«Ehi tu...sveglia» Caleb iniziò a scuotere Chloe.
«Mh...» mugolò, aprendo gli occhi riluttante «c-che succede?» sbatté le palpebre più volte, frastornata.
«Svegliati!» le liberò i polsi «stiracchiati un po'!».
Fece come le fu detto, sentendo le braccia indolenzite e doloranti. «Mi fanno male...ed è tutta colpa tua» se le massaggiò, fissandolo in cagnesco.
«Allora, micetta, tra poco ci sarà la tanto attesa visita! Ti consiglio di fare la brava bambina» afferrò la giacca di pelle e la indossò, accendendo la torcia «dovrai stare vicino a me e non dovrai né muoverti e né fiatare».
«E se non volessi?! Ti ricordo che sono colei che cercano. Ho la possibilità di venirne fuori, come pensi che potrei starmene zitta? È umanamente impossibile».
La afferrò e la fece cadere in braccio a lui. Le prese il viso per farsi guardare. «Li uccido...uno per uno. Se osi anche solo fiatare, li faccio fuori davanti ai tuoi occhi» la strattonò «spero di essere stato chiaro. Adesso basta favoritismi. Divento molto cattivo».
Lo guardò sconvolta, smettendo di parlare. Abbassò lo sguardo e restò in silenzio, mentre alcune lacrime iniziarono a cadere sul suo jeans, bagnandolo. Era ad un passo dalla libertà, ma sentiva di dover proteggere chi amava più di se stessa.
Nel frattempo, in lontananza si udirono delle voci e Caleb bloccò Chloe a sé, sussurrandole ancora di star zitta.«Forza, apra questa porta» esclamò un poliziotto ad Erik, mentre altri due iniziarono a perlustrare l'ambiente esterno.
Erik levò il catenaccio, dopo aver aperto il lucchetto e lasciò entrare i poliziotti, seguendoli poco dopo. «Perdonate la polvere» esclamò, apparendo sereno e rilassato.
Due agenti entrarono e iniziarono a guardarsi intorno, mentre un terzo ispezionava la mappa dell'abitazione dando indicazioni ai due.
«Ha mai passato del tempo in questa residenza, signor Williams?» chiese l'agente Bell.
«Solo qualche serata con le mie varie conquiste» rispose immediatamente, seguendo con lo sguardo gli altri tre agenti «preferisco incontrarmi qui con le donne che frequento».
«Capisco» spalancò la porta della camera da letto ed entrarono.
Uno toccò il materasso gettato a terra. «Le tue conquiste le porti qui?» chiese alquanto schifato.
Annuì. «Come può notare lei stesso, questo materasso è stato parecchio usato!» ribatté ironico.
«E questi libri?» chiese uno di loro, osservando la libreria che nascondeva la porta a muro ove vi era Caleb con la ragazza.
«Fanno solo scena! Alle donne intriga l'uomo poeta e romantico. Sono per la maggior parte raccolte di poesie e romanzi d'amore» rispose, contraendo la mascella.
L'agente ne afferrò uno e ne diede uno sguardo breve all'interno, rimettendolo poco dopo al suo posto.
Caleb mise una mano sulla bocca di Chloe e cercò di mantenere la calma, osservando le ombre che notava dalle fessure.
«Dovrebbe curare l'aspetto di tutta la casa. Non solo della libreria» l'agente Morrison piegò in due la mappa «c'è un'ultima stanza. La mansarda».
«Da questa parte» Erik fece loro strada, precedendoli «quest'ultima zona è molto sporca e trascurata, lo ammetto! Come avete visto, utilizzo questo casolare solo all'occorrenza» fece spallucce, sentendo la sudorazione aumentare.
Due agenti salirono in mansarda, mentre Morrison continuò ad osservare la libreria. Passò la mano sul muro dove era poggiata e, non notando nulla di sospetto, raggiunse gli altri in mansarda.
Erik lo guardò attentamente, per captare qualche segnale d'allarme e, appena lo vide tranquillo e all'apparenza non sospettoso, si rilassò di poco, continuando a rispondere ad ogni loro dubbio.
Chloe, nel frattempo, vide lentamente svanire la possibilità di essere finalmente liberata. Sentì i loro passi sopra la sua testa e alzò gli occhi verso il soffitto, provando un immenso dolore dentro.
L'ispezione durò all'incirca un'ora e, non appena i poliziotti furono soddisfatti, abbandonarono il casolare accompagnati da Erik.
Caleb si assicurò che fossero soli e si rilassò.
«Sei stata brava! Meriti un premio» sorrise «dimmi cosa ti piacerebbe mangiare e io te lo procurerò» si guardò intorno «ovviamente non appena verranno a tirarci fuori».
«Sai cosa ha significato per me tutto questo?» lo fissò, provando a controllare la rabbia «adesso mi dici che merito un premio. Cosa ti aspetti esattamente, che faccia i salti di gioia, chiedendoti ostriche e champagne per festeggiare?».
Fece spallucce. «Può darsi. Ma meglio di no...non ho i soldi necessari».
«Decidi tu per me. In fondo, lo fai sin dal primo istante in cui avete deciso di portarmi via dai miei affetti, dalla mia vita, dalla mia quotidianità» calciò la sedia di legno, facendo una smorfia di dolore poco dopo.
La fissò divertito. «Hai finito con la sceneggiata?».
«Ti odio! Ti odio con tutta la mia anima!» batté i piedi, cacciando un urlò liberatorio «mi irriti profondamente!» afferrò il suo peluche, sedendosi «non ho mai incontrato una persona più cattiva, avara e strafottente di te!».
«Oh, io sì! Tuo padre» esclamò infastidito «peccato che tu non te ne renda conto».
«Mio padre mi libererà e vi manderà dritti in galera» ribatté velenosa «e quando accadrà, prima di voltare definitivamente pagina, verrò a trovarti per guardarti dritto in faccia! In quel momento, sarò proprio curiosa di conoscere il volto della bestia che mi avrà segnato per sempre l'esistenza».
Caleb non ci vide più e la afferrò per le braccia. «Ascoltami bene, ragazzina. Non ti sopporto più» esclamò scuotendola «hai una lingua molto tagliente. Puoi insultarmi quanto vuoi, ma non nominare più quell'essere che tanto ami chiamare 'padre'» la spinse via «dove cazzo è finito quello?» disse rabbioso.
Si massaggiò le braccia per la stretta ricevuta e smise di provocarlo, temendo in una sua reazione violenta.
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35 DAYS OF YOU
ChickLitSacramento. California. Samuel Morgan, un ricco uomo spietato, decide improvvisamente di chiudere la sua azienda metalmeccanica vendendola per una cospicua somma e licenziando senza spiegazioni gli ottanta operai. Tre di loro, Caleb Erik e Joseph, o...