Il giorno dopo, Chloe aprì gli occhi attratta dalla luce del sole che prepotente filtrava i suoi raggi dalla sua piccola finestra. Si strofinò gli occhi e si alzò, mettendosi davanti ad essa, per sentire quel calore sul suo volto. Fece un grande respiro e restò lì, lanciando un pensiero a sua madre.
Erik si svegliò pochi minuti dopo la ragazza, visibilmente stordito. Si portò una mano sulla fronte e si mise in piedi, preparandosi un caffè, per riprendersi dalla nottata insonne.
Caleb, trascorsa anche lui una notte insonne, si alzò riluttante. Si preparò una colazione veloce e dopo aver ripulito la sua pelle più dalla rabbia che dal resto, uscì di casa. Decise di fare una cosa molto rischiosa. Ma sentiva il bisogno di farla. Acquistò un mazzo di fiori bianchi e si recò in ospedale. Cercando di passare inosservato il più possibile, riuscì ad arrivare davanti alla stanza di Samantha. Purtroppo un poliziotto di guardia gli impedì di proseguire oltre. Decise così di recarsi dall'infermiera nella hall.
«Mi scusi» l'infermiera lo guardò e, notando la bellezza del ragazzo, gli mostrò un ampio sorriso «salve, vorrei sapere come sta la signora Wilson. Samantha Wilson».
«E lei è?» chiese incantata.
«I-io? Beh...io lavoro nella sua stessa azienda. Più che altro sono un tirocinante».
«Capisco! E cosa vuole sapere?».
«Volevo sapere come sta la signora».
«Beh, ha riportato parecchi traumi. Ma fortunatamente di lieve entità» disse analizzando la cartella clinica al computer «ha subito parecchie percosse al volto, alcuni ematomi in varie parti del corpo a seguito delle sue cadute. E poi ha un forte choc emotivo, ma di quello se ne occuperà uno psicologo. È tutto» lo osservò.
«Grazie! Vorrei poterle dare questo» mostrò il mazzo di fiori.
«Mi spiace, ma solo i parenti possono fare accesso nella sua stanza. Non posso...» fu interrotta da lui.
«Lo so. È giusto così...» lesse la targhetta «Josie» sorrise «so che ha già detto molto a me e la ringrazio. Glielo faccia recapitare, la prego».
«Certo, dia pure a me» disse paonazza.
«È gentilissima» sfilò una margherita, porgendogliela «lo è molto».
«G-grazie» si portò i ricci corvini dietro l'orecchio «come le devo dire? Il suo nome magari».
Scosse la testa. «Le faccia semplicemente gli auguri di pronta guarigione. Da parte di un amico» le fece l'occhiolino e andò via.
Chloe, nel frattempo, chiese ad Erik di accompagnarla in bagno per potersi lavare. Il ragazzo fece come gli fu chiesto e la condusse in bagno, lasciandola tranquilla per un po'. Lanciò uno sguardo all'orologio e si chiese dove fosse il suo amico, occupandosi della colazione per la ragazza.
Caleb, prima di recarsi al casolare, fece un'ulteriore deviazione. Andò in un pub da lui molto conosciuto e lo trovò lì. Joseph era seduto al bancone già con una birra in mano.
«Tu, guardami!» esclamò Cal alle sue spalle.
Si voltò, notando Caleb davanti a sé. Sorrise beffardo e si alzò dallo sgabello, mettendosi di fronte a lui con aria di sfida. «Il gorilla Caleb Jones! Quale onore...» sogghignò.
«Cosa cazzo vorresti ottenere, con ciò che hai fatto?» lo fissò altezzoso, andandogli vicinissimo.
Il gruppo di teppisti, attirati dalla presenza di Caleb, si avvicinarono ai due, osservando il ragazzo. «Tutto ok, Jo?!» chiese uno di loro, stringendo nella mano destra una stecca da biliardo.
Joseph annuì, senza staccare gli occhi da Caleb. «Mi stavo giusto chiedendo... come sta mamma gatta?!» proferì, mantenendo un ghigno sul viso «deve essersi fatta alquanto male, poverina!».
«Cosa cazzo vuoi, Joseph Brown?» strinse la mano in un pugno «perché io avrei tanta voglia di ammazzarti».
«Ma davvero?» scoppiò a ridergli in faccia, bloccando con la mano uno del gruppo che stava per avvicinarsi a Caleb «tranquillo Steve, è una questione tra me e lui» lo fissò con disprezzo, avvicinando il viso all'orecchio di Caleb «questo è stato solo un esempio di cosa potrei fare a quella troia e alla tua!» allontanò il viso, mantenendo la sua aria di sfida «quel profumo sui suoi capelli... Oh, quanto mi ha ricordato la tua gattina» fece una smorfia «me lo ha fatto drizzare subito».
Gli mise una mano al collo, puntandogli l'altra chiusa a pugno. «Non me ne frega un cazzo dei tuoi scagnozzi, ma se voglio io ti ammazzo. Così mi libero della tua faccia di merda» gli urlò contro «e magari faccio anche un favore al mondo».
«Fottiti, stronzo!» gli mise una mano sul polso, liberandosi dalla sua presa «stai attento, forzuto Jones... Non attenderò ancora a lungo!» lo spintonò, aggiustandosi il maglione «porta i miei saluti alla tua puttanella. E dille che sono davvero impaziente di rivederla».
«Tu non vedrai proprio un cazzo! Avvicinati ancora a sua madre e la mia faccia sarà l'ultima che vedrai» si voltò e spintonò uno dei cani di Joseph per poter passare.
«Ehi, coglione!» lo spintonò a sua volta il ragazzo, fissandolo con cattiveria «stai ben attento alle mosse che fai, non vorrei che ti facessi davvero male» lo provocò.
«Lascialo stare Jack, ha solo bisogno di scopare un po'!» disse Joseph, afferrando la sua birra in una mano «il forzuto Caleb adesso non vale più un cazzo!» sogghignò «ci vediamo presto, gorilla!».
Alzò la mano, mostrandogli il dito medio e uscì di lì. Si recò a un chiosco, acquistando il quotidiano, e andò al casolare.
Erik, riaccompagnata Chloe in camera e ignaro di tutto, si diresse all'esterno per fumarsi una sigaretta, in attesa dell'arrivo del suo amico. Sospirò, sedendosi su di un tronco, osservando l'ora. «Ma dove sei finito?!» si chiese, passandosi una mano sulla fronte.
Di lì a poco, Caleb fece capolino e notò Erik seduto all'esterno.
«Ehi!» gli gettò una busta con dei cornetti sulle gambe «dentro c'è il suo numero! Chiamala».
Spalancò gli occhi, guardando all'interno del sacchetto. «Chi cazzo sei, si può sapere?! È mai possibile che cadono tutte ai tuoi piedi, facendo esattamente ciò che dici?!» afferrò il biglietto, sorridendo.
«Abbiamo parlato di te, mi ha detto che gli interessi» fece l'occhiolino «e le ho chiesto il numero!».
«Come ti sembra? Insomma, secondo te sono vere?» chiese, dubbioso.
«Mai viste tette così...vere» disse sognante «hai fatto centro, amico!».
Scoppiò a ridere. «Dovrei dire a Chloe che non hai mai visto una quarta vera. Ne sarebbe davvero entusiasta!» gli lanciò contro una cartaccia «soprattutto perché, finché resterai con lei, non ne vedrai di certo» susseguì divertito.
«Le sue le posso tenere in una mano però» sogghignò.
«Sei davvero un porco, Caleb Jones» scosse la testa divertito «grazie!» disse, indicandogli il biglietto «se per te non è un problema, stasera andrei volentieri a provare la carrozzeria della barista».
Scoppiò a ridere. «Goditela! Però adesso passiamo alle cose serie. È stato Joseph».
Lo fissò confuso. «E tu come lo sai?!» chiese, corrugando la fronte.
«Ci ho parlato e ne lo ha fatto capire» sorrise «tranquillo, solo parlato».
«Ma che grandissimo pezzo di merda!» calciò un rametto, scuotendo la testa «e cosa cazzo ha cercato di dimostrare, che sa picchiare una donna?!».
«Che comanda lui! Ecco cosa vuol dimostrare».
Sospirò, disgustato. «Il suo problema sei tu! Ha sempre saputo di non valere un cazzo e, adesso, sta cercando di diventare ciò che non sarà mai! Non ha abbastanza palle» spense la sua sigaretta, tornando a guardarlo «se può interessarti, ha fatto colazione e mi ha chiesto di accompagnarla in bagno per potersi lavare. Ora è nuovamente in camera».
Annuì. «Vado da lei. Ho preso informazioni su sua madre e devo riferirgliele».
«Penso voglia saperle allora!» sventolò il bigliettino «intanto chiamo la mia bella quarta naturale!» sogghignò, lasciandolo andare da Chloe.
«Vi lascio al vostro sesso telefonico!» entrò e aprì la porta della stanza «c'è nessuno?».
«Sono qui!» rispose, restando seduta sul pavimento, davanti alla sua finestra.
«Posso farti compagnia?» disse accomodandosi accanto a lei.
Si tolse l'asciugamano dai capelli, lasciandoli cadere umidi sulle spalle e si voltò verso lui, annuendo. «Cosa devi dirmi, Cal?!» chiese, intuendo tutto.
«Sono stato in ospedale! Purtroppo non mi è stato possibile vedere tua madre, ma le ho recapitato dei fiori» sorrise nel vedere lo stupore negli occhi di lei «fortunatamente ha solo traumi superficiali. Ha subito un forte choc, ma per il resto non ha nulla di grave».
«E... Queste informazioni come le avresti ottenute, Caleb Jones?! Hai persuaso una bella infermiera, promettendole una cena in cambio di notizie?».
«Nah! Non è colpa mia, se cadono tutte ai miei piedi» posò la testa sulla spalla di lei.
«Anche il fatto di essere un eterno seduttore non è colpa tua! Ci sei nato imbecille!» rispose acida.
«Allora perché dici ti amo a un imbecille?».
«Perché amo le sfide!» ribatté velenosa «è stato lui, vero?!» chiese, cambiando espressione in viso.
Annuì. «Purtroppo sì!».
Fu travolta nuovamente dalla rabbia, rivolgendo uno sguardo verso il cielo. «Bene!» disse, irrigidendosi «a tempo debito, avrà indietro ciò che si merita!» fece un respiro profondo, voltandosi verso Caleb «grazie per esserti assicurato che stesse bene».
«Adesso voglio assicurarmi che tu stia bene!» le accarezzò il viso «Chloe, mi manchi».
«Sono qui, Cal!» avvicinò le labbra alla sua guancia e gli posò un dolce bacio, sorridendo «oggi, però, li meritavo i fiori...» fece spallucce.
«Non ti muovere!» si alzò e andò via. Circa dieci minuti dopo tornò da lei, tenendo tra le mani un mazzo di fiori di campo «non sono rose, ma spero vadano bene».
Scoppiò a ridere, scuotendo la testa divertita. «Stavo scherzando, sequestratore del mio cuore» annuì, allungando la mano verso quei fiori «sono i più belli, grazie amore».
Le accarezzò ancora il viso e la baciò con estrema dolcezza. «Sei bellissima quando ridi».
«E tu sei proprio un idiota» gli lanciò un'occhiataccia «cosa fai, prendi in giro la tua vittima dicendole 'non ti muovere'?» susseguì, cercando di apparire seria.
La fissò confuso. «Beh, l'ho detto non avendo chiuso a chiave» cercò di giustificarsi.
Gli diede uno schiaffo sul braccio, sbuffando. «Grazie per averlo detto! Stavo giusto pensando ad un nuovo piano di fuga, Caleb Jones!» sistemò i fiori nel suo bicchiere, ammirandoli «profumano tantissimo» annusò i loro petali e starnutì, ridacchiando poco dopo.
«Ehi, non dirmi che sei allergica» la prese in giro «perché ho intenzione di riempirti di fiori ogni giorno della mia vita».
Scosse la testa. «Assolutamente no! Io amo i fiori, ne ho sempre avuti in camera» sorrise, guardandolo. Lo osservò per alcuni secondi e poi corse da lui, saltandogli addosso come era solita fare «grazie! Grazie per esserci, grazie per quello che fai, grazie per come mi fai sentire».
«Te l'ho detto che ti proteggerò sempre» la riempì di baci.
Si lasciò coccolare, dimenticando tutto il dolore delle ultime ore. Inalò il suo profumo e affondò il viso nel suo collo, mordicchiandolo. «Non hai risposto alla mia domanda, Cal!» proferì, tornando a guardarlo «hai sedotto l'infermiera per caso?!».
«Ehi, guarda che non mi permetterei mai di sedurre una donna» si finse offeso «non è colpa mia se sono affascinante».
«Disse l'uomo che sceglieva le donne in base al loro reggiseno» sbuffò, tornando giù.
«Però ho scoperto una passione per quelle che posso tenere in una mano» sogghignò compiaciuto.
Lo guardò accigliata. «Che poeta! Da cosa ti lasci ispirare, Shakespeare?!» sospirò rumorosamente «chissà quante donne avrai conquistato con il tuo romanticismo!» susseguì, sarcastica.
«Tante! Ma tu sei la più importante» le spostò una ciocca di capelli «perché con te mi faccio anche delle meravigliose chiacchierate».
Lo guardò, alzandosi sulle punte. «Soprattutto per via della mia linguetta!» ridacchiò, baciandolo sulle labbra «ti amo, Cal! Ti amo ogni giorno di più» sorrise teneramente «so di buono, sai?! Ho fatto il bagnetto prima» sbatté le ciglia.
«Lo so! E lo sento» si avvicinò al suo collo, inspirando profondamente «un buonissimo profumo di primavera».
Arricciò il naso. «Ed è il tuo profumo preferito, Caleb Jones?!».
«Assolutamente! Il tuo è un profumo che inebria» iniziò a lasciarle tanti baci sul collo «non ne ho mai abbastanza».
«Sei proprio un gran ruffiano, Mr Jones!» ridacchiò, rubandogli un bacio sulle labbra «hai mai viaggiato, Cal?!» chiese all'improvviso, andando a sedersi sul bordo del letto.
«Sì!» la guardò «quando sono partito da San Diego, per arrivare qui».
«Ma no, Cal! Intendo un viaggio vero. Hai mai visitato una città, per puro piacere?».
Scosse la testa. «Tuo padre ci faceva lavorare come muli, per uno stipendio minimo» fece spallucce «era impossibile permettersi un viaggio. Gli unici viaggi che ho fatto, sono quelli in pullman per arrivare in spiaggia».
Sospirò dispiaciuta. «E...hai una città preferita che vorresti visitare?».
«Non ne ho una preferita! Mi piacerebbe visitare il mondo» sorrise «sai, tipo prendere il mappamondo, farlo scorrere e scegliere un punto a caso!».
«Wow, mi piace il tuo spirito libero, Mr Jones» sorrise teneramente «un avventuriero, insomma!» lo guardò con dolcezza «lo farai, Cal! Meriti di vedere il mondo e le sue bellezze. I tuoi occhi si incanterebbero continuamente».
Annuì. «Mi basteranno uno zaino in spalla e la compagnia di qualcuna» la fissò «la tua compagnia».
«Ed io sarò ben lieta di avventurarmi con te!» si avvicinò nuovamente a lui, poggiando l'orecchio sul suo petto «amo ascoltare il battito del tuo cuore, Cal! Mi fa sentire al sicuro».
La baciò sulla fronte. «E come batte adesso?».
«È un po' accelerato!» mentì «per caso... Chloe Morgan ti emoziona, Caleb Jones?!» lo prese in giro.
«Sarà per i fiori che ho raccolto in tutta fretta» mentì di conseguenza.
Gli lanciò un'occhiataccia, staccandosi. «Avresti potuto assecondarmi!» sbuffò, tornando ad accarezzare quei fiori «è la prima volta che fai tutto questo per una donna?!» chiese, osservandolo attentamente.
«Esattamente! Erik dice che mi hai fottuto il cervello» afferrò un fiore giallo e glielo mise tra i capelli.
Sorrise per quel gesto. «Non sono stata io, Caleb Jones! Semplicemente hai lasciato che entrassi nella tua testa. Hai preferito essere più umano e meno bestia. Hai scelto di far prevalere il bene» gli afferrò il polso, accarezzando con l'indice il tao «io ero già qui, ancor prima che ci incontrassimo. Mi avevi già dentro la tua pelle».
«Ma io resto sempre una bestia. È l'unico modo per badare a una micetta tutto pepe come te» sogghignò.
«Tu non riesci a tenermi a bada, Mr simpatia!» fece una smorfia «ci hai provato per troppe volte, fallendo miseramente» schioccò le labbra, portandosi i capelli da un lato «sono il tuo punto debole».
Scoppiò in una grassa risata. «Vuoi che ti ricordi i tempi che ti tenevo a bada con le corde?».
«E i miei occhietti...» si alzò sulle punte, sbattendogli le ciglia «puntualmente ti ricordavano di slegarmi» lo punzecchiò.
«Sta zitta!» sbuffò rumorosamente «ricordi male!».
Ridacchiò. «La verità è che ti è proprio piaciuta la novità! Una ragazzina diversa da tutte le donnacce con le quali hai sempre avuto a che fare» poggiò le mani sui suoi fianchi «mi hai persino tatuata, signor sequestratore! E, se la memoria non mi inganna, ci sono solo io impressa sul tuo corpo» continuò a provocarlo, beandosi di ogni sua espressione.
«Ne sei sicura?» la fissò divertito «chi ti dice che non abbia un tatuaggio un po' più nascosto? E che magari non hai notato?».
Lo fissò attentamente. «Ti tatui tutte quelle che hanno soddisfatto le tue aspettative, Mr Jones?!» incrociò le braccia «perché sono quasi certa di conoscere il tuo corpo meglio del mio. E, negli ultimi giorni, mi sembra che noi due abbiamo esplorato territori sconosciuti su quel letto».
«Allora hai osservato tutto il mio corpo» finse stupore «complimenti! E io che pensavo fossi tutta casa e chiesa».
Alzò un sopracciglio, irritata. «Cosa stai insinuando?! Oltre a quello del mio ex noioso, posso dire di aver conosciuto solo un altro corpo... Il tuo!» sbuffò «sai, ogni tanto anche noi ragazzine viziate ci fermiamo a metà strada, tra casa e chiesa!» ribatté acida.
«Capisco, ti fermi in biblioteca!» continuò a punzecchiarla.
Sbuffò rumorosamente. «Ti diverte tutto questo, vero? Cosa c'è, ti disturba che io non sia così noiosa come ti aspettavi? Si chiama 'amore', Caleb Jones! Una parola a te molto sconosciuta. Quando ami, ti doni totalmente a quella persona. Ed è ciò che sto facendo con te. Hai conosciuto moltissime donne, tutte molto esperte! Non so quanto loro siano riuscite a desiderarti e non mi importa. So quanto ti desidero io. So ciò che provo e voglio continuare a farlo. Sei bello ed è giusto che io ami ogni cellula del tuo corpo. Con un altro, non sarei certamente in grado di fare quello che con te mi risulta naturale».
«Smettila di spiegare sempre tutto!» la strinse forte a sé «sei una rompiscatole quando lo fai».
«A te piacciono le rompiscatole!» rispose, aggrappandosi forte a lui «sai che mi hai regalato anche le stelle?» disse, tornando a guardarlo «dovresti ammirare il pezzo di cielo che c'è qui, insieme a me. Te ne innamoreresti».
«Davvero?» sorrise teneramente «devo portarti sulla terrazza di casa mia. Di lì lo spettacolo è meraviglioso».
«Hai una terrazza?!» lo guardò sognante «riesci a vedere anche la luna, quindi!» sorrise «io posso solo ammirare le stelle da qui» accarezzò i suoi bicipiti.
«Sì, ci vado ogni qualvolta ho bisogno di star solo con i miei pensieri. La fortuna di vivere all'ultimo piano».
Gli accarezzò il viso. «Sei tanto dolce, Cal! Sei un uomo burbero, dal cuore tenero» gli baciò la punta del naso «la prossima volta, quando ci sarà la luna piena, ammirala ed esprimi il tuo desiderio più grande. Dicono si avveri, se ci credi fino in fondo» gli posò un bacio anche sulle labbra «quando restavo sola, la maggior parte delle sere uscivo in giardino e mi sdraiavo sul prato. Ho sempre amato perdermi nell'immenso cielo notturno. All'epoca ero sola...Ora potrei farlo con te».
«E lo faremo. Sarà una delle tante cose che vivremo insieme» si sdraiò tirandola con sé «e vedremo anche le stelle cadenti!».
Annuì, poggiandosi al suo petto. «E poi dovremo assolutamente fare un viaggio in auto. In una di quelle auto con il tettuccio apribile. Dove senti il vento accarezzarti il viso e tu respiri a pieni polmoni la vita» sorrise «senza una meta precisa... Solo io, te e il cielo sulle nostre teste».
«È una bella idea» le accarezzò il viso «e cos'altro vorresti fare?».
«Mh... Oltre correre sotto la pioggia, ammirare un cielo stellato, viaggiare in auto, surfare con te e girare il mondo, credo mi piacerebbe andare sulla neve. Alloggiare in una baita e sedermi davanti al camino, con una tazza di cioccolata calda e marshmallows. Non vorrei farlo in un giorno qualunque, ma nel giorno di Natale. Mi piacerebbe addobbare un albero e giocare con te a palle di neve».
«E sciare? Non ti piacerebbe una discesa libera?» intrecciò le dita con le sue.
«Non so sciare...» ammise, timidamente «tu lo hai mai fatto?».
«Sciare è una cosa da ricchi» fece una smorfia.
Scoppiò a ridere. «Allora credo dovremmo optare per uno slittino, Caleb Jones» fece spallucce «vorrei proprio vederti in versione fanciullo... Senza quest'aria da uomo vissuto».
«Ehi! Non ho mica sessant'anni!» esclamò offeso.
Ridacchiò. «Dico solo che mi piacerebbe vedere sul tuo viso la leggerezza» alzò il viso, guardandolo «vorrei ridere insieme a te del nulla. Meno uomo e più ragazzino» gli posò un bacio sulla guancia «perché sei davvero bello quando ti lasci andare».
«Chloe, io non so cosa significhi essere un ragazzino!» ammise «quindi non so proprio di cosa parli».
«Allora te lo insegnerò io, Cal! Ti ridarò indietro quel lato spensierato che non hai potuto avere» gli scostò una ciocca di capelli dal viso «farò in modo che tu possa vedere il mondo con occhi diversi. Non è mai tardi per tutto questo. Ti sei perso il meglio che la vita può offrire...io voglio essere parte di quel meglio che ti è venuto a mancare per anni».
«Faremo tutto ciò che vuoi» la coccolò ancora, facendole dimenticare i brutti momenti capitati nelle ultime ore.
Chloe si lasciò cullare da quell'uomo che le stava ridando la vita. Nonostante il dolore, Caleb riusciva sempre a donarle il sorriso. Pur non avendo mai vissuto l'amore, lui riusciva a darle ciò che lei desiderava. Ad ogni sua lacrima, Caleb era lì. Ed era sempre lì, quando Chloe si sentiva persa e sola. Pur non potendo offrirle nulla, le stava donando tutto. Tutto quello che era impossibile da comprare, ma valeva più di ogni altra cosa. Per anni si era chiesta cosa fosse l'amore vero. Ed ora, se qualcuno glielo avesse chiesto, lei avrebbe sicuramente descritto lui. L'unico uomo che, pur essendo diverso da lei e dal suo mondo, appariva sempre di più come l'incastro perfetto. Ogni momento vissuto, ormai era parte integrante del suo essere. Non c'era nulla che non avrebbe fatto per lui e con lui. A qualunque costo, Chloe avrebbe lottato per Caleb. Per quel ragazzo troppo ferito dalla vita e dal passato. Per quello stesso ragazzo che, in punta di piedi, era entrato nel suo cuore, scolpendo su di esso la parola amore. Grazie a lui, Chloe stava riscoprendo se stessa e la sua forza. Ed era sempre grazie a Caleb che stava sognando un futuro diverso. Un futuro pieno di desideri da realizzare e luoghi da scoprire. Un futuro che portava il nome del suo uomo.
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35 DAYS OF YOU
ChickLitSacramento. California. Samuel Morgan, un ricco uomo spietato, decide improvvisamente di chiudere la sua azienda metalmeccanica vendendola per una cospicua somma e licenziando senza spiegazioni gli ottanta operai. Tre di loro, Caleb Erik e Joseph, o...