GIORNO 33

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Il mattino seguente, Caleb si alzò molto presto e preparò la colazione per Chloe ed Erik. Lo informò che stava andando via e, preso il disegno, si recò in città. Rientrò a casa sua e iniziò a riordinare il caos lasciato giorni prima. Sfilò un'immagine da una cornice e la sostituì col disegno.
Chloe nel frattempo fece colazione e si mise davanti alla finestra con i suoi fogli, dando libero sfogo alla fantasia.
«Una spiaggia, Miss Morgan?» esclamò Erik, osservando il suo disegno.
«Non è una spiaggia qualsiasi. È quella dove Caleb faceva surf!» spiegò, lasciando apparire un sorriso dolce sul viso.
«Hai saputo della sua tavola?» chiese, passandole una barretta di cioccolata.
«Sì e mi ha devastata saperlo! I suoi occhi si sono spenti in un istante» sospirò dispiaciuta, addentando un pezzo di cioccolato «non voglio che si faccia tutto quel male, Erik! Gli insegnerò a controllare questi impulsi. Non mi piace vedere il dolore nei suoi occhi».
Il ragazzo annuì, sedendosi sul letto per ammirarla mentre disegnava. «Ha ragione lui, sai? Sei di una bellezza disarmante quando ti dedichi a quello che ti piace fare» le sorrise, facendola inevitabilmente arrossire.
Lei gli lanciò uno sguardo e continuò a disegnare, concentrandosi su ciò che stava realizzando.
Caleb invece andò sul suo terrazzo e iniziò ad ammazzare il tempo fumando una sigaretta, in attesa di contattare Samantha.
Erik verso le 11.00 lasciò tranquilla Chloe e andò fuori, camminando avanti e indietro, fumando anche lui una sigaretta. Sospirò e prese il telefono tra le mani, scorrendo la sua galleria. Osservò le varie foto e si soffermò su una con sua madre, guardandola per diversi secondi. Chiuse gli occhi per un attimo, consapevole del dolore che le avrebbe arrecato una volta liberata la ragazza. Contrasse la mascella e ripose il telefono in tasca, calciando un ramo.
«Non ho saputo renderti fiera, mamma...» sussurrò tra sé, andando a sedersi su una panca.
Samantha, nel frattempo, fece rientro a casa e controllò se ci fossero chiamate perse in segreteria, facendo un sospiro di sollievo. Posò la valigetta sul tavolo e l'aprì, guardando quel denaro in suo possesso e passandosi una mano sulla fronte. Prese il cordless tra le mani, come faceva ormai ogni giorno, e si accomodò sulla sua poltrona, accendendo la tv per distrarsi.
Caleb prima di agire decise di contattare Erik.
«Dimmi futuro marito, hai smarrito la strada?» chiese, mettendo da parte la malinconia.
Sorrise. «Sei proprio uno scemo!» fece una pausa «è arrivato il momento di mamma gatta».
«Già... Il momento che aspettavamo!» rispose, facendo un sospiro «tra poco sapremo se sarà tutto finito o no».
«Già. Erik, ti prego escine...».
Restò in silenzio per alcuni secondi. «Sai cosa ci ha unito veramente, Cal? Te lo dico io!» fece un'altra pausa «il fatto di non essere mai stati codardi e di saperci assumere le nostre responsabilità, quando serve. E sai qual è l'altra cosa? Quella di non abbandonare mai chi amiamo. Preferisco attraversare l'inferno, piuttosto che lasciarti solo! Io non ho nulla da perdere...Tu hai lei! E questa è la tua ricchezza più grande. Quindi, fa ciò che devi».
«Ma tu hai una famiglia» sospirò «vorrei aiutarti».
«Di regola, ho solo una madre!» si passò una mano tra i capelli «lei saprà perdonarmi. Ci vediamo qui, amico! Perché io non ho intenzione di andarmene».
«Proverò a persuaderti con una torta al cioccolato e un bouquet di cinquanta rose rosse».
Scoppiò a ridere. «Sulla torta potrei farci un pensierino» fece una smorfia «sulle rose eviterei di far arrabbiare la gatta».
«Allora due torte!» esclamò speranzoso.
«Cal, potresti acquistare l'intera pasticceria, non cambierei comunque idea!» ribatté, gettando la cicca per terra «abbiamo iniziato insieme, finiremo insieme. Sono la tua ombra ormai! Puoi solo rassegnarti, amico mio».
«Vabbè, ci proverò ancora!» sogghignò «ti voglio bene, amico mio» mise giù.
Rientrò in casa e, dopo essersi preparato, andò a cercare una cabina telefonica. Ci entrò e facendo un profondo respiro, contattò Samantha.
La donna sussultò, facendo cadere il telefono dalle mani. Lo afferrò immediatamente e notò un numero sconosciuto sul display, chiudendo gli occhi per un attimo.
«Samantha Wilson...» rispose, deglutendo a fatica.
«Salve, signora Wilson!».
Strinse la collanina, perdendo un battito. «H-ho quasi tutta la somma. Mi servono solo pochi giorni ancora...» lo informò, sospirando.
«Quanto hai raccolto?» sospirò rumorosamente.
«D-due milioni» rispose, agitata «ma ti prometto che saranno tre. Ho chiesto un prestito e dovrebbero arrivarmi tra pochi giorni. La mia banca mi ha assicurato che faranno in fretta» provò a tranquillizzarlo.
«Capisco...» fece una pausa «però ho aspettato troppo. Non posso darti molto tempo. Cinque giorni, non di più».
«S-sì, va bene! Avrai quella somma. Voglio riabbracciare mia figlia e ce la sto mettendo tutta...Ti ho dato la mia parola e la manterrò».
«Mi fa piacere sapere che c'è qualcuno che ha a cuore gli affetti» disse in tutta sincerità «riavrai tua figlia tutta intera».
«G-grazie, per non averle fatto del male!» fece un sospiro di sollievo, abbandonandosi sulla poltrona «lei non ha colpe...Ha solo avuto un padre sbagliato! Se solo lui avesse imparato a conoscerla, l'avrebbe amata» una lacrima scese lungo il suo viso «sapere che sta bene, mi rincuora».
«La riabbraccerai al più presto! Ma adesso passiamo alle cose serie» deglutì a vuoto «non ti contatterò più. Ci vedremo tra cinque giorni, alle ore 21 a Land Park. Ti cercherò io...è tutto chiaro?».
«Va bene! Avrò tutti i soldi e li lascerò dove mi chiederai di farlo» rispose, sentendo il cuore battere forte.
«Li lascerai direttamente a me e ti restituirò la ragazza! Buona giornata, signora Wilson» mise giù.
Sgranò gli occhi, lasciando cadere il telefono sulla poltrona. Si portò le mani sul viso e chiuse gli occhi, abbandonandosi alle lacrime. «Stai per tornare a casa, bimba mia... È tutto finito» sussurrò, baciando la medaglietta di sua figlia. Si alzò e chiuse la valigetta, cercando un posto dove nasconderla. Ancora pochi passi e avrebbe rivisto sua figlia.
Caleb si guardò intorno e senza destare sospetti si allontanò di lì. Acquistò una torta al triplo cioccolato e raggiunse il casolare. Non appena entrò, trovò Erik e Chloe che ridevano guardando una commedia.
«E voi che ci fate qui insieme?».
«Voleva guardare la tv!» si giustificò lui «è stato impossibile resistere ai suoi occhi dolci».
Lei ridacchiò, mandandogli un bacio volante. «Ciao, amore mio! Ha ragione Erik...l'ho persuaso per poter guardare un film» fece spallucce.
«Sai quanto è stato rischioso? Non hai nemmeno chiuso la porta a chiave!» fissò truce il suo amico
«Oh, beh...» si passò una mano tra i capelli «se può servire, guardavo spesso fuori dalla finestra» rispose imbarazzato.
«Cal, è colpa mia! Non prendertela con lui. L'avrà dimenticato a causa della mia insistenza» lo difese, lanciando un'occhiata alla busta «qualcosa mi dice che lì dentro c'è un contenuto veramente buono».
«È per Erik! La mia arma di persuasione» gli porse la busta.
Lui corrugò la fronte, guardando al suo interno. Sgranò gli occhi e scoppiò a ridere, alzandosi dal divano. «La mia risposta resta no! Ma questa torta la mangiamo lo stesso» fece spallucce, mostrandola a Chloe che immediatamente si mise in piedi.
«Non so cosa nascondete ma...Come arma mi piace molto, moltissimo» ridacchiò, andando a prendere dei piattini dalla dispensa.
Sbuffò, gettandosi sul divano. «Sei orribile, amico!».
Sogghignò, tagliando la fetta per Chloe. Gliela passò e la tagliò anche per Caleb, porgendogliela. «Non vuoi nemmeno gustarla?».
Lei emise un verso di piacere, richiamando l'attenzione su di sé. «È davvero ottima!» proferì a bocca piena, sporcandosi ai lati delle labbra.
Erik scoppiò nuovamente a ridere e le porse un tovagliolo, scuotendo la testa divertito.
Caleb alzò la mano, scuotendo la testa. «Non ho fame! Ho solo bisogno di riposare» mise le mani dietro la testa, chiudendo gli occhi.
Chloe lo guardò e corrugò la fronte, continuando a mangiare. Appena terminò la torta si alzò, posandogli un bacio sulla fronte. «Ti amo!» sussurrò, coprendolo con un lenzuolo «vado in camera mia, non voglio che si arrabbi con te» disse sotto voce, dando un bacio sulla guancia ad Erik. Lui annuì e la lasciò andare, mettendo la torta in frigo.
Caleb continuò a dormire per circa un paio d'ore, sentendo il forte bisogno di scaricare la tensione accumulata. Quando si risvegliò, non trovò nessuno in quella stanza. Andò all'esterno e raggiunse Erik che era steso sul prato.
«Passano diversi aerei da qui, lo sai? Ne ho contati quindici fino ad ora» batté la mano sul prato, invitandolo a mettersi accanto a lui.
Si sdraiò accanto e lanciò uno sguardo al cielo. «Ho sempre desiderato fare un viaggio lì sopra».
«E lo farai, Cal! Io andrò in Jamaica e tu sceglierai una meta insieme alla tua sposa» rispose, osservando un altro aereo che passava da lì «ci siamo persi il meglio della vita, per anni. Ed è per questo che non sprecherò più un solo istante, d'ora in poi».
Annuì. «A volte penso che tutto ciò sia stata una cazzata completa. Altre volte penso sempre che sia stata una cazzata, ma molto più bella» sorrise «perché abbiamo conosciuto quella pazza ragazza e abbiamo capito che la vita ogni tanto qualcosa di bello la offre».
Si voltò a guardarlo. «È stata la cazzata migliore che abbiamo fatto, Cal! Indipendentemente da come andrà, potremo dire di aver imparato ad essere più umani e meno bestie. Prima di tutto questo, non sognavo l'amore, i figli e una famiglia. Non so se sia stata l'uragano Chloe, o il conoscere l'amore attraverso i tuoi occhi a farmi cambiare idea. So solo che ci meritiamo una seconda chance e l'avremo! A qualunque costo, lotteremo per quel lieto fine che sogniamo».
Gli mise la mano sul volto. «Cavoli quanto sei cambiato! Mi fai quasi paura. A volte penso che sia stato tu a rincoglionirmi e non la micetta».
Scoppiò a ridere, scuotendo la testa. «Forse ho sempre voluto tenere dentro la mia vera natura» gli diede un colpetto con la spalla «un po' come te, Caleb Jones! Che per amore hai imparato ad annullare te stesso, mettendo lei prima di ogni cosa. La renderai felice, ne sono convinto. Ed io sarò lì quando tenterai di fare qualche cazzata delle tue».
«Cercherò di farne un bel po', solo per tenerti allenato» sogghignò, spostando la mano «penso che senza Joseph Brown, avremmo già realizzato la prima parte dei nostri desideri».
Sospirò. «Già...E Chloe non sarebbe più qui, ma con te! Per quanto tentiamo di tenerla al sicuro, so che non lo sarà fino a quando non la lasceremo andare. L'idea che quel pezzo di merda possa venire qui e farle del male, mi devasta. La notte è la parte più brutta della giornata. Quando, per ogni minimo rumore, mi alzo e prego non sia lui».
«So cosa provi! Io non riesco a chiudere occhio da un mese» sospirò «cerco di vegliare il suo sonno e mi assicuro che passi la notte il più tranquilla possibile».
«Cosa ti ha detto Samantha?» chiese, giocherellando con un filo d'erba.
«Che ha quasi tutta la somma» si mise seduto «le manca un milione e le ho dato già il luogo dell'appuntamento tra cinque giorni» lo guardò «volevo dirle che va bene così. Ma Joseph avrebbe sospettato e non avrebbe mai accettato tutto quel denaro in meno».
Lo guardò annuendo. «L'importante è che la finiamo qui!» si mise seduto anche lui, accendendosi una sigaretta «la cosa che più mi rincuora è sapere che Chloe ha qualcuno che ci tiene alla sua vita, oltre noi»
«Chissà cosa ha combinato quel verme per ottenere la custodia di una figlia mai voluta» gli chiese l'accendino.
«I soldi, Cal! I soldi arrivano a farti ottenere tutto. Basta pagare e il gioco è fatto. E lui ne aveva di motivi per far soffrire Samantha! Lo ha lasciato, pur sapendo che avrebbe perso Chloe».
«Povera donna!» scosse la testa, dispiaciuto «spero tanto che Chloe non la lasci sola» accese una sigaretta.
«Lei saprà fare la cosa giusta, Cal! E sono sicuro che sua madre capirà. Anche quando le dirà di te, di voi, riuscirà a superarlo, restando dalla sua parte» rispose, dandogli una pacca sulla spalla «stai tranquillo, ragazzone! Non rinuncerà a te, una volta fuori».
«Non è questo che mi preoccupa» accennò un sorriso «però me la immagino quando le dirà di essersi innamorata di un uomo dieci anni più grande, tatuato, fumatore...» mostrò la sigaretta «...squattrinato e, dulcis in fundo, il suo rapitore».
Lo guardò e scoppiò a ridere. «So che dovrei restare serio, ma credo serviranno dei paramedici a casa sua. Consiglierò a Chloe di comunicarglielo nei dintorni di un ospedale» fece una smorfia.
«Con un infermiere accanto! Sai, l'intervento tempestivo è molto importante» gli lanciò un'occhiata e scoppiò anche lui a ridere «ridiamo adesso, perché in quel momento sarà un po' complicata la cosa».
«E per fortuna non saremo lì, quando lo saprà! Temo seriamente per la tua incolumità, Caleb Jones! Le mamme posso utilizzare armi davvero pericolose».
«All'improvviso il carcere non mi preoccupa più così tanto» continuò a ridere.
Lo spintonò, ridendo di gusto. «Non so se mi fa più paura Joseph o Samantha. Forse dovremmo proteggerla da sua madre. Non vorrei tu la ritrovassi senza arti inferiori, al tuo ritorno».
«Non penso! Quello in pericolo sono io. Chloe al massimo si ritroverà in un centro psichiatrico» fece spallucce.
Lanciò la cicca spenta, alzandosi. «Mal che vada, la sposerò io» sogghignò «in fondo, fumo meno di te. Potrei piacere a sua madre».
«Sì, certo! Potrei fare la spia sulle tue tendenze sadomaso» lo seguì.
Si bloccò, lanciandogli un'occhiataccia. «Non è corretto da parte tua, ricordarmi un momento della vita davvero traumatizzante» entrò in cucina, gettandosi sul divano «a proposito di Jessica...Ha un nuovo ragazzo!» confessò «e sembrano molto affiatati».
«Davvero? Scodinzola e fa le feste?».
Scoppiò a ridere. «Sono serio! E loro sembrano in sintonia. Sono contento per lei, Cal...Dico davvero! Tutto sommato, mi ha aiutato a sentirmi meno solo».
«Troverai quella giusta che ti farà fare la stessa cavolata del matrimonio che farò io».
«Ehi, tu vuoi sposare quella donna! Non la definirei 'cavolata'» lo rimproverò «essere sposato ti piacerà, vedrai! Avrai la sicurezza di un rapporto duraturo. Cosa non da poco per tipi come noi».
«Certo! Fino a quando non spunta il pargolo» fece una smorfia di disappunto «vado a vedere la mia artista» entrò nella stanza, trovandola seduta sul pavimento «cosa disegni oggi? Io mentre dormo?».
Ridacchiò, mostrandogli il disegno. «È un sole che tramonta in acqua e il mio nome posto al centro» lo guardò «non ho i colori, ma usando quelli del tramonto la tua tavola sarà perfetta».
Corrugò la fronte, osservando il disegno. «Chloe, la mia tavola è rotta e non riesco a usarne altre» sospirò «è un gran bel disegno però! Non so perché ma il tuo nome sembra alquanto...imponente».
«Infatti lo disegnerò sulla tua, Mr Jones!» lo invitò a sedersi vicino a lei «e il mio nome deve essere imponente! Deve attirare immediatamente l'attenzione e vedersi in modo chiaro» fece spallucce.
«Non ho ben compreso la prima parte del tuo discorso» si accomodò accanto a lei.
Scosse la testa. «Non devi comprenderlo infatti!» gli rubò un bacio sulle labbra «guarda questo!» gliene mostrò un altro «sono le nostre mani che si uniscono» spiegò, osservando la sua reazione.
«Chloe, è magnifico!» spalancò gli occhi incantato da quel capolavoro «potresti prestarmelo?».
Annuì. «Potrei anche regalartelo. Ho amato immensamente disegnarlo! Credo che, più di ogni altra cosa, rappresenti noi».
«Voglio tatuarlo! Oggi stesso» ammise.
Sgranò gli occhi. «V-vuoi...? Vuoi tatuarlo?» chiese incredula «oh, Cal!» gli gettò le braccia al collo, baciandolo su tutto il viso «è tuo! Puoi farne ciò che desideri» sorrise teneramente.
Rise, lasciandosi coccolare. «Bisogna decidere dove!».
«Oh, giusto!» lo guardò attentamente «anche se ti starebbe bene in qualsiasi punto. Sei nato per avere tatuaggi sul tuo corpo, Mr Jones! Ti rendono perfetto ai miei occhi».
«Mi fa piacere. Eppure dicono che sono i segni dei criminali» sogghignò.
Scoppiò a ridere. «Dovrei rendere felice Samuel Morgan, comunicandogli che la sua figlia perfetta sta per sposare un criminale».
«Impazzirà di gioia» la baciò «tu sì che sai come rendere felici i tuoi genitori» la prese in giro.
«Solo il meglio per mio padre!» fece una smorfia «mia madre capirà. So che lo farà...Dopo averla rianimata un paio di volte».
Scoppiò a ridere. «Io cercherò di tenere cara la pelle» si alzò «vado da Jack. Mi farà un mucchio di domande al riguardo».
Ridacchiò. «Buona fortuna, amore mio» gli mandò un bacio volante «digli che, se vuole, potrei lavorare per lui come disegnatrice».
«Riferirò!» uscì di lì e, informato Erik, tornò in città recandosi subito da Jack.
Fortunatamente prima di lui c'era solo una coppia e, arrivato il suo turno, porse il disegno al tatuatore.
Il ragazzo lo osservò attentamente, corrugando la fronte. «È un vero capolavoro, Cal!» ammise con stupore «ma...Che ci fai con un disegno del genere?» lo guardò dubbioso.
«Lo so, ero preparato per questa domanda! La mia ragazza lo ha disegnato e adesso vorrei che tu me lo tatuassi sul polpaccio».
«La tua ragazza?! Fai sul serio allora!» esclamò divertito, indicandogli il lettino «non vuoi proprio dirmi di chi si tratta?» preparò gli strumenti, poggiando il disegno su un tavolino.
«Al momento è un segreto! Ma un giorno te la presenterò» si alzò una gamba del pantalone e si stese sul lettino.
«Prima il gattino, ora questo! Tu non sei il tipo da storia seria, Caleb Jones» infilò i guanti neri, preparando i vari inchiostri «se stai decidendo di fare tutto questo, vuol dire che ne sei cotto. Ed è per questo che devi assolutamente farmela conoscere» si accomodò sullo sgabello, lanciando un altro sguardo al disegno «è una vera artista! Falle i miei complimenti».
«Potrei decidere di proportela come disegnatrice» sorrise «sto usando i miei ultimi risparmi per questo tatuaggio. Ma ne sono felice».
«Ha un dono tra le mani, sarebbe un peccato se non coltivasse questa passione» iniziò a creare il disegno «vi frequentate da molto?».
«Circa un mese!» si rilassò «ma è come se la conoscessi già da una vita».
Sorrise. «Allora ti auguro sia quella giusta! Non ti si vede più tanto spesso in giro. Significa che hai cambiato un po' di cose nella tua vita. Meglio così, Cal!» disse con sincerità «non si può vivere di risse e riscossione di debiti tutto il tempo. Ad un certo punto, bisogna mettere la testa apposto».
«La mia faccia e le mie nocche ringraziano» esclamò divertito «ho intenzione di convincerla a fare un tatuaggio».
«Sarò ben lieto di accogliervi!» iniziò a disegnare le dita, prestando molta attenzione ai dettagli «lei ne possiede? Se sta con te, credo di sì! Ti sono sempre piaciute le tipe tatuate».
«No, nemmeno uno! Ha una pelle candida e pulita» sorrise «è totalmente il mio opposto».
Si fermò stranito. «Ma quindi è vero quello che si dice. Gli opposti sono destinati ad attrarsi» scosse la testa divertito «e...sai già cosa vuoi farle tatuare?».
«Un giglio. È il fiore che la rappresenta secondo me! Sarebbe bello farglielo tatuare sul collo del piede».
«Wow, interessante!» esclamò stupito «da come ne parli, sei proprio innamorato perso» sogghignò «non ti conoscevo sotto questo punto di vista. E devo dire che mi piace. Le donne sono pericolose, amico mio! Quando meno te lo aspetti, ti chiudono nella loro trappola».
«Concordo appieno!» scoppiò a ridere «sono stato fregato! E non ne posso fare a meno».
«È bello quello che dici! Nonostante il mio matrimonio non ha funzionato, sono ancora dell'idea che voglio costruirmi una famiglia» continuò a passare l'inchiostro sulla sua pelle, dando pian piano vita al tatuaggio «sta venendo davvero bene. Vorrei fare una foto al disegno dopo. Se per te va bene...Mi piacerebbe esporre sulla bacheca questo tatuaggio».
«Certo, ma vediamo di non creare altre riproduzioni! O la pagherai molto cara» cercò di apparire il più convincente possibile.
Scoppiò a ridere. «Tranquillo! Sarà solo uno dei tatuaggi migliori che avrò riprodotto» ribatté, concentrandosi sul disegno.
Circa un'ora dopo terminò, guardando il tatuaggio con soddisfazione.
«È perfetto, Cal! Davvero bello...» afferrò la macchina fotografica e scattò la foto, sorridendo «la tortura è finita».
Scese dal lettino e si guardò allo specchio. «Cavoli! Mi stupisci ogni giorno di più, amico» sorrise, incantato dal lavoro «queste torture sono sopportabili, quando il risultato è questo».
«Ti faccio uno sconto, tranquillo! Il disegno merita e anche la tua artista. Magari comprale dei gigli con quello che ti tolgo» gli diede una pacca sulla spalla, recandosi con lui alla cassa.
«Ti prometto che la farò venire qui!» estrasse i soldi richiesti dal portafogli «le dirò di passare anche senza di me».
Annuì, passandogli una crema per tatuaggi. «Questa te la regalo, in attesa di ricevere la tua ragazza qui» gli sorrise, afferrando i soldi «e dille che potrei seriamente pensare di farla lavorare per me» gli fece l'occhiolino.
«Potrebbe seriamente accettare! Però non metterle l'ago in mano» riabbassò la gamba del pantalone «ha un tantino la mano pesante».
Scoppiò a ridere. «Come tutte le donne, Caleb Jones!» fece spallucce «ne sarà felice» gli ridiede il disegno, indicando il polpaccio «hai fatto un gesto importante».
«Il secondo gesto più importante» si picchiettò il petto «questa gattina in realtà è lei».
Lo osservò sorpreso. «È così che la chiami?» chiese, incuriosito «non ho mai creduto alla tua strana voglia di tatuare gatti! Doveva esserci un significato più profondo dietro! Tu non ti tatui mai per riempire il corpo e basta. Ogni cosa ha un valore per te».
«Eh già...» sogghignò «grazie mille per questo ulteriore capolavoro! Alla prossima» lo salutò stringendogli la mano e andò via.
Uscito di lì si accese una sigaretta e sorrise. Non sapeva cosa ne sarebbe stato di lui, per quanto tempo sarebbe rimasto dentro. Quel che sapeva è che non sarebbe rimasto solo. Perché con lui c'era l'amore di Chloe e per Chloe. E questo amore era anche impresso indelebilmente non solo nel suo cuore, ma sulla sua pelle.

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