GIORNO 8

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Erik quel mattino si preparò un caffè e lasciò dormire ancora un po' Caleb, accendendo la tv. Iniziò a fare zapping e, non appena beccò il telegiornale, alzò un po' il volume ascoltando le ultime news.
«E adesso torniamo sull'argomento che da giorni sta interessando il nostro paese» esclamò la giornalista «il rapimento della figlia del magnate Morgan. Purtroppo non si hanno ancora notizie al riguardo, ma abbiamo contattato sua madre» disse in tono professionale «che ha voluto rilasciare un messaggio a noi, affinché arrivi alle orecchie del o dei rapitori della giovane Chloe».
Erik spalancò gli occhi e scosse Caleb, per farlo svegliare. «Cal, Cal svegliati!».
«Mh...» si mosse appena, senza svegliarsi.
«Cal, Chloe è in pericolo» esclamò, colpendo la sua gamba.
Sussultò, spaventato. «Cosa le è successo?».
Gli lanciò un'occhiataccia. «Guarda qui, eroe!» gli indicò la tv «la madre sta per fare un appello».
Fissò la TV e poi guardò lui. «Vaffanculo, amico» gli diede un calcio alla gamba.
«Ahi!» se la massaggiò «una volta non ti sarebbe importato nulla di quella ragazzina» gli fece notare.
«Sta zitto!» lo ammonì.

Un'altra giovane giornalista alla quale fu passata la parola, sedeva accanto a Samantha in uno studio televisivo.
«Mrs Wilson, dopo sette giorni dalla scomparsa di sua figlia ha deciso di contattare la nostra redazione, per avere la possibilità di dare voce a quanto sta accadendo, provando a convincere o quantomeno tentare di comunicare direttamente con il sequestratore o sequestratori attraverso noi» la ragazza le sorrise «quando se la sente, può guardare lì» le indicò la lucina rossa della telecamera.
La donna fece un profondo respiro e, dopo alcuni secondi, fissò la camera pronta a parlare. «Mi rivolgo a te che hai mia figlia, chiunque tu sia. Sono una madre disperata. Lei è la mia unica bambina ed è la mia ragione di vita. Conosco il mio ex marito e so di cosa è capace, perciò posso intuire la tua rabbia. Ma ti prego, lascia stare la mia bambina. Lei non ha colpe. Lei sicuramente nemmeno sa chi è realmente suo padre» i suoi occhi si inumidirono «per favore, lasciala. Sono disposta a pagare di tasca mia. Non avrò le possibilità economiche di quell'uomo, ma ci proverò. Però ti prego, restituiscimi la mia bambina» scoppiò in lacrime e la giornalista provò a calmarla «ti imploro. Lasciala stare! Contatta me e troviamo un accordo. Io sono disposta a tutto, pur di riavere mia figlia».

«Cazzo!» esclamò Erik, spalancando gli occhi «vuole darci i soldi...» guardò Caleb sorpreso.
«Non ha tutti quei soldi. Lo ha detto lei stessa» si alzò, muovendosi nervosamente «abbiamo ancora un tentativo con quel coglione. Sfruttiamolo».
«Cosa hai intenzione di fare?» gli chiese, abbassando il volume della tv, dopo che il servizio terminò e la linea ripassò allo studio.
Aprì un cassetto e, dopo aver indossato i guanti, estrasse la cassetta. «È arrivato il momento giusto per recapitargli il nostro regalo».
Guardò la cassetta e sorrise beffardo. «La cara Chloe ha da comunicare qualcosa al paparino» terminò il suo caffè e si alzò «e se non cederà nemmeno stavolta, gli invieremo un dito della bella bambina» trattenne una risata, attendendo la reazione del suo amico.
«Che cazzo dici?» lo fissò truce.
Scoppiò a ridere, spintonandolo. «Sta calmo Caleb Jones, non te la tocco la gattina!» scosse la testa divertito «dovresti vederti come ti vedo io. A distanza di una settimana, senti il bisogno continuo di proteggerla... Persino da me» fece una smorfia «fossi in lei, mi reputerei fortunata. Altri non l'avrebbero trattata con i guanti» sospirò «la solita fortuna delle riccone viziate».
«Scusami, ma non ti seguo» si passò una mano tra i capelli «cosa vorresti dire?».
Fece spallucce. «Quello che vedo Cal! Ti passi sempre una mano tra i capelli quando sei imbarazzato o nervoso. Dal momento che non è vero ciò che sto dicendo, non avresti motivo di compiere tale gesto» gli fece l'occhiolino «vuoi che vada io a chiamare suo padre o preferisci farlo tu?!» chiese, cambiando discorso.
«Va tu...» gettò sul tavolo la cassetta e i guanti «vorrei essere presente nel caso Joseph si faccia vedere» gli passò anche le chiavi di casa sua «portami anche qualche vestito. E le sigarette».
Annuì. «Pensi che dovrei donarle una delle mie camicie vecchie, così da tornare in possesso del tuo affezionato maglione, o preferisci di no?!» infilò il giubbotto.
«Va bene così. Prendi magari una delle mie tute. Non può continuare ad indossare quegli abiti lerci» distolse lo sguardo da lui.
Erik trattenne un sorriso. «Hai idea di quanto siano grandi le tue tute? Lì dentro la perderemo» alzò gli occhi al cielo rassegnato «lascerò che sia tu a cercarla...» terminò divertito, abbandonando il casolare poco tempo dopo.
Rise tra sé e sé, restando solo. «Sarà un piacere» andò da lei con un tazzone in mano «buongiorno!» esclamò a gran voce.
Chloe trasalì, sobbalzando. Appena si accorse di chi fosse, gli lanciò il suo orsetto. «Svegli sempre così le tue conquiste?!» lo fissò truce, mettendosi seduta.
La fissò divertito. «No...le sveglio con un buon caffè» le porse il tazzone.
Spalancò gli occhi. «Caffè? Oh mamma che bel buongiorno» allungò la mano impaziente e, non appena lo ebbe davanti, annusò a fondo chiudendo gli occhi. Quando li riaprì, sorrise rilassata «tu non hai idea di quanto mi sia mancato questo profumo».
«Il mio caffè è il migliore in assoluto. Provalo!» la incitò.
Fece come le fu chiesto e lo assaporò per bene, confermando quello che le aveva appena detto. «Sei davvero bravo, devo per forza confermare!» ne sorseggiò ancora, trovandolo delizioso «ed oltre a questo ottimo caffè, non mi delizi con le tue uova insipide e il bacon rigorosamente bruciato?!» chiese, prendendolo in giro.
«Non criticare la mia colazione preferita» fece un verso di disapprovazione «ma se proprio non ti va. C'è un cornetto, di ieri».
«Ti sembro una ragazza da avanzi?» domandò, fingendosi offesa «io sono più una signorina da muffin al cioccolato e cupcake decorati con scaglie di cioccolato bianco o zuccherini a forma di cuore» susseguì, pronta a godersi la sua reazione.
«Allora puoi benissimo fare la fame» afferrò una sigaretta e se la accese.
Alzò un sopracciglio irritata e gli tolse la sigaretta di bocca. «Il fumo passivo uccide più in fretta» gliela gettò per terra, senza alcun timore «per non parlare di quanto male può farti a lungo andare».
«Ehi!» esclamò infastidito «non toccare più le mie sigarette» ne afferrò un'altra, accendendola.
«Altrimenti?!» gliela tolse nuovamente, sfidandolo «cosa fai possente Caleb, mi metti le mani al collo?» la tenne tra due dita, sollevando il braccio «tu proteggi me, io mi assicuro che tu possa continuare a farlo!».
Sbuffò. «Sei l'essere più irritante che io abbia mai incontrato. Escludendo quel coglione» si tocco nervosamente i capelli e se ne andò, tornando subito dopo col cornetto «mangia. Così con la bocca piena eviti di infastidire le mie orecchie».
Lo fissò, cambiando espressione in viso. Prese il cornetto e lo addentò. «Tranquillo, tra qualche giorno o settimana o mese non sarai più costretto a sopportarmi» ribatté acida «e comunque... non sentirti obbligato a trattenerti dal mettermi le mani addosso, dopo quello che è successo ieri. Fino a due giorni fa, era tutto ciò che ti riusciva alla perfezione».
«Zitta non sai stare?» alzò gli occhi al cielo «cosa ne sai tu di me? Non mi conosci, eppure insisti a dire cose che io nemmeno penso».
«Sai cosa ti dico?» posò la tazza vuota sul comodino, emettendo un tonfo «che io zitta non ci sto! Mi spiace se questo urta la sua sensibilità, Mr Spaccone. Se volevi preservare i tuoi timpani, avresti dovuto rapire una di quelle bambole gonfiabili che fanno compagnia a voi uomini forzuti nelle notti senza sonno!» sbottò, incrociando le braccia «ho mandato all'aria i tuoi piani, vero? Ti aspettavi una piagnucolona viziata e, invece, sono esattamente il genere di donna che non sceglieresti mai!».
«Mi complimento» batté le mani con sarcasmo «mai sceglierei una scassa timpani come te».
«Oh, sì certo! Scommetto che se tornassi indietro, sceglieresti di rapire un pesce pagliaccio!» sbuffò stizzita «anche io avrei preferito non incontrarti lungo il mio cammino, sai? Di certo, non avrei mai potuto scegliere qualcuno come te che mi rovinasse l'esistenza! E, invece, mi ritrovo tra queste mura, a sottostare ai tuoi ordini! Tu decidi se devo mangiare, bere, svegliarmi. Tu decidi se devo star zitta o parlare. Eppure, non ti accorgi di una cosa importante... Hai la mia vita tra le mani da ben sette giorni e la stai calpestando continuamente. Fossi in te, ne andrei davvero fiero!» terminò con finto sarcasmo.
Quelle parole lo colpirono in pieno, come un uragano. Si sentì ferito, perché sapeva che stava distruggendo la vita di questa ragazza. Abbassò lo sguardo, che diventò triste e cupo.
«M-mi...mi dispiace» riuscì a sussurrare.
Chloe lo guardò spiazzata. Avvertì una stretta al cuore e restò in silenzio, sentendosi in colpa per le parole forti che aveva appena usato nei suoi confronti. Caleb era sempre riuscito a proteggerla, nonostante tutto. Eppure, ammettere di essergli riconoscente le riusciva ancora difficile.
«I-io... Non volevo davvero dire quelle cose. È la disperazione a farmi parlare il più delle volte. Credo!» sospirò dispiaciuta, posando la sua mano su quella di Caleb, dopo qualche secondo di esitazione.
Lui spalancò gli occhi per quel gesto. «Tu dovresti avere paura di me. Perché non ne hai?» sapeva che quella domanda era rivolta più a sé stesso che a Chloe.
«Perché tu sai proteggermi. Siamo un continuo battibeccare noi due. Eppure, non cambierei quei momenti nemmeno se riavessi la mia libertà» ammise, senza indugio.
«Cosa?» la fissò interdetto «tu non sai cosa dici!» allontanò la mano «tu non te ne rendi conto! Dici solo stupidaggini» fu travolto dal nervosismo.
Sussultò, abbassando lo sguardo. «Hai ragione, non so cosa dico!» rispose, capendo di non contare nulla per lui «so solo che, se tu non ci fossi stato, avrei faticato a sopravvivere» alzò lo sguardo verso di lui, non riuscendo ad incontrare quegli occhi che non sapevano mentire «io non potrò più dimenticare il tuo viso... Nemmeno se lo volessi! Esso sarà sempre tutto ciò che mi ricorderà di quanto sia stato facile resistere a questo inferno».
Il respiro gli si fece affannoso. Erik lo aveva messo in guardia, eppure lui si era avvicinato lo stesso troppo al sole. E si era bruciato.
«Tu sei una ragazzina completamente pazza» senza darle la possibilità di risposta, la abbracciò stretta a sé «nonostante tutto, io cercherò di proteggerti».
Chloe smise di respirare e restò immobile, non riuscendo a contraccambiare. Sentì il cuore scoppiarle dentro e, prima che lui potesse staccarsi, affondò il viso nel suo collo, prendendosi tutto ciò che quell'istante le stava regalando.
«Nonostante tutto, io farò in modo che tu non smetta di proteggermi» gli sussurrò all'orecchio, accarezzando con la tempia il suo zigomo.
Si staccò riluttante da quell'abbraccio e le prese il viso con entrambe le mani. «Oggi tua madre è apparsa in tv» ammise «vuole pagare lei, ma io ho capito che non ha i soldi necessari per farlo».
Spalancò la bocca, sgranando gli occhi. «M-mia madre?» proferì, sconvolta «p-perché lei? Cosa sta succedendo, Caleb?» chiese, mentre gli occhi le si riempivano di lacrime.
Scosse la testa. «Vuole negoziare con noi» disse semplicemente.
Si staccò dalla sua presa. «Perché lei? Perché non mio padre?» lo fissò gelida «se è arrivata a tanto, non è tutto ciò che sai».
Contrasse la mascella, senza rispondere.
Lei sgranò gli occhi, intuendo dal suo sguardo cosa stava accadendo alle sue spalle. «Me lo hai detto, perché speri che io possa darti informazioni a riguardo?» proferì scostante, sapendo già la risposta «non li ha tutti quei soldi!» disse di getto, fissandolo in modo freddo e distaccato.
Si allontanò da lei. «E allora perché vuole questo accordo?».
«Perché sa di potersi procurare la somma» rispose «e a te è l'unica cosa che interessa!» susseguì, provando un senso di fastidio inspiegabile.
«Bene...» afferrò la tazza e uscì dalla stanza, senza dare altre spiegazioni.
Restò a fissare il vuoto e un pensiero andò a sua madre, sentendosi persa. «Oh mamma, non farlo!» disse tra sé, portandosi le mani al viso. Iniziò a piangere, dando una risposta alla domanda che la affliggeva da una settimana. Faticò a credere che suo padre potesse davvero preferire i soldi alla sua vita, provando un dolore immenso. Ora, la sua libertà, dipendeva da sua madre.

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