Erik quella mattina lasciò casa di sua madre verso le 7.00 e iniziò a passeggiare per le vie del centro, assicurandosi di non essere seguito da qualcuno.
Caleb, nel frattempo, aprì gli occhi osservando Chloe. Le posò un delicato bacio sulla fronte e si mosse piano, per non svegliarla. La coprì meglio con il lenzuolo e afferrò il cellulare, uscendo dalla stanza. Cercò il numero di Erik in rubrica e lo contattò, sperando fosse sveglio.
«Amore, sarò da te non appena mi sarò assicurato di portarti una squisita colazione» rispose lui, sogghignando.
«Wow, quanto affetto questa mattina» rise «acquista anche un muffin al cioccolato e una candelina».
Restò in silenzio per alcuni istanti. «Per il muffin non ci sono problemi. È la candelina a preoccuparmi. Hai deciso di appiccare un incendio?».
«Sì, con te dentro!».
Scoppiò a ridere. «Ho capito, non chiedo altro! Devo acquistare anche il regalo?» chiese divertito, senza capire il motivo di tale richiesta.
«Se ti va...» lasciò la frase in sospeso.
«Mi va! Ma dovresti dirmi cosa o per chi»fece una pausa«hai conosciuto una su qualche chat erotica stanotte, per caso? Sei alquanto misterioso, amico mio».
«Già! Miagola e fa le fusa» sogghignò «ci sei arrivato adesso?».
Spalancò gli occhi. «È il suo...?» non terminò la frase e sorrise poco dopo «croccantini per tutti, allora! Tra un'ora sono lì, faccio tutto io» chiuse la chiamata e si precipitò in pasticceria, iniziando a scegliere uno tra i muffin migliori.
Acquistò anche altre cose e verso le 9.30 arrivò da Caleb.
«Quando cazzo pensavi di dirmelo?» esclamò, entrando in cucina e fissandolo truce.
Lo invitò ad abbassare la voce. «Non ne ero a conoscenza. L'ho saputo ieri sera» fece spallucce «hai trovato tutto?».
Annuì. «Dovrai gonfiare i palloncini e indossare questo» gli mostrò un cappellino con su scritto 'Happy Birthday' «e non dovrai obiettare! Chloe deve ricevere la festa migliore che possiamo darle».
«Stai scherzando, spero! Io non indosserò mai questo aggeggio» afferrò i palloncini, iniziandoli a gonfiare.
Gli lanciò un'occhiataccia. «E invece lo farai, grandissima testa di cazzo! E sai perché?! Perché tu ami quella donna e imparerai a trattarla come merita!» sbuffò, mostrandogli una bustina «non è il massimo del regalo, ma è tutto ciò che potevo permettermi. Sono stato in uno di quei negozi di souvenir, presenti sulla spiaggia» spiegò «questo sarà il regalo che le consegnerai tu! Perché lei lo vuole da te».
Afferrò il pacchetto. «E...cosa c'è qui dentro?».
«La tua gattina!» rispose semplicemente, mostrandogli il muffin che aveva acquistato.
«Peccato! Speravo fosse qualcosa di erotico» esclamò sarcastico, continuando a gonfiare i palloncini «hai trovato Joseph in giro?».
Annuì. «Come sempre dalla tua cameriera. Perché?!» lo guardò, togliendo la candelina dal sacchetto.
«Perché spero che non si faccia vivo proprio oggi» contò i palloncini «penso che bastino!».
«Era fin troppo ubriaco per trovare la strada che conduce qui! Se si presenta, sarò ben lieto di rimandarlo da quella troia a calci in culo» osservò i palloncini e annuì «va benissimo così» posizionò la candelina sul muffin «quando tutto sarà finito e tu passerai il resto della tua vita a cercarla...» lo guardò «perché so già che cercherai quella ragazza, anche se ci impiegherai vent'anni a ritrovarla...» sospirò «ricordati di comportarti come un degno fidanzato! Perché, fattelo proprio dire Caleb Jones, tu non sai un cazzo del romanticismo e di tutti quei gesti importanti che fanno star bene una donna».
«Guarda che l'idea del muffin con la candelina l'ho avuta io» alzò gli occhi al cielo «per me hai esagerato. È pur sempre una nostra vittima!».
«Disse l'uomo che acquistò per lei slip modello brasiliana» gli lanciò contro il sacchetto vuoto «tu fai strane fantasie sulla tua vittima, e io sarei l'esagerato?!».
«Ha un gran bel culo. Non potevo farle indossare delle mutande da nonna» fece spallucce.
Lo fissò attentamente. «E quando ti saresti soffermato sul suo culo, tu?!».
«Un giorno!» sogghignò.
Spalancò la bocca. «Non sarà stato il giorno che penso io, spero! Cal, sei un porco!» scoppiò a ridere «per fortuna è protetta dalla tua tuta, o chissà quante fantasie avresti continuato a farti su di lei» gli passò il muffin, afferrando il cappellino per poi indossarlo.
Lui lasciò il suo sul tavolo e, afferrato anche il sacchetto, si diresse verso la porta. «Entra per primo» accese la candelina col suo accendino.
«Quanto sei stronzo, Caleb Jones!» lo fissò truce «dovevi indossare anche tu il cappellino» alzò gli occhi al cielo rassegnato e aprì la porta, trovando Chloe sul letto che si stiracchiava «buongiorno donzella. Qualcuno ci ha informati che oggi è il suo giorno speciale» disse, facendole un ampio sorriso.
La ragazza si strofinò gli occhi e, non appena notò Erik con il cappellino, scoppiò inevitabilmente a ridere, battendo le mani. «Ma sei bellissimo così!» restò sorpresa, lanciando un'occhiata alle sue spalle, non trovando Caleb.
Lui restò qualche altro secondo all'esterno. Fece un profondo respiro e iniziò a canticchiare 'Happy Birthday', entrando anche lui nella stanza.
Chloe spalancò gli occhi e si godette quel momento per Caleb imbarazzante, ridendo di gusto. «Wow, ma che bravo cantante!» disse, osservando il bellissimo muffin.
Erik cantò a sua volta, avvicinandosi a lei. «Devi esprimere un bel desiderio adesso» proferì, sorridendo.
«Un desiderio fattibile però» sorrise Caleb, porgendole il piccolo dolce.
Lei lo guardò e, dopo alcuni secondi, chiuse gli occhi, desiderando l'amore di colui che aveva davanti a sé. Soffiò sulla candelina e batté ancora le mani, avvicinandosi ai due.
«Grazie mille! So quanto vi stia costando essere dolci e disponibili oggi» baciò sulla guancia Erik, abbracciandolo poco dopo «e so che lo hai costretto tu!» gli sussurrò, ridacchiando.
Il ragazzo rise, ricambiando il suo abbraccio. «Per me non è stato affatto faticoso organizzare il tutto» la rassicurò, lanciando un'occhiataccia al suo amico.
Chloe si staccò e andò da Caleb, toccandosi una ciocca di capelli, imbarazzata. «E grazie anche a te, burbero sequestratore» poggiò una mano sul suo braccio, alzandosi sulle punte. Gli diede un bacio sonoro sulla guancia e prese tra le mani il suo muffin, addentandolo.
«È grazie a me se hai avuto questo trattamento!» si finse offeso «io ho riferito a questo stupido che oggi è il tuo compleanno» le porse il piccolo sacchetto «omaggio della casa».
La ragazza alzò gli occhi al cielo e Erik gli pestò un piede, facendo scoppiare a ridere Chloe. Lasciò il muffin sul comodino e prese il sacchetto, guardando cosa conteneva. Appena tolse l'oggetto dalla bustina, spalancò la bocca, ritrovandosi tra le mani un braccialetto di metallo, con un gattino posto al centro. Accarezzò quel charme con dolcezza, alzando lo sguardo verso Caleb.
«È-è bellissimo!» gli porse il suo polso «non lo toglierò più».
Sorrise teneramente, allacciando il braccialetto. «Un gattino per una micetta» le accarezzò il viso «buon compleanno!» le si avvicinò e le lasciò un tenero bacio sulla guancia.
Erik li guardò e sorrise, notando Chloe rossa in viso. Lei accarezzò ancora una volta il suo gattino e riprese tra le mani il muffin, mettendolo davanti alla bocca di Caleb.
«Devi mangiare un po' di torta o porterà sfortuna alla festeggiata» fece spallucce.
Fissò il dolce e tirò un piccolo morso. «Mh...buono!».
Lei ridacchiò e fece lo stesso con Erik, che lo addentò quasi subito. «Spero ti sia piaciuta questa sorpresa» le disse, sorridendo con dolcezza.
«Era esattamente questo quello di cui avevo bisogno. Grazie Erik» ricambiò il suo sorriso, notando un po' di malinconia negli occhi di Caleb. Sospirò e fece finta di non averlo recepito, sedendosi poco dopo sul letto «ma... Una vera festa che si rispetti, necessita di palloncini» lanciò uno sguardo a Caleb «cosa ne pensi, sequestratore?».
«Già... Cosa ne pensi?» ripeté Erik, sogghignando.
«Penso che ho consumato fin troppo ossigeno per te» si allontanò e tornò subito dopo con ventidue palloncini, gettandoglieli addosso.
Cacciò un urlo di gioia, saltellando come una bambina. Corse da lui e gli saltò addosso, aggrappandosi al suo collo. «So quanto questo ti pesi, ma grazie!» gli diede un bacio sulla guancia, tornando giù poco dopo, per non dargli modo di rispondere. Ringraziò anche Erik e il ragazzo le accarezzò il viso, sentendo una stretta al cuore.
«Dimmi cosa desideri mangiare, Chloe» le chiese lui, ingoiando a fatica.
«Oh, qualsiasi cosa andrà bene, davvero... È già tanto tutto questo» rispose, spostandosi una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Scosse la testa. «È il tuo compleanno, devi assolutamente avere un pranzo decente».
«Ok, allora...» lanciò uno sguardo a Caleb «vorrei hamburger e patatine fritte» rispose, tornando ad osservare Erik.
Lui annuì e si diresse alla porta. «Vado io o preferisci andarci tu?!» chiese al suo amico.
«Mandiamo lei, che ne pensi?».
Lo fissò truce. «Ho capito, vado io!» bofonchiò, aprendo la porta poco dopo.
Chloe li guardò divertita e ridacchiò, afferrando tra le mani un palloncino. «Hai davvero gonfiato tutti questi palloncini, con la sola forza dei tuoi polmoni?» gli chiese, lanciandone uno in aria.
«Ehi, sarò anche un fumatore ma ho molto fiato!» mise il broncio.
«Me ne hai appena dato conferma, Mr simpatia!» sogghignò «sei bello anche quando metti il broncio» ammise, osservandolo «ma io amo molto di più il suono della tua risata» gli lanciò un palloncino, prendendolo in giro.
«A me invece piace il silenzio» glielo restituì con un colpo di mano.
Lo fissò truce, scoppiando quel palloncino non appena riuscì ad afferrarlo. «Dovresti essere meno burbero in questo giorno» sospirò «lo hai scelto tu?» gli chiese, toccandosi il braccialetto.
«Lo ha scelto Erik» ammise «ma lo ha scelto bene! In fondo tu sei la mia gattina, o sbaglio?».
Annuì. «Dimmi la verità, non hai voluto indossare il cappellino anche tu!» lo fissò severa, prendendo tra le mani quello che Erik aveva lasciato sul materasso.
«Cos'è questo forte bisogno di rovinarti il giorno del tuo compleanno?».
«H-ho solo chiesto...» disse semplicemente, restandoci male «pensavi di risultare troppo ridicolo e meno spaccone?» chiese, giocherellando con il laccetto.
«Rischiavo di risultare meno pericoloso» lo fissò truce.
Restò in silenzio e, poco dopo, scoppiò a ridere. «Non sembri affatto pericoloso. E sono sicura che non lo saresti stato nemmeno con questo sulla testa» lo prese in giro «grazie per avermi regalato questo giorno, Cal».
«Tranquilla, domani tornerai a nutrirti di pane e acqua» sogghignò «non sei di certo in un hotel a cinque stelle».
Fece spallucce. «Ma sono con uno degli uomini più richiesti della città. Molte donne mi invidierebbero, se sapessero».
«Siamo noi quelli invidiati» sorrise e le andò vicino, si sedette accanto a lei e posò la testa sulle sue gambe «l'ultima volta che ho festeggiato il mio compleanno, avevo cinque anni. Ecco perché sono un po' restio su tutte queste cose» indicò i vari palloncini.
Un po' titubante, mise una mano nei suoi capelli e glieli accarezzò tra le dita, avvertendo una stretta al cuore. «Solo cinque anni?» chiese, in un sussurro «i tuoi genitori non hanno potuto festeggiarti dopo?» domandò, provando a farlo aprire.
«Erano più occupati a fare altro» disse semplicemente.
Sospirò, incupendosi. «Oh, Cal...» si piegò in avanti, baciandolo sulla fronte «hai così tanta rabbia dentro di te» accarezzò il suo viso, amando ancora di più quel ragazzo tanto fragile, che si sforzava di apparire scontroso e aggressivo «posso chiederti quanti anni hai?».
«Tu quanti me ne dai?» la osservò.
Lo guardò attentamente. «Mh... direi un quaranta portati con discrezione» rispose, trattenendosi dal ridere.
«E poi sarei io la bestia!» sbuffò rumorosamente «ne ho trentatré».
Ridacchiò, passando le dita tra le ciocche bionde e perfettamente curate. «È tempo di mettere su famiglia, allora! Dovresti mantenere il fascino del bello e dannato, per almeno...» finse di pensarci su «per almeno altri due anni» accarezzò le sue labbra con il pollice «ed io che credevo fossi brutto e rugoso...» sorrise teneramente, salendo con le dita verso i suoi occhi «nonostante tu non riesca ad amare i compleanni, hai voluto regalarmi questo giorno. Hai fatto molto più tu in questi dieci giorni, di quanto abbia fatto mio padre per anni. Porterò questo compleanno nel mio cuore, Cal!».
«Significa che in questo gran casino, qualcosa di buono l'ho fatto anche io» baciò le dita che toccavano le sue labbra.
«Tu lo hai fatto dal primo momento, Cal! Lo hai fatto continuamente... Anche quando ti esasperavo e perdevi la testa, i tuoi occhi dicevano altro. Li ho amati dal primo istante, solo non potevo rendermene conto» lo guardò con estrema dolcezza «voglio che tu sappia che se un giorno avrai voglia di sfogarti mi ritroverai ad ascoltarti».
Le sorrise teneramente. «Lo terrò a mente» socchiuse gli occhi e all'improvviso udì dei rumori provenienti dall'esterno.
Scattò in piedi e, tranquillizzata Chloe, uscì dalla stanza. In quel preciso istante, Joseph entrò.
«Che cazzo ci fai tu qui?» gli si parò davanti.
«Cosa ci faccio qui?» gli scoppiò a ridere in faccia, poggiandosi allo stipite «hai avuto o no la somma da quella troia?» chiese, lanciando uno sguardo alla porta dove era Chloe «perché ho come la sensazione che tu voglia fottermi».
«Non abbiamo un cazzo di niente!» gli ringhiò contro, notando i suoi sguardi «non ci pensare nemmeno».
«A cosa?» si prese gioco di lui, leccandosi le labbra «di cosa hai paura, gorilla Caleb?» lo spintonò all'improvviso, entrando in casa e muovendosi senza fretta.
Lo seguì, superandolo. Notò il tovagliolo della pasticceria e lo afferrò nell'immediato, mettendolo in tasca. Si voltò verso lui e lo bloccò.
«Hai combinato solo casini e vuoi i soldi!» lo fissò truce «non me ne frega un cazzo. Se vuoi la tua parte, la avrai. Ma tu non dovrai avvicinarti mai più a quella porta».
Joseph lo fissò con cattiveria e mise una mano nella tasca, afferrando il suo taglierino. Lo estrasse e glielo mise davanti al viso, puntandogli la lama al collo. «Ascoltami bene, testa di cazzo. Se solo volessi, ti taglierei la gola in questo preciso istante» i suoi occhi si fecero malvagi «forse dimentichi quanto io sia pericoloso se voglio. Non ho paura di finire in galera, né di sporcarmi le mani col tuo fottuto sangue» premette la lama sulla sua pelle «vedi di recuperare alla svelta la somma o te la sgozzo quella cagna» esclamò con rabbia, contraendo la mascella.
«Perché non mi ammazzi? Eh? Perché non lo fai?» lo fissò con aria di sfida «credi di farmi paura?».
Erik tornò e si accorse del furgone parcheggiato, spalancando gli occhi e temendo per l'incolumità di Caleb e Chloe. Si precipitò all'interno e lasciò cadere la busta sul pavimento, recandosi velocemente in cucina, attratto dalle voci. Quando vide Joseph puntare il coltellino a Caleb, un lampo attraversò i suoi occhi.
«Ma che cazzo stai facendo, stronzo» urlò, arrivando alle spalle di Joseph. Lo afferrò per il giubbotto e lo sbattè a terra, diventando una furia «vattene da qui! Sparisci, pezzo di merda».
Joseph si rialzò, provando a ferire Erik sulla mano. Non riuscendoci, puntò la lama nuovamente verso Caleb. «Voglio quella somma! O la tua puttana morirà» lo minacciò «e prima che muoia, mi assicurerò che soffra come un cane» si poggiò allo stipite, recandosi all'uscita barcollando.
«Erik!» andò verso lui «ehi, amico. Tutto ok?».
Annuì, stringendo la mano in un pugno. «Non deve permettersi di tornare qui a minacciarti, o giuro che quella lama gliela ficco in gola!» esclamò furioso.
«Va tutto bene. Non mi sarei fatto ammazzare da quello» sorrise «quella merda non avrà mai la sua parte».
Batté un pugno sul tavolo. «Che cazzo pensava di fare, sgozzarti?! Non sa nemmeno fottersi una donna a dovere e pensa a fare il teppista del cazzo».
«Sarà per questo che non mi sopporta» disse per farlo sorridere.
Scoppiò a ridere, spintonandolo. Lo guardò e circondò con il suo braccio le sue spalle, sospirando. «Se toccano te, devono vedersela con me, Caleb Jones. Non dimenticarlo mai».
«Amore mio!» finse di piangere «mi commuovi».
«Ok, finché si scherza posso accettarlo. Ma il nostro rapporto sta prendendo una piega inaspettata» si finse disgustato «non sono pronto a dire a Chloe di noi due».
«Viviamolo in gran segreto!» rise e vide la sagoma della madre di Chloe in tv «guarda!».
Erik corrugò la fronte, afferrando immediatamente il telecomando. Alzò il volume e ascoltarono attentamente.
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35 DAYS OF YOU
ChickLitSacramento. California. Samuel Morgan, un ricco uomo spietato, decide improvvisamente di chiudere la sua azienda metalmeccanica vendendola per una cospicua somma e licenziando senza spiegazioni gli ottanta operai. Tre di loro, Caleb Erik e Joseph, o...