GIORNO 12

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Erik, dopo essersi svegliato, controllò che Chloe stesse riposando serenamente e, quando la trovò che dormiva profondamente, stretta al suo orsacchiotto, non poté fare a meno di sorridere. La lasciò tranquilla ancora per un po' e iniziò a rovistare nel frigo, per trovare la colazione giusta per lei. In quel preciso istante, Caleb arrivò al casolare.
«Buongiorno!» entrò in cucina «lascia stare! Ho portato cornetto e cappuccino per tutti»posò i sacchetti sul tavolo.
Si voltò e notò le buste. «Arrivi sempre al momento giusto!» chiuse il frigo e lo guardò «il periodo di disintossicazione ti è servito, Caleb Jones?!».
«Assolutamente!» sorrise «mi ha fatto capire che ormai sono fottuto».
Scoppiò a ridere. «Non avevo dubbi» sospirò rassegnato «mi auguro tu non abbia fatto annoiare troppo gli sbirri, mentre riflettevi su quanto la tua vittima ti abbia rovinato».
«Li ho portati un po' in giro, ma poi sono tornato a casa» afferrò un cornetto, addentandolo «sono stato per un po' sul terrazzo e li sentivo lamentarsi. Dicevano di non aver mai trovato uno così noioso come me».
Rise, sorseggiando il suo cappuccino«io, invece, ho avuto una giornata davvero impegnativa. Quella gatta è difficile da tenere a bada».
«Davvero? E come l'hai addomesticata?».
«Mi sono limitato ad accudirla a dovere. Ogni tanto le davo i croccantini e per un po' smetteva di rompermi i timpani» scosse la testa divertito «non so davvero cosa ti faccia desistere dal lasciarla sul ciglio della strada e puntare al pesciolino rosso» iniziò a prenderlo in giro.
Scoppiò a ridere. «Faccio scorte di analgesico» gli si avvicinò, mettendogli un braccio sulle spalle «mi sono fatto un nuovo tatuaggio».
«Il famoso leone sulla schiena?» alzò gli occhi al cielo «è davvero la scelta peggiore che tu potessi fare».
«Nah! E chi li ha tutti quei soldi?» slacciò i primi tre bottoni della camicia, scoprendo il petto «mi sono tatuato la micetta».
Spalancò gli occhi, sputando il suo cappuccino e iniziando a tossire. «Ma che cazzo ti è saltato in mente, si può sapere?» esclamò ad alta voce, scioccato «oh, ti prego, dimmi che lo hai disegnato tu per farmi uno scherzo».
«No, è vero!» lo fissò divertito «cos'ha che non va la mia gattina?» se la accarezzò col pollice.
«Tutto!» urlò, iniziando a camminare nervosamente per la stanza «porca troia Cal, no! Cazzo no! È indelebile te ne rendi conto?» urlò ancora, faticando a crederci «ma tu sei davvero fuori di testa. Tu hai davvero seri problemi! Sul cuore... Sul cuore?».
«No, il cuore si trova precisamente qui!» indicò il punto esatto «dai, amico, non mi sono scritto il suo nome. È solo un gatto».
«Un gatto, certo! Ma che cazzo di idea geniale. Di tutte quelle avute fino ad oggi, questa è proprio la migliore» sospirò rumorosamente «tu non tatui gatti come se pisciassi, Cal! Lo sappiamo entrambi cosa significa».
Si fece serio all'improvviso. «Ne sentivo il bisogno. Volevo rendere indelebile il ricordo di Chloe. Non importa come finirà tutto questo, mi importa tenerla impressa sulla mia pelle» sorrise «per sempre».
Lo ascoltò, calmandosi. «Sei una grandissima testa di cazzo lo sai, vero?» si accomodò sulla sedia «voi due siete davvero insopportabili. Insieme e separati» brontolò «ma non posso biasimarti... Chloe è davvero un tornado di emozioni. Riesci ad amare ogni suo minimo particolare. Anche quella linguetta che non riposa mai» spiegò «se sei arrivato a questo...» indicò il tatuaggio «...significa che non ci sarà posto per nessuna, che non sia lei».
Si sedette accanto a lui. «Non ti starai mica innamorando di lei?».
Gli lanciò un'occhiataccia. «Vuoi la verità?! Ti sto seriamente invidiando, Caleb Jones. Tu hai la possibilità di essere finalmente felice» sorrise «e sì, Chloe mi piace da morire. Ma non te la toglierei mai e lo sai! Tu avevi bisogno di questo Cal. Di una donna che non potesse somigliare a tutte».
Gli afferrò improvvisamente il viso e lo baciò più volte sulla guancia. «Mi tatuerò anche te, non essere geloso. A te riservo il punto dove non batte mai il sole».
«Vaffanculo!» scoppiò a ridere «le hai portato spazzolino e mutande, vero?! Non ho intenzione di sorbirmi ancora le sue urla».
«Sono lì» indicò il sacchetto azzurro «vuoi svegliarla tu?».
«Lei non vuole me, vuole te, imbecille!» sbuffò «ti avverto, sarà alquanto nervosetta. Ieri ha creduto per tutto il tempo che tu fossi con le altre».
«E tu, stronzo come sei, glielo hai fatto credere» gli diede un calcio alla gamba e andò da Chloe. «Sveglia! È un nuovo giorno» esclamò a gran voce.
Chloe sobbalzò, lanciandogli la sua scarpa da ginnastica. «Signori, il re del pollaio è tornato!» disse in modo plateale, strofinandosi gli occhi «cosa c'è, non avevi più galline e hai deciso di venire da me per caso?!».
«Hai centrato il segno» si gettò sul letto «mi mancava coccolare la mia micetta».
Gli lanciò uno sguardo severo. «Non azzardarti a toccarmi! Puoi comportarti da maniaco con le altre, non di certo con me!» sbuffò «visto che ti mancava tanto coccolarmi, spero tu abbia trovato una mia degna sostituta».
«L'avevo trovata! Ma mi ha piantato in asso» le passò il cappuccino «peccato» sospirò.
«Potrei decidere di lanciartelo in faccia, ti conviene non provocarmi» rispose, scontrosa «il super corteggiato Caleb che viene piantato in asso?! Deve essere stata una donna molto intelligente, allora!».
«In realtà lo ha fatto perché io ho provato disinteresse nei suoi confronti. Mi ha gettato addosso anche le noccioline».
Bloccò il bicchiere davanti alle labbra, fissandolo confusa. «Una donna ti ha lanciato noccioline, in seguito ad un tuo rifiuto?» chiese, sperando di aver capito bene.
«Hai capito perfettamente» le fece l'occhiolino.
Faticò a sorseggiare il cappuccino e trattenne un sorriso. «Se ti comporti come fai con me, dubito che possano lanciarti petali di rosa. Tu le donne non le capisci proprio» sospirò «e cosa aveva di sbagliato, tette finte?!».
«Non lo so. Effettivamente erano belle sode» sogghignò «però era una delle tante. Da una botta e via».
«Disse l'uomo serio e fedele» fece una smorfia, addentando il cornetto «tu non cerchi di sicuro questo! Sei più un tipo da storia seria...» susseguì, sarcastica «vorrei ricordarti che, mentre tu eri in giro a cercare moglie, io ero qui a chiedermi dove diavolo eri finito» sbuffò ancora.
«A cercare moglie?» chiese confuso «Erik non ti ha detto nulla?».
«Cosa doveva dirmi esattamente? Che l'hai già trovata e che hai scelto me come testimone?» ribatté aggressiva.
«Ehi placa la gelosia!» alzò gli occhi al cielo «non potevo venire. Ieri, per tutta la giornata, ho avuto gli sbirri alle calcagna. Mi hanno seguito dappertutto. Sono andati via solo intorno alle due».
«Oh... » esclamò imbarazzata «s-scusami io...» sospirò «hai ragione, parlo troppo» si addolcì, posando metà cornetto nel sacchetto «mi sei mancato, Cal!» ammise, avvicinandosi a lui «è stato orribile non poter vedere il tuo viso».
«Lo so. Ho un gran bel viso» mostrò un ampio sorriso, aprendo le braccia e invitandola ad avvicinarsi.
Lo fissò accigliata. «Sicuramente da schiaffi!» terminò la sua frase, arrivando da lui poco dopo. Poggiò la fronte sulla sua spalla e chiuse gli occhi «non sono gelosa di te... Ho solo paura che tu possa smettere di proteggermi» disse, mentendo.
La strinse forte a sé. «Non potrei mai. Devo proteggerti dai rapitori».
Scoppiò a ridere, dandogli uno schiaffo sul braccio. «Tu sei solo un'idiota!» lo strinse a sua volta, strofinando la guancia sul suo zigomo «ho scoperto che hai davvero un bell'amico» si staccò da lui, guardandolo negli occhi «ti vuole molto bene».
«Cosa avete combinato in mia assenza?» la osservò sospettoso.
Non staccò gli occhi dai suoi e cercò di apparire il più seria possibile. «Senti, Cal... Io ti ringrazierò sempre per quello che hai fatto per me. Ti porterò sempre nel cuore ma... Erik mi ha stregata».
La gettò sul letto. «Ok, goditelo! Ma non farlo soffrire, oppure ti farò soffrire io».
Spalancò la bocca. «Quindi è questo tutto ciò che hai da dire?!» lo fissò irritata «con te è inutile! Proprio non ce la fai a dirmi 'Chloe, non mi piaci'» batté una mano sul materasso.
«E perché dovrei dirti una cosa del genere?».
«Non importa, Cal!» rispose, rassegnata «ho creduto di riuscire a farti ingelosire, razza di idiota. E l'ho fatto perché, per una volta, ho sperato di sentirmi importante per te» gli urlò contro «purtroppo sono una ragazzina viziata, che non ne capisce nulla di queste cose» fece spallucce.
«Tu continui a parlare troppo!» la afferrò per un braccio, tirandola verso sé «trai sempre conclusioni affrettate, lo sai?».
«Che ci vuoi fare, amo correre» lo fissò in cagnesco «dimostrami che mi sbaglio, grandissimo codardo» si ribellò invano alla sua presa.
Iniziò a ridere di gusto, tenendola stretta a sé. «Fa la brava. Smettila di correre e inizia a camminare. Passo dopo passo».
«Lasciami, Cal!» provò a liberarsi «sono davvero stufa di elemosinare le tue attenzioni, i tuoi sguardi, i tuoi abbracci. È tutto inutile... Sto immaginando cose che non avverranno mai! Usciti di qui, entrambi sappiamo cosa succederà. Tu riprenderai la tua vita e io tenterò di costruirmene una».
La lasciò. «Adesso basta!» cambiò atteggiamento «smettila di decidere tu per me. Smettila di mettermi in bocca parole che non ho mai detto!».
«Perché non vuoi mai esporti?! È questo contesto a frenarti o sono io il problema?» chiese, malinconica «Erik mi ha raccontato così tanto di te, ieri. Più lo ascoltavo, più amavo quello che mi diceva» posò una mano sul viso, sentendo una stretta al cuore «so di non essere il massimo come donna. So di non appartenere minimamente al tuo mondo. E so che noi due non siamo ciò che chiunque vedrebbe come 'combinazione perfetta'. Ma tu mi piaci Cal. Ed io sono stufa di fingere che posso incontrare qualcuno che non sia tu e al quale darei tutta me stessa» passò il pollice sul suo mento «perché io, per la prima volta, sono me stessa grazie a te».
Sospirò. «Non è facile, Chloe. Siamo qui, in questa stanza. Tu vittima e io carnefice» le prese quella mano, stringendola nella sua «il mondo esterno è ben diverso. Potrei ritrovarmi in carcere e di lì non potrei prendermi cura di te. Non voglio farti promesse, perché non so se riuscirei a mantenerle».
Si sentì trafiggere il cuore da una spada e annuì semplicemente. «Oh, Cal... Se solo tu sapessi quello che mi hai dato in dieci giorni, forse capiresti quanto male fa sapermi lontana da te. Ho passato una intera giornata a piangere sulla spalla di Erik, solo perché non eri qui. Mi sarebbe bastato ascoltare la tua voce, solo la tua voce» una lacrime cadde sul suo pantalone «ne ho passate troppe, Cal! Solo ora mi sono resa conto di quanto bello è stato incontrarti. Pur sapendo che non ci sarà futuro tra noi! Ma so per certo che, ovunque sarai, il mio pensiero sarà sempre per te».
«Ormai sei impressa nel mio cuore. Tieni bene a mente almeno questo» le mise una ciocca di capelli dietro l'orecchio.
Annuì, sorridendo appena. «Non so da cosa derivi questa mia insicurezza. O, forse, dal fatto che non ho mai ricevuto le attenzioni che desideravo... Tranne che da mia madre, ovviamente!» sospirò «avevo nove anni quando si separarono... Loro litigavano sempre. Ricordo che, tutte le volte, correvo via rifugiandomi nella mia stanza» strinse ancora più forte la sua mano «quando iniziavano ad urlare, io provavo immaginare di essere ovunque tranne lì. All'improvviso mi ritrovavo a danzare su prati pieni di margherite e a rincorrere farfalle» sorrise dolcemente «mia madre era così stanca di subire... Credo la tradisse il più delle volte. Quando gli ha chiesto il divorzio, lui si è preoccupato prima di toglierle i soldi e poi me. Era un gesto più di vendetta che di amore» gli lanciò un breve sguardo «lui non mi voleva, Cal! Lui non voleva figli e, quando si è ritrovato ad accettarmi, ha smesso di essere marito. Ho trascorso tutta la mia esistenza a fare come voleva lui. Pensavo che, se fossi stata quella che lui voleva, si sarebbe innamorato di me» abbassò lo sguardo, rattristandosi «non ho mai ricevuto un abbraccio da parte sua, una carezza, un bacio. Si è solo limitato a darmi il necessario per vivere. Avevo tutto e non avevo nulla... Ho finto di essere quella che si aspettavano tutti. La figlia perfetta, in un contesto perfetto. Nessuno mi ha mai chiesto cosa amassi davvero. Odio studiare pianoforte... Amo la musica classica e l'arte contemporanea. Ho sempre sognato di vivere in una casa in campagna, con un uomo bellissimo e tanto innamorato di me. Amo cucinare... Le torte sono ciò che più adoro preparare!» confessò «e poi amo gli hamburger, le patatine fritte e il cinema. Adoro leggere romanzi d'amore e sempre a lieto fine. La letteratura inglese è sicuramente ciò che amo di più. Odio l'università... Io desidero dipingere paesaggi e volti» si fermò un istante «lui non mi ha mai chiesto tutto questo. Non mi ha mai lasciato scegliere e non mi ha mai ascoltata. Dovevo andare alle feste, dovevo prendere sempre bei voti e studiare pianoforte. Ho scoperto di avere il dono della distruzione di timpani solo quando mi sono ritrovata a dover sopravvivere. Per la prima volta non avevo più qualcuno da compiacere, non avevo più qualcuno che desideravo mi amasse. Ed è stato in quel preciso istante che il mio vero essere è venuto alla luce» accarezzò le sue nocche, sospirando «non c'è mai stato qualcuno che mi guardasse per ciò che sono. Sono sempre piaciuta, perché non facevo domande e non contrastavo l'opinione altrui. Ero una bambola da esibire e che si comportava da tale. Non chiedermi perché non mi sia mai ribellata a tutto questo... Io volevo solo essere amata. E pensavo che, se mi fossi sempre comportata come gli altri volevano, sarei riuscita ad ottenere il loro affetto. E poi... Poi sei arrivato tu! L'uomo dal quale restare lontana anni luce. Uno di quegli uomini che ho sempre detestato, per il loro atteggiamento da bulli di quartiere. Ho sempre odiato la violenza e tu appari violento. Ho sempre odiato l'arroganza e tu sei arrogante» gli lanciò un'occhiataccia «ma laddove io detesti qualcosa di te, finisco sempre per amarla. La vera gabbia non è questa, Cal! La vera prigione è dove vive quel mostro che ho definito padre per troppo tempo. Io non sono quella che sta zitta e incassa... Io sono la ragazza dalla lingua biforcuta, che non riesce a non avere l'ultima parola. Io sono quella ragazza che ti ascolta e ti aiuta, sono quella stessa ragazza che desidera amare sapendo di essere contraccambiata. E non per ciò che appaio ma per ciò che sono» disse, chiudendo gli occhi per un attimo.
«Tu sei una ragazza meravigliosa» disse dopo averla ascoltata in silenzio «vorrei tornare indietro e rinunciare a tutto il dolore che ti ho provocato» le accarezzò il viso «una volta fuori di qui, promettimi che non tornerai più da tuo padre».
Scosse la testa. «Non ho intenzione di tornare da lui. Non sono più la ragazzina che fingeva di essere ciò che non è mai stata» si avvicinò a lui, posandogli un delicato bacio sulla guancia «e tu promettimi che la smetterai con tutta quella violenza, Cal!» passò una mano sul suo viso, poggiandola in direzione del suo cuore «e che ti assicurerai che io stia bene... Anche solo da lontano! Preferisco pensare che tu possa essere sempre nei passi che percorrerò, piuttosto che sapere di non essere più ciò che sono ora, per te» disse, angosciata «in qualche modo, sei stato l'incubo dal quale non mi vorrei mai più svegliare».
La abbracciò, baciandola sulla fronte e mettendole le mani nei capelli. «È impossibile lasciarti andare, Chloe Morgan. Ma non posso prendermi cura di te. So che mi arresteranno e non so quanti anni mi terranno dentro» sospirò «ma sono disposto a marcirci, pur di proteggere il mio amico».
«Cal, io non permetterò che accada. Ce la metterò tutta affinché entrambi ne usciate» accarezzò con il pollice le sue labbra «quanto buono c'è in te, mio narciso!» ridacchiò appena «qui l'unico che merita di finire in galera è mio padre!» susseguì con rabbia «mi dispiace, Cal... Ognuno di noi è rimasto vittima del suo maledetto potere. Tu ed Erik non meritate questo finale».
«Ascoltami bene!» le afferrò il viso «tu non dovrai mai fare il nome di Erik! Per favore» disse fissandola con angoscia «ho progettato tutto dall'inizio. Dovrò ritirare il riscatto un giorno. E sicuramente non troverò solo i soldi. Quel giorno troverò anche i poliziotti ad attendermi» distolse lo sguardo «sto pensando a una soluzione, affinché il denaro arrivi nelle mani di Erik. Ma io sono spacciato, Chloe. Il mio destino è segnato dal momento in cui ti ho inseguita e afferrata da dietro».
Scosse la testa, non riuscendo ad ascoltare. «Io non posso accettarlo, Cal! Non puoi chiedermi questo...» disse tra i singhiozzi «io non posso nemmeno immaginare di uscire di qui, senza di te. Ve li procurerò io, Cal!» lo guardò dritto negli occhi «ti prometto che avrà la sua somma, senza che tu faccia questo. Ti prego, non...» scosse la testa più volte, sentendosi persa.
«No, Chloe, no!» le prese le mani «non voglio né i tuoi soldi né quelli di tua madre. Voglio distruggere tuo padre. L'unico che deve soffrire è lui...e solo privarlo dei suoi soldi può provocargli sofferenza!».
Si staccò dalla sua presa, battendo le mani sul suo petto. «Ma questo era prima di me... Questo era prima di noi, era prima che...» iniziò ad urlare disperata «questo succedeva prima che io conoscessi il tuo maledetto viso! E non puoi chiedermi di consegnarti nelle loro luride mani» si allontanò da lì, alzandosi «come fai a non vedere quello che tu sei per me? Come puoi chiedermi di farti arrestare e lasciare che tu marcisca lì dentro?».
«Perché vedo fin troppo, Chloe. Solo che non voglio ammetterlo. Per il tuo bene» si alzò andandole vicino «io non posso darti ciò che vuoi. Non posso renderti felice. Non ho nulla, un lavoro, una vita felice. Nulla!».
Mise una mano tra loro, bloccandolo. Lo fissò, facendosi dura in viso. «Tu non hai proprio visto nulla, fino ad ora! Ogni volta che entri, io sono felice. Hai la ricchezza più grande da offrirmi... Il cuore!» deglutì a fatica, scacciando via le lacrime «se solo tu mi vivessi, sapresti quanto la felicità si celi dietro le piccole cose. E poi... Io sono ricca anche senza i soldi di quella bestia. Basterebbero per mollare tutto e poter ricominciare... Insieme» tirò su col naso, indicandogli la porta «va' via, Cal! Tu non stai provando a distruggere lui, tu stai distruggendo me! Non voglio più parlarne... Sei solo un idiota che non mi ha mai vista nel profondo. Il tuo amico, in una sola giornata, mi ha letta dentro. Ha visto ciò che tu ti ostini a non vedere! A differenza tua, io ringrazierò sempre il giorno in cui ho sentito il tuo odore e le tue mani afferrarmi».
Scosse la testa, resistendo con tutta la forza all'impulso di farla sua. «Se mi chiedi di uscire da quella porta, io non tornerò più da te! Così da non distruggere la tua felicità».
«Non tornerai, quando mi libererete» trattenne l'ennesimo singhiozzo «e se mi volterò per cercare il tuo viso, non lo vedrò! E quando varcherò la soglia della mia nuova casa, non ci sarai tu ad attendermi» si poggiò alla parete, sofferente «mi avrai distrutta lo stesso, quindi!».
«Potresti imparare a vivere l'attimo» la fissò attentamente.
Gli lanciò uno sguardo e sospirò. «Non mi stai dando altra scelta...» si staccò dalla parete, osservando Caleb con attenzione. Si avvicinò a lui e, senza dire nulla, prese la sua mano destra e se la portò su un fianco «se solo tutto fosse andato diversamente, tu saresti stato senza alcun dubbio l'uomo giusto nel mio mondo sbagliato» disse, posandogli un bacio sul lato del cuore, attraverso la camicia.
Lui sorrise ripensando al suo tatuaggio. Ma sapeva che non poteva illuderla. Aveva paura. Era terrorizzato dalla possibilità di non poter mantenere le sue promesse. «Vorrei portarti alla luce del sole, ma è un rischio troppo grande per me» pensò ad alta voce.
«Allora continuerò a vivere da vampira» gli afferrò il tessuto della camicia con i denti, tirando leggermente.
Rise per quel gesto. «Non riusciresti a nutrirti. Guardati, non arrivi al mio collo» mise una mano sulla sua testa.
Gli lanciò un'occhiataccia. «Potrei sempre decidere di attaccarti quando siamo su quel materasso!» sbuffò, sferrandogli uno schiaffo sul fianco «magari mentre sei impegnato ad osservarmi con occhi da pervertito!».
«Osservarti con occhi da pervertito?».
Annuì. «Pensi davvero che non mi sia accorta di come osservi il mio corpo, mentre dormo?!» lo fissò dal basso «quando avevo ancora indosso la mia costosissima camicetta, i tuoi occhi spesso cadevano sulla mia scollatura».
«Touché» sogghignò «però ti preferisco con i miei abiti. Anche se ci hai costretti ad acquistare degli slip nuovi».
Spalancò gli occhi. «Davvero ti sei esposto così tanto?!» restò spiazzata «io mi aspettavo uno dei tuoi slip, magari con una di quelle scritte sul davanti del tipo 'mangiami'».
«Nah. Quelle sono per le donne facili. Per te ho optato per il pizzo» le passò il sacchetto.
Corrugò la fronte, lanciandogli un breve sguardo. Afferrò gli slip e li osservò a lungo, sorridendo inevitabilmente. «Mi hai davvero immaginata con questi addosso?!» chiuse gli occhi a fessura, trattenendo una risata.
Annuì, mostrandole un ampio sorriso. «Non hai mai indossato le brasiliane?».
Scosse la testa. «Ho sempre tenuto ben nascosto il mio lato b, se vuoi saperlo!» ne accarezzò il tessuto «scommetto che vorresti vedere come mi stanno...» lo osservò divertita.
«Una dimostrazione non mi dispiacerebbe» fece una smorfia compiaciuta.
Scoppiò a ridere. «Tu sei davvero un pervertito!» gli diede una pacca sul braccio «non le vedrà nessuno sotto questo mio look antisesso» fece una smorfia.
Sospirò. «Che peccato!» si finse dispiaciuto.
«Io non sono una ragazza facile, caro Caleb» fece spallucce. Lo guardò ancora un attimo e lanciò la busta sul materasso, saltandogli addosso, finendo a cavalcioni sui suoi fianchi «grazie grazie grazie» gli disse, mordendolo poco dopo sul collo, senza fargli male.
«Ehi!» scoppiò a ridere, afferrandola ben salda «una vampira pericolosa».
«Te l'avevo detto che avrei potuto attaccarti senza preavviso!» rise contro la sua spalla, incontrando poco dopo i suoi occhi «non perdere mai questo sorriso, Cal!» strofinò il naso contro il suo, tornando ad inalare il suo meraviglioso odore. Quell'odore che avrebbe riconosciuto anche ad occhi chiusi. Quello stesso odore, che aveva sentito il giorno del suo rapimento e che non la abbandonava mai. Ovunque c'era Caleb, c'era il suo porto sicuro. Pur desiderando di essere sua, capì di non poter chiedere nulla a quell'uomo che era riuscito a cambiarle la vita. La realtà si discostava anni luce dai suoi sogni. Non conosceva quasi nulla di lui, eppure, l'amore era entrato prepotentemente nel suo cuore, senza che lei potesse più cacciarlo via. Avrebbe solo voluto incontrarlo in un altro contesto. Adesso che sentiva di doverlo lasciare andare, la sua anima si stava aggrappando più forte a quella di Caleb.

I due pranzarono verso metà pomeriggio in compagnia di Erik che, pur sentendosi di troppo, si sforzava di apparire a suo agio. Più li guardava e più vedeva in loro il fuoco della passione ardere. Chloe lanciava sguardi a Caleb che lui ricambiava con la stessa intensità. Erano diventati complici, amici, amanti, innamorati. Per Erik risultò impossibile credere che, nonostante quella chimica e quel forte desiderio, i due non si fossero ancora uniti. Per la prima volta, non li aveva più davanti a sé singolarmente. Lui stava assistendo a quella magia indescrivibile, che solo l'amore sa donare. E gli sembrò di assistere allo spettacolo più bello mai visto.
Trascorsero il resto del pomeriggio a raccontare a Chloe vari aneddoti sulla loro amicizia e sul come si erano conosciuti. La ragazza li ascoltò divertita e li guardò con dolcezza, quando, di tanto in tanto, si davano spintoni o ridevano di gusto. Tutto era cambiato all'improvviso. Non esisteva più una vittima e due carnefici. Adesso c'erano solo tre amici, seduti su un materasso vecchio, che si raccontavano le loro avventure.

«Siamo rimasti soli» disse Caleb entrando in stanza «ho mandato Erik a casa. Non vorrei che sua madre sospettasse qualcosa».
Annuì sorridendo. «Credo di non essermi mai divertita tanto quanto oggi! Ascoltare le vostre avventure è stato bellissimo» lo guardò «dovresti raccontarmi più cose di te» lo rimproverò.
«Adesso è tardi» afferrò l'orsacchiotto, mettendolo sul comodino.
Guardò l'orsacchiotto e gli lanciò uno sguardo. «T-tu resti qui?» chiese, accarezzandogli il braccio.
Si mise accanto a lei. «L'orsacchiotto non sarà geloso?».
Scosse la testa. «Lui sa di non potermi abbracciare come voglio io!» scostò di poco la manica del suo giubbotto «sapresti dirmi che ora è?!» chiese, non riuscendo a leggerla sul suo orologio.
Guardò l'ora. «Le 23.15. Perché? Hai un appuntamento?».
«Sì, il conte Dracula ha detto che sarebbe arrivato questa notte a mezzanotte... Solo per il bacino della buonanotte» fece spallucce «e per augurarmi buon compleanno» susseguì, sorridendo malinconica.
Spalancò gli occhi. «Compleanno?».
Annuì. «Tra poco è il mio compleanno, Cal» sorrise «ed io non potrei essere in posto migliore di questo... Con te» accarezzò il peluche «e l'orsacchiotto» ridacchiò.
Accennò un sorriso che non coinvolse gli occhi. «Non è un gran bel posto questo!».
«Ho sempre odiato le feste organizzate da mio padre. Con gente che non sa nemmeno chi sia la festeggiata ed è lì solo per ingozzarsi e bere fino a star male» spiegò, facendogli un breve sorriso «credimi, va bene qualsiasi posto... Purché io sia con chi davvero tiene a me» afferrò il suo peluche «ovviamente mi riferisco a lui... Non certamente a te» sogghignò.
«Oh certo!» si staccò da lei, mettendo le mani dietro alla testa «lui sa come abbracciarti».
Scoppiò a ridere. «Tu sei davvero il peggior sequestratore degli ultimi tempi» accarezzò la sua gamba «non conosci nemmeno l'età delle tue vittime. Le date di nascita sono alla base, signor carnefice» lo prese in giro.
Fece spallucce. «Sono stato un signore, senza ficcanasare più del dovuto» le sfilò il peluche, gettandolo in un angolo «e quanti anni fai? Undici? Dodici?» la prese in giro.
Lo fissò in cagnesco. «Non trattare in questo modo il mio Romeo. E poi, che tu ci creda o no, sono maggiorenne. Ho quasi ventidue anni, Mr simpatia».
«Romeo?» lanciò un'occhiata al peluche «sei una bimba grande allora!» la afferrò, stringendola forte a sé «finalmente sei pronta a togliere le rotelle alla bicicletta».
Rise di gusto. «Guarda che le ho tolte già molto tempo fa» si finse offesa «dovresti essere onorato a condividere questo letto con una bella ragazza. Non accade tutti i giorni alla tua età».
Rise con sarcasmo. «Ma dai! Eppure ricordo di aver condiviso il letto con così tante donne piacenti».
«Sono convinta che mai nessuna ti abbia stregato» gli fece l'occhiolino «so cosa stai cercando di fare e sappi che non otterrai la mia gelosia» sbuffò.
«Ok! Buonanotte» sogghignò.
Lo fissò a bocca aperta. «Tu non sai proprio come comportarti con una donna. E poi non voglio sapere cosa facevate nel letto tu e le tue donnacce piacenti» gli diede un calcio sul ginocchio, voltandosi dalla parte opposta «ti odio! Oh, quanto ti odio! Ti odio immensamente» brontolò.
«Ahio!» si toccò il ginocchio e la abbracciò da dietro «buonanotte, brontolona».
Sorrise teneramente, senza dire nulla. Accarezzò il suo braccio e chiuse gli occhi, sentendosi stranamente felice.
Finalmente, dopo tutti quegli anni vissuti in gabbia, era nel luogo più impensabile, con l'uomo che amava e il suo adorato peluche. Chloe sapeva che, per sentirsi a casa, le bastava lui.

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