» le fece notare il mazzo di gigli.
Spalancò gli occhi, mettendosi seduta. «Cal...» disse, fissando i fiori con stupore «mi hai comprato dei gigli» fece un ampio sorriso, guardandolo poco dopo con estrema dolcezza «amore mio, sono meravigliosi».
«Come te...» glieli porse «come va?».
Arrossì. «Molto meglio, grazie!» allungò la mano verso i fiori e li prese, annusandoli «hanno un profumo indescrivibile. È forte e dolce allo stesso tempo. Intenso...» lo guardò «i tuoi gesti sono sempre i migliori».
«Sono contento. Hai anche ripreso colore» la baciò sulle labbra «e anche io l'ho ripreso dopo l'enorme spavento».
«Cal, amore mio» accarezzò il suo viso «non ho intenzione di farmi uccidere dalla febbre. Abbiamo molto da fare insieme, troppe cose ancora da dirci» sorrise teneramente «e tu tanti fiori da regalarmi... Non posso perdermi tutto questo».
Girò la testa, baciando la sua mano. «Vorrei informarti che non ho detto nulla di compromettente durante il tuo stato febbricitante».
«Perché, c'è qualcosa che vuoi dirmi consapevole che io possa ascoltarlo bene?!» lo punzecchiò.
«No! Ci tenevo ad informarti» fece spallucce «non vorrei che mi mettessi in bocca parole che non ho mai detto».
«Eppure credo di aver sentito che vorresti chiedermi di sposarti. Ma io, ovviamente, ho detto no!» trattenne una risata, infilando il naso nuovamente tra i fiori.
«E hai capito male. Non ho il denaro per comprare uno spazzolino, figurati se organizzo un matrimonio».
Scoppiò a ridere. «Sulla spiaggia sarebbe meno costoso. Solo noi e un prete» fece spallucce «pensaci, Caleb Jones...Potresti riscoprirti propenso al matrimonio».
«C'è troppo vento. Mi si scompigliano i capelli» se li toccò.
Rise di gusto contro i petali, e scosse la testa rassegnata. «Non ti piacerebbe nemmeno un po', l'idea di avermi sempre intorno per il resto della tua vita? Pensa a quanta compagnia ti farebbe la mia linguetta» gliela mostrò.
«Oh povero me» si fece cadere sul materasso.
Ridacchiò, toccando con il piede il suo fianco, attraverso le coperte. «Sei proprio scemo, Caleb Jones! Io sono un'ottima compagnia e occupo pochissimo spazio. Pensa a come sarebbe bello svegliarsi insieme, far colazione insieme, pranzare e cenare insieme. Fare l'amore ovunque e in qualsiasi momento. Non ti alletta l'idea?» continuò a persuaderlo, visibilmente divertita.
«Quella del fare l'amore mi alletta eccome, ma non metterò una manetta al dito!» continuò a provocarla.
«Prima o poi toccherà anche a te questo sacrificio» continuò a toccargli il fianco «dirai addio a tutte le belle gallinelle e ti dedicherai solo alla tua baguette».
Scoppiò a ridere. «Staremo a vedere!».
Sorrise, poggiando i fiori sul comodino. «Grazie per questo gesto. L'idea che tu possa pensarmi, mi rende felice» accarezzò il dorso della sua mano «hanno bisogno di acqua. Non voglio che appassiscano».
Annuì e si allontanò un'attimo, tornando subito dopo con un contenitore pieno di acqua fresca. «Abbeveriamo gli assetati» prese i fiori e li sistemò, poggiandoli sul comodino.
«Per fortuna, sono molto profumati. Camufferanno alla perfezione il mio tanfo» ridacchiò, accarezzando un petalo «sono proprio belli, Cal! Se dovessi tatuarmi qualcosa, sceglierei esattamente dei gigli».
«Un tatuaggio? Sei proprio una ragazzaccia!».
«Non ho detto che lo farò! Riflettevo e basta, Mr simpatia! Resto pur sempre una ragazza dai modi garbati e gentili. Una tutta casa e chiesa» sogghignò.
«Ti ci vedrei con un tatuaggio» sorrise «saprei anche dove».
«Indicami il punto, allora!» lo osservò attentamente «sono curiosa».
Si avvicinò di più a lei, iniziando ad accarezzare la sua pelle. Le tocco il viso, la spalla e il seno. Si fermò e sorrise nel vedere la sua espressione preoccupata. Scosse la testa e lei si tranquillizzò. Riprese a muovere la mano e continuò a scendere, fermandosi all'inguine, fece una smorfia di disappunto e proseguì. Le prese la gamba scendendo pian piano e le accarezzò il piede.
«Qui...» passò un dito sul lato esterno del collo del piede.
Sorrise teneramente. «È proprio il mio punto preferito! Non vorresti qualcosa anche sul mio inguine?» si passò l'indice su di esso, trattenendo una risata.
«Se sei disposta a sentire tanto dolore, potresti farlo lì» sogghignò.
«Sarebbe sexy!» si morse il labbro inferiore «ma lo farei proprio lì, dove hai indicato tu!» lo guardò attentamente «lo hai fatto apposta, vero? Ti piace proprio far impazzire una donna, Caleb Jones! Avresti potuto semplicemente indicare il punto e, invece, preferisci mandare in tilt i miei sensi».
«Assolutamente! Ma adoro far impazzire soprattutto te» le prese il viso con entrambe le mani e la baciò con passione.
Chloe si aggrappò alle sue braccia, lasciandosi trasportare da quel bacio intenso e improvviso. Si beò del suo sapore e sentì di non desiderare nient'altro, a parte lui. Lui che sapeva farla sentire donna, sapeva farla sentire desiderata e amata.
Quel giorno, più di ogni altro, Chloe si rese conto di quanto Caleb, a modo suo, avesse cercato di farle sentire quanto tenesse a lei. Per tutto l'arco della giornata, aveva preferito lei, ad ogni altra cosa. Aveva preferito restare con l'unica donna che lo stava rendendo migliore.
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35 DAYS OF YOU
ChickLitSacramento. California. Samuel Morgan, un ricco uomo spietato, decide improvvisamente di chiudere la sua azienda metalmeccanica vendendola per una cospicua somma e licenziando senza spiegazioni gli ottanta operai. Tre di loro, Caleb Erik e Joseph, o...