Erik arrivò al casolare intorno alle 9.00 del mattino e notò residui di acqua provenienti dalla doccia, pensando ad una perdita avvenuta durante la notte. Entrò e trovò Caleb intento a prepararsi la colazione.
«Ho portato i cornetti» disse, posando il sacchetto sul tavolo «cosa è successo alla doccia lì fuori, una perdita o l'hai usata tu?».
«L'ho usata io. Ghiacciata» mise il caffè nelle tazze «hai visto Joseph?».
Scosse la testa. «Non l'ho visto, ma sentito. Sarà qui tra poco» rispose, addentando un cornetto «non hai più acqua a casa?!» chiese, corrugando la fronte.
«Non vado direttamente a casa!» prese due cornetti, addentandone uno «spero sia sobrio».
«Non lo sapremo fino a quando non lo avremo davanti» fece spallucce.
«Salve a tutti, belli e brutti» esclamò Joseph, varcando la soglia pochi minuti dopo.
Entrò in cucina e vide i due seduti al tavolo, facendo una smorfia «colazione a lume di candela?!» rise, poggiandosi allo stipite.
«E tu l'hai appena rovinata!» Caleb gli lanciò un breve sguardo.
Si avvicinò a lui e gli tolse di mano un cornetto, addentandolo. «Oh, quanto mi dispiace...» gli rise in faccia, prendendosi gioco di lui.
«Non iniziate voi due. C'è una lunga mattinata da affrontare» ribatté Erik, sospirando.
«Sei già ubriaco?» bevve il caffè tutto d'un sorso.
«Sono solo felice. Ho scopato la tua troia anche ieri notte» gli comunicò, sedendosi sul divano «dovevo scegliere... O lei o la tua gattina».
«Non rompere il cazzo coglione!» sbottò Erik, afferrandolo per il giubbotto «per colpa tua e del tuo fottuto comportamento, abbiamo rischiato la galera. Se quella mocciosa riusciva a scappare, eravamo tutti e tre nella merda» lo strattonò, mollando poco dopo la presa.
«Tu ci stai creando troppi problemi» si alzò Caleb «non sei affidabile! Quindi cerca di sghignazzare meno. Perché non c'è nulla da ridere».
«E invece tu?! Tu che tratti quella puttana con i guanti, cosa sei? Dovevi riempirla di botte, dovevi darle una lezione e, invece, quel visino lo hai lasciato immacolato. O sbaglio?» si alzò, mettendosi davanti a lui «hai osato umiliarmi davanti a lei, ieri sera. Stai molto attento Caleb Jones, potresti seriamente pentirti delle tue azioni».
«Ti sei umiliato da solo, non appena ti ha steso. E ti umili ogni qualvolta vieni qui ubriaco» mantenne lo sguardo fisso nel suo «lei ci serve per i soldi, non per gli impulsi. Non siamo di certo criminali».
«Se voglio sfregiarla, io la sfregio. Se voglio rovinarle quel bel faccino, io glielo rovino. Gliela riporto a pezzi al caro Morgan!» lo sfidò.
«Cal, il tuo turno è finito» intervenne Erik, allontanandolo da Joseph «adesso ci calmiamo tutti e ne riparliamo quando avremo la completa facoltà di intendere e volere» lo persuase «lascia perdere, non sta ragionando. Non è lucido» gli disse all'orecchio, dandogli una pacca sulla spalla.
«Tienilo d'occhio. E che non si avvicini a lei» afferrò le sue cose «io mi fido di te» andò via.
Erik lo spinse sul divano e scosse la testa. «Fatti curare! Questa storia ti ha reso una bestia» lo guardò con delusione, recandosi in bagno.
«Fottiti stronzo! Cosa sei, il suo cagnolino?!» gli urlò contro, stappandosi una birra.
Caleb fece un giro della città, per esaminare la situazione generale. Le pattuglie della polizia erano in continuo movimento, sperando di trovare il minimo indizio che li portasse dai rapitori. Fece un sorriso amaro e rientrò a casa sua. Andò in bagno e, davanti allo specchio, rimosse il cerotto fissando il piccolo taglio che pulsava al ricordo del contatto di Chloe.Nel primo pomeriggio, Erik si gettò sul divano e si appisolò, senza rendersene conto. Joseph, uscito dal bagno, entrò in cucina e notò il suo amico addormentato davanti alla tv. Lanciò uno sguardo alla porta dove vi era Chloe e fu travolto dall'impulso di andare da lei, approfittando di quel momento di assoluta calma.
Ci pensò su ancora un po' e, passandosi nervosamente una mano sulla fronte, si precipitò dalla ragazza, indossando il suo passamontagna e i guanti. Aprì la porta silenziosamente ed entrò, trovando Chloe addormentata e stretta al suo peluche.
«Ciao bambina» sussurrò, accarezzando il suo seno attraverso la camicetta. Si piegò sulle ginocchia e ispirò bruscamente, quando con le dita sfiorò il suo ventre «hai fatto proprio la cattiva. Ed ora pagherai per i tuoi errori e quelli di quel coglione» digrignò i denti, annusando i suoi capelli che, stranamente, gli parvero profumati e puliti.
Chloe si mosse appena e aprì gli occhi, incontrando quelli di Joseph vicinissimi al suo viso. Sussultò e si allontanò di poco, non capendo di chi si trattasse. «C-cosa vuoi?!» chiese spaventata.
«Voglio te, lurida sgualdrina» rispose pieno d'odio e rancore. Le afferrò la camicia con due mani e gliela strappò, scoprendole il seno chiuso nel suo reggiseno nero di pizzo.
La ragazza spalancò gli occhi e tentò di urlare, vedendosi bloccata dalla mano di Joseph che glielo impedì nell'immediato. Compì uno scatto in avanti e le salì addosso, baciandole il collo con foga, mentre lei provava a ribellarsi. Emise dei mugolii sordi e si sentì impotente di fronte a quell'uomo che, con forza, teneva il suo corpo premuto sul materasso. Affondò le unghie nel passamontagna e riuscì a graffiarlo, facendogli emettere un verso di dolore, trattenuto poco dopo per non farsi sentire da Erik. Le sferrò uno schiaffo in pieno viso e le sbottonò il jeans con una mano, continuando ad insultarla.
«Sei solo una troia che merita di essere scopata senza pietà» disse al suo orecchio a denti stretti, infilandole le dita oltre lo slip.
Chloe continuò ad urlare contro quel guanto nero che le comprimeva il viso e, non appena lui allentò di poco la presa colto da distrazione, lei allungò la mano verso il comodino e afferrò la bottiglietta piena d'acqua, colpendolo sul braccio e sulla testa. Joseph a quel punto urlò e si portò la mano alla testa, permettendole di chiedere aiuto.
«Aiutatemi vi prego, aiutatemi!» urlò con tutto il fiato che aveva in gola, ricevendo un altro sonoro schiaffo da Joseph. Scoppiò in lacrime e lo implorò di smetterla, dimenandosi e colpendolo con le mani sull'addome.
Erik, sentendo quelle urla, si alzò di scatto e si precipitò nella stanza della ragazza, restando sconvolto.
«Ma cosa cazzo fai?!» lo afferrò per il giubbotto e lo scaraventò a terra, travolto da un senso di protezione verso di lei «noi non siamo bestie, stronzo» lo afferrò nuovamente e lo spinse verso il muro davanti a loro, facendolo uscire da quella stanza. Chloe, sconvolta, si lasciò cadere sul pavimento e indietreggiò verso un angolo della stanza, terrorizzata.
«È una puttana e l'ho trattata come tale» ribatté, portandosi una mano sul labbro sanguinante.
«Vattene, fuori di qui» urlò fuori di sé Erik, spintonandolo con rabbia fino alla porta d'ingresso. Gli sferrò un calcio e lo fece cadere, intimandogli di sparire immediatamente dalla sua vista.
Joseph continuò a inveire contro il suo collega e restò per terra ancora un po', rialzandosi barcollante poco dopo.
Erik, in preda al panico, afferrò il cellulare e chiamò Caleb, visibilmente scioccato.
«Ehi...mi hai svegliato» esclamò assonnato.
«Cal... » fece una pausa «la tua gatta» contrasse la mascella e si passò una mano sul viso, faticando a continuare «il gatto nero ha tentato un approccio. Sarà meglio che tu venga qui».
«Cosa?» scattò dal letto «arrivo immediatamente» chiuse la chiamata e, in preda ad una rabbia sempre più crescente, raccolse le sue cose e uscì di casa. Si diresse al casolare a passo spedito e non appena arrivò, spalancò la porta.
«Dove cazzo è?» urlò, guardandosi intorno.
«Non c'è! L'ho mandato fuori di qui a calci in culo. Lei... Lei non sta bene» lo informò, dispiaciuto.
«Che le ha fatto?» lo fissò truce «e tu dov'eri?».
«I-io... Non potevo sapere. Mi sono appisolato solo per pochi minuti Cal» si giustificò «ha tentato di abusare di lei» confessò, sospirando.
«Lo ammazzo» urlò con tutto il fiato che aveva «vado da lei! Tu assicurati che non metta piede qui dentro» cercò il passamontagna «dove cazzo l'ho messo?».
«Prendi il mio» glielo lanciò «io mi assicurerò che non torni qui dentro» lo rassicurò.
«Grazie!» lo indossò e andò da lei. Si guardò intorno e, non appena la vide in un angolo della stanza, le si avvicinò pian piano.
Chloe, appena vide quell'ombra, scosse la testa terrorizzata. «Vattene, vattene! Non toccarmi» urlò tutto d'un fiato, rannicchiandosi ancora di più.
Si bloccò. «Ehi...sono io» sfilò il passamontagna, gettandolo a terra.
Smise di parlare, fissandolo con gli occhi pieni di lacrime. Si alzò lentamente, restando incollata al muro e si strinse nella sua camicia, sentendosi nuda di fronte a lui. Caleb sfilò il maglione, restando a petto nudo, e glielo porse.
Osservò quel maglione e un po' titubante lo afferrò, coprendosi il petto. «Perché mi hai lasciata sola?» chiese con un filo di voce, stremata e affranta.
«Mi dispiace» scosse la testa «ero tranquillo perché sapevo che non lo avevo lasciato solo. Ha approfittato di un momento di distrazione del mio amico» restò a debita distanza.
Si staccò dal muro, facendo un passo in avanti. «Il suo alito, lo sento su di me» si sfregò il collo con la mano, tentando invano di levare via quella puzza di alcol che aveva ancora nelle narici «le sue dita. Lui le ha messe lì... » spiegò, singhiozzando «e tu non c'eri... Tu non c'eri!» gli urlò contro, andando da lui e picchiando il suo addome con rabbia e dolore «tu glielo hai permesso. Glielo hai permesso» urlò ancora, sfogando tutta la sua angoscia su quel corpo nudo, che provava ad attutire ogni suo colpo «ti odio, ti odio, ti odio» si fermò, poggiando la fronte sul suo addome, calmandosi poco dopo «ti odio...» sussurrò, chiudendo gli occhi, mentre il profumo di Caleb entrava nel suo naso, tranquillizzandola.
«Mi dispiace davvero» avvolse le sue braccia intorno a quel corpo tremante e la strinse a sé «d'ora in poi sarò io ad occuparmi di te. Quell'uomo non ti si avvicinerà più».
Si strinse a lui, abbracciando la sua vita. «Volevo fossi tu...io ho creduto che fossi tornato da me» sussurrò, amando profondamente quel senso di sicurezza che solo lui riusciva a trasmetterle.
«Io?» la guardò interdetto «non oserei mai toccarti. Mi consideri una bestia, ma non sono quel genere di bestia».
«Tu non mi guardi... Non mi hai mai vista. Io sono solo un mezzo per arrivare ai tuoi soldi. Tu non mi...» si bloccò, staccandosi da lui. Lasciò che il maglione cadesse sul pavimento, mostrandogli i segni di quella tentata violenza.
«È tutto finito, Chloe» fissò quella camicetta strappata e sentì nuovamente la rabbia crescergli dentro «calmati adesso. Hai bisogno di riposo» recuperò il maglione «non lo vuoi?».
Annuì, sfilandosi la camicetta e restando solo con il reggiseno davanti a lui. Non mostrò imbarazzo né timidezza. Tolse dalle mani di lui il maglione e lo infilò, abbracciando quel tessuto morbido e profumato. Lui sorrise e la accompagnò al letto, facendola stendere. Le accarezzò la guancia che presentava i segni degli schiaffi e si rattristò.
«Ti fa tanto male?».
Affondò il viso in quella mano grande e annuì appena. «Un po'...» sussurrò, notando solo ora i tatuaggi che Caleb aveva su quel corpo scolpito e perfetto.
Sul fianco destro, Chloe osservò l'immagine di un grande drago che sputava fuoco. Salì con lo sguardo sulle sue braccia e notò un tribale maori sulla spalla sinistra, che ricopriva gran parte di essa, scese ancora e notò un ultimo tatuaggio, che presentava un tao disegnato al centro del suo polso.
«Mi piacciono i tuoi tatuaggi...» proferì, accarezzando con la guancia dolorante il suo palmo.
«Mi stai studiando troppo» sorrise «hai intenzione di fare una descrizione perfetta di me alla polizia?».
«Forse...» ridacchiò appena, dimenticando per un attimo l'orribile esperienza «sapevi che mi avresti incontrata, quando hai deciso di tatuare questo?» accarezzò con l'indice il tao, percorrendone poco dopo i contorni.
Guardò il suo tatuaggio. «No, perché?».
«Perché noi siamo esattamente questo... Il bene e il male» gli spiegò, coprendo poco dopo il tatuaggio con la sua mano «resta qui, ok?» chiuse gli occhi, lasciando che un'ultima lacrima percorresse il suo bellissimo viso «almeno fino a quando non mi sarò addormentata» accarezzò il suo polso e fece un gran respiro, inalando quel profumo che tanto amava.
Caleb restò lì, accanto a lei, a vegliare il suo sonno. Iniziò a provare segni di pentimento per tutto ciò che aveva fatto, ma sapeva di non poter tornare indietro. Ormai era dentro e aveva coinvolto altra gente. Non poteva far altro che continuare, ma allo stesso tempo poteva rendere più semplice la convivenza per la ragazza.
Erik guardò più volte fuori dalla finestra, per assicurarsi che Joseph non tornasse. Lanciò uno sguardo all'orologio e notò che il suo amico era con la ragazza già da un'ora, preoccupandosi un po'. Sospirò e accese la tv, per distrarsi. Quell'immagine di Chloe disperata lo scosse profondamente. Nonostante tutto, sentiva che non dovesse meritare tanto male e odio. Lei era solo un mezzo per arrivare al denaro e tale doveva restare.
Dopo un po', Caleb uscì dalla stanza e si sfilò il passamontagna, fregandosene di essere a petto nudo. Prese la giacca e la indossò, sedendosi accanto ad Erik.
«Questa cosa ci sta sfuggendo di mano Cal» disse, preoccupato «come può essere arrivato a tanto, mi chiedo. Se solo penso a quante volte è restato solo con lei e a quante volte l'abbiamo messa in grave pericolo, mi sale una rabbia immane» scosse la testa schifato «se solo avessi saputo che era capace di una tale azione, non l'avrei mai fatto entrare in quella stanza. Te lo assicuro».
«Lo so» si passò una mano tra i capelli «non è colpa tua. Il problema è lui. E il problema è che non possiamo tirarlo fuori da questa storia, o fotterà anche noi» sospirò «sono convinto di una cosa però. Quella ragazza non assomiglia per niente a suo padre e non lo conosce affatto».
Annuì. «È coraggiosa e sveglia. Sa fotterti la mente e sa spiazzarti. Non sta mai zitta e provoca continuamente. Ma no, lei non è come quel pezzo di merda! All'inizio tutta la mia rabbia nasceva proprio da questo. Pensavo fosse la classica ricca spocchiosa e viziata» fece spallucce «lo penso un po' tutt'ora ma... Sentire le sue urla, sentire il suo grido di aiuto beh... Mi ha stravolto. Non ho mai assistito ad uno spettacolo tanto orribile. Lei ci serve per quel fottuto denaro e basta! Non merita di tornare a casa segnata a vita. Io non sono quel genere di mostro» lanciò uno sguardo al suo addome scoperto e capì immediatamente «le hai dato il tuo maglione, vero?».
«Le ha strappato la camicetta. Era terrorizzata. E infreddolita» fece spallucce «quella ragazzina non merita il dolore che meriterebbe suo padre».
«Cal...» lo fissò con aria di rimprovero «sai quali sono i patti. Non perdere la possibilità di non essere riconosciuto. C'è un asciugamano e un lenzuolo. Usa quelli» sospirò, passandosi una mano sul mento «non voglio farti la paternale, solo salvati in tempo. Restane fuori e sii neutrale. Lì dentro anche io ho avuto un piccolo momento di cedimento. Lei era lì, rannicchiata e smarrita. Ho fatto appello a tutto il mio autocontrollo e non ho coinvolto il mio lato più umano».
Sbuffò rumorosamente. «Sta tranquillo! Non dimentico il nostro obiettivo» si accarezzò il suo tatuaggio «noi siamo i cattivi».
Posò lo sguardo sul tao che Caleb stava toccando e non rispose, osservandolo in viso. Contrasse la mascella e percepì immediatamente la realtà.
«Già...» proferì, capendo di star perdendo il suo amico.
Caleb, anche se inconsapevolmente, si stava allontanando dall'obiettivo ed Erik lo aveva appena visto con i suoi occhi.
«Siamo i cattivi e non possiamo permettere al bene di prevalere sul male. Non ora che ne siamo troppo coinvolti» Erik gli diede una pacca sulla spalla e gli passò una birra «ti aiuterà a sbollire la rabbia» gli fece l'occhiolino.
«Me ne servirebbero minimo tre» scoppiò a ridere e ne bevve un sorso «la prima cosa che farò con i soldi sarà comprare una bottiglia di champagne».
«Io darò a mia madre una nuova vita. Ho intenzione di cambiare città. Voglio portarla in un posto esotico» sorseggiò la sua «e penso che metterò su famiglia, amico. Basta donnette da quattro soldi e affari loschi. È tempo che io metta la testa a posto» gli lanciò un'occhiata «ed è tempo che lo faccia anche tu. Basta cameriere troie e ballerine di lap dance».
«Ah con le cameriere ho chiuso sicuramente» fece una smorfia di disgusto «dovresti trovare un uomo a tua madre. Poverina, non fa altro che sopportarti».
Scoppiò a ridere, dandogli una spallata. «Non fare lo stronzo con me!» rise ancora e poi si fece nuovamente serio «ci rivedremo, vero Cal?»
«Ehi, a cosa ti riferisci?» ridacchiò.
«Al nostro futuro. Verrai a trovarmi in Jamaica, giusto?! Magari con una bella modella sud americana. Di quelle che piacciono a noi» continuò a prenderlo in giro.
«Solo se la trovo con le tette naturali» bevve «e che non faccia la cameriera».
«Mi dispiace... Tutto sommato, ci tenevi a lei» posò la bottiglia vuota sul tavolo «non era per te Cal, si è fatta scopare da mezza città. Meriti di meglio! In fondo, noi ragazzacci abbiamo un cuore sotto questa corazza invalicabile».
«Ero consapevole di quello che faceva» sospirò «ma le avevo proibito di andare con Jo. Le avevo raccontato tutto. E invece...» bevve ancora.
«Il vero pezzo di merda è lui! Ti ha sempre invidiato. È sempre stato geloso delle donne che ti sei portato a letto e delle tue abilità sul lavoro. Tutti ti rispettano Cal! Qualsiasi affare abbiamo accettato, è sempre andato a buon fine grazie a te. Non hai mai avuto paura di sporcarti le mani o di finire in qualche giro pericoloso. Lui questo lo sa bene e, per una volta, ha provato a prendersi qualcosa che apparteneva a te».
Lo guardò. «Sapeva che la amavo. Lo ha fatto soprattutto per questo. Io speravo di cambiarla».
«Lei non era quella giusta. Saresti stato comunque uno dei tanti, sempre!» gli diede un'altra pacca sulla spalla «arriverà quella che ti cambierà la vita. Siamo ancora in tempo per voltare pagina e prenderci la nostra rivincita. Con quei soldi le porte per noi si apriranno con uno schiocco delle dita» lo rassicurò «arriverà la donna che ti sconvolgerà l'esistenza, Caleb Jones. Anche contro il tuo stesso volere...e sarà a quel punto che capirai di non aver mai amato così tanto qualcuno».
«Lo penso anch'io» sorrise «o almeno lo spero. Non sarò giovane per sempre».
«Soprattutto perché non credo ti si drizzerà anche per molto» lo prese in giro «hai trentatré anni ormai, vecchio mio» rise di gusto, lanciandogli una carta appallottolata «a proposito, in sette anni che ti conosco, non ti ho mai visto ingurgitare cibo indiano» gli mostrò il sacchetto vuoto che aveva trovato nel cestino «c'è altro che non so di te?».
«Sì. Ho intenzione di fare un altro tatuaggio. Ti piacerebbe vedere dove?» si toccò la patta dei pantaloni.
Finse disgusto. «Oh no amico, quello spettacolo riservalo alle tue donne» scosse la testa divertito «vado io a comprare del vero cibo. Tu resta qui... attireresti molti sguardi su di te. In special modo quelli degli sbirri» indicò il suo petto nudo.
«Lo so. È il fascino della tartaruga».
«Sei stranamente simpatico oggi. È la birra il motivo o qualcosa nell'aria?» ribatté ironico, infilandosi il giubbotto «non farò molto tardi. Assicurati che lei stia bene, vado a comprare qualche trancio di pizza per ristabilire il buonumore».
«La pizza è la cura per tutto!».
Erik abbandonò il casolare e Caleb decise di far visita a Chloe. Si avvicinò piano per non svegliarla e le si sedette di fronte. Osservò quelle linee finalmente rilassate e sorrise nel sapere che la sua calma dipendesse da lui. Chloe, dopo un po', aprì gli occhi riluttante e la prima immagine che poté vedere, fu quella di Caleb che sedeva al suo fianco.
«S-sei rimasto qui?!» chiese in un sussurro, richiudendo gli occhi poco dopo.
«Stavo pensando in quanti pezzi potrei tagliarti» disse con divertimento.
Riaprì gli occhi e lo fissò. «E...? Hai preso la tua decisione?» si mosse, posizionandosi meglio davanti a lui.
«Non più di dieci pezzi» fece spallucce.
Fece una smorfia soddisfatta. «Sono anche poco ingombrante come vedi! È stato un affare rapire una baguette piuttosto che un frigorifero».
«Una baguette?» la fissò interdetto e poi esplose inevitabilmente a ridere «noto con piacere che c'è dell'ironia in te».
Ridacchiò. «Nel tempo libero mi esercito ad accrescere la mia autostima» osservò un ciuffo di capelli che copriva la sua ferita alla guancia e, senza pensarci, allungò la mano su di esso, accarezzandolo tra le dita per poi scostarlo «si sta già cicatrizzando» proferì, percorrendo con l'indice il taglietto.
Quel contatto provocò in lui una piacevole sensazione di calore. «Per fortuna è abbastanza superficiale».
«Cerca di non rovinare il tuo viso... Non merita segni permanenti» rispose, sfiorando la sua mascella con il pollice, per poi staccarsi riluttante dal suo viso «mi dispiace averti lasciato senza maglione» lanciò un'occhiata al suo addome e si sentì arrossire, distogliendo lo sguardo poco dopo «d-dovresti abbottonare il giubbotto o prenderai freddo» deglutì a vuoto.
«Nah! Sto bene così, ho la pellaccia dura io» si vantò «qui la gracilina sei tu».
Si sentì offesa. «Potrei mollarti uno schiaffo se lo volessi e farti molto, molto male!» ribatté acida «si vede che sei abituato a donne di un certo spessore, per reputare me 'gracile'» susseguì, travolta inspiegabilmente dalla gelosia.
«Lascia perdere le altre donne» si stiracchiò, alzandosi «cerca di restare sveglia. Tra poco si mangia. Lo chef propone pizza».
Sbuffò, visibilmente irritata e gli lanciò l'ennesima occhiataccia, non riuscendo a spiegarsi cosa le stesse accadendo. Lui era il suo carnefice, ma lei nel profondo della sua anima sentiva di voler continuare ad essere la sua vittima. Caleb, che aveva deciso di strapparla ai suoi affetti, stava trasformando quell'incubo in qualcosa di surreale. Perché Chloe sapeva del potere che lui riusciva ad esercitare su di lei. Eppure, più si sforzava di combattere il male, più esso sembrava inghiottirla. L'anima di quell'uomo così oscura e pericolosa la attirava in un vortice di emozioni, impedendole di smettere di attraversare il buio. Caleb stava provocando in lei nuove e sconosciute sensazioni, trasformando il tutto in pura ed incontrollabile follia.
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35 DAYS OF YOU
ChickLitSacramento. California. Samuel Morgan, un ricco uomo spietato, decide improvvisamente di chiudere la sua azienda metalmeccanica vendendola per una cospicua somma e licenziando senza spiegazioni gli ottanta operai. Tre di loro, Caleb Erik e Joseph, o...