Quella mattina, Erik si svegliò verso le 7.00 e preparò qualcosa da mangiare, attendendo Caleb in cucina. Si fumò una sigaretta e osservò il disegno di Chloe, notando con quanto amore aveva riprodotto quelle mani su un semplice foglio. Caleb lo raggiunse verso le 8.00 e si accomodò sul divano, dopo aver afferrato il suo caffè forte.
«Ha apprezzato il tatuaggio, vero?» gli chiese Erik, lanciandogli uno sguardo «quello che ha creato è meraviglioso! Due semplici mani, che parlano di voi».
«Sì, lo ha apprezzato tantissimo! E anche Jack è rimasto incantato dal talento di Chloe» sorrise «le ho consigliato di andare da lui».
«Vuoi che si faccia un tatuaggio? Ma lei non è una ragazzaccia come il suo quasi marito» sogghignò «e cosa ne pensa, è d'accordo?»
«Certo! Diventerà l'incubo dei genitori» scoppiò a ridere.
Lo guardò, ridendo anche lui. «Del padre sicuramente! Voi due siete pazzi. Totalmente pazzi!» sospirò rassegnato «ascolta, Cal...dovrei allontanarmi massimo per un'ora! Devo accompagnare mamma dal medico e fare un po' di spesa. Abbiamo divorato l'impossibile in questi giorni».
«Va pure. La gattina la gestisco io» gli fece l'occhiolino.
«Su quello non ho dubbi» afferrò la giacca, spegnendo la sua sigaretta «ci vediamo dopo, prometto di prepararti degli spaghetti che ricorderai per sempre! La cucina italiana è una mia passione da sempre» gli diede una pacca sulla spalla, salutandolo.
Caleb subito dopo tornò da Chloe con la colazione. La svegliò con dolcezza e sorrise nel vedere lo stupore in lei.
«Te l'avevo detto che sono capace di essere molto dolce».
Sorrise teneramente. «Decisamente dolce, amore mio! Ma non farmi abituare troppo a questi risvegli o rischi di farlo per tutta la vita» gli posò un bacio sulle labbra, mettendosi seduta «sei stranamente bello stamattina. Più del solito».
«Nah! Sono sempre lo stesso. Sarà che sei ancora assonnata» si allontanò un attimo e tornò da lei con un mazzo di gigli bianchi.
«Amore...» proferì sorpresa «sei un cucciolo dolcissimo» si alzò, correndo da lui. Gli saltò addosso e lo riempì di baci, godendosi la sua risata «ti amo, ti amo, ti amo» affondò il viso nel suo collo, posandogli tanti baci su di esso «il mio bouquet lo voglio di soli gigli bianchi. E dovranno esserci anche tra i miei capelli».
«Tra i capelli?» la osservò stranito «non sono troppo grandi? Finiresti per assomigliare ad una fioriera».
Scoppiò in una grassa risata. «Solo uno...Il più piccolo che esista» ribatté, rimettendosi in piedi. Afferrò i fiori e li mise nel suo vaso, accarezzando i petali «ho un'idea sul mio tatuaggio. Dopo vorrei mostrarti il disegno, se ti fa piacere. Appena lo avrò realizzato, ovviamente».
«Potresti mostrarmi non solo il disegno» la afferrò da dietro e mise le mani sotto il maglione.
«Caleb Jones, lei sta attraversando una zona pericolosa con le sue manine» ridacchiò «ma io posso mostrarle tutto ciò che desidera».
«Dopo! Adesso devi fare colazione, così vado a riordinare un po' la cucina. Oggi Erik ci regalerà un pranzo italiano» la girò verso sé, baciandola con passione.
Mise le mani nei suoi capelli, portandolo con decisione verso di sé. Affondò la lingua nella sua bocca e lasciò che le loro labbra si desiderassero, prendendosi quel sapore che amava immensamente. «T-tu mi annienti...» disse contro quella bocca, staccandosi riluttante da quel bacio.
«Oh, tu non sei da meno» sussurrò, sfiorando quelle labbra così perfette «ti amo».
«Vorrei me lo dicessi per una vita intera. Adoro quando lo fai. Le tue labbra si schiudono e sembrano baciare questa parola» strofinò il naso contro il suo «e forse la baciano davvero...».
«Ti amo...ti amo...ti amo».
Baciò le sue labbra più volte, accarezzando il suo viso. «Come farò senza la tua voce, Caleb Jones...» lo strinse forte, chiudendo gli occhi per un attimo. Sospirò e si staccò da lui, afferrando il suo caffè «quando tornerai, ricordati di riempirmi di abbracci, di ti amo e di baci. Perché saranno le cose che mi mancheranno di più. Oltre alla tua presenza».
«Ti regalerò il mondo» le accarezzò il viso «o quasi! Diciamo che ti regalerò cose che posso regalarti. I miei ultimi risparmi li ho utilizzati per quei fiori».
«Amore mio, va bene così. Hai fatto così tanto per me in questo mese, da non riuscire a dirti quanto te ne sono grata. Ti basta guardarmi e il mondo me lo regali già» sorrise con dolcezza, iniziando a sorseggiare il caffè.
«Sì certo, però la mia colazione non la gusti come questa» mise il broncio.
Lo guardò e gli prese la mano, tirandolo verso di sé. «Ma pensi davvero che apprezzi molto di più la colazione di Erik, piuttosto che la tua?».
«Sì!» circondò le sue spalle col braccio.
«E ti sbagli!» gli posò un bacio sul petto «io voglio passare la vita a gustare i tuoi piatti. Che siano insipidi o bruciati, poco importa! Amerei ogni cosa cucinata da te» addentò il bacon «questo non è nemmeno bruciato...Come può piacermi?» disse con sarcasmo.
«Allora da domani mi occuperò personalmente della tua colazione!» la baciò sulla guancia «ogni singolo giorno».
«Ed io ti amo sempre di più. Ogni singolo giorno di più» gli circondò la vita con il suo braccio, inalando il suo profumo «sei tutta la mia vita, Cal! Non potrei vivere senza di te».
Affondò il viso nei suoi capelli, inalandone il profumo. «La mia primavera».
Sorrise teneramente. «E tu sei tutte le mie stagioni, amore mio!» gli posò un bacio sul collo «non vedo l'ora di vederti in versione sposo, sai? Sono sicura che sarai meraviglioso. Ormai immagino spesso il nostro giorno».
«Non sarà molto diverso da come sono adesso. Un jeans, una t-shirt bianca e un paio di scarpe sportive» sogghignò.
Alzò un sopracciglio. «E una bandana in testa. Giusto per risultare ancora più elegante...» ribatté acida «senza dimenticare la sigaretta poggiata sull'orecchio» fece una smorfia.
«Bravissima!» mostrò un ampio sorriso e la strinse forte a sé «mi vestirò di tutto punto, sta tranquilla».
Ridacchiò. «E sarai da togliere il fiato» si aggrappò alle sue braccia, come se non volesse staccarsi più «adesso inizierò il mio disegno, Mr Jones! Ho un tatuaggio da realizzare» gli fece l'occhiolino «e sappi che questo sarà un gesto d'amore che compirò nei tuoi confronti».
«Va bene!» la baciò e si rialzò, afferrando il vassoio «ti lascio tranquilla».
«Dopo te lo mostrerò, amore mio!» lo guardò e sorrise dolcemente afferrando i fogli. Appena lo vide davanti alla porta, li fece cadere sul materasso e corse da lui, prendendo il suo viso tra le mani. «Io vivo grazie a te! Non dimenticarlo mai, Cal! Mai...» premette le sue labbra contro quelle di lui e lo baciò intensamente, donandogli tutto il suo amore «a dopo...» mordicchiò il suo mento, accarezzando una ciocca dei suoi capelli.
Sorrise. «Non potrei mai dimenticarlo» uscì di lì e sussultò, trovandosi Joseph di fronte «c-che ci fai qui?» chiuse la porta alle sue spalle, girando la chiave.
Piegò la testa di lato, fissandolo in silenzio. «Dove cazzo è il tuo passamontagna?» chiese con calma, chiudendo la mano in un pugno.
Andò a lasciare il vassoio. «La ragazza sta dormendo. Era inutile».
«Io vivo grazie a te, Cal!» scimmiottò, contraendo la mascella «hai provato a fottermi, grandissimo pezzo di merda» alzò la voce, afferrandolo per il maglione, strattonandolo con tutta la forza che aveva dentro «che cazzo stai facendo, eh?» lo spinse con violenza contro il muro, scaraventando per terra i piatti e i bicchieri presenti sulla tavola.
Si rialzò a fatica, sistemandosi il maglione. «Io non sto fottendo proprio nessuno» il suo sguardo si indurì.
Gli andò vicino e lo afferrò per i capelli, avvicinando il viso al suo. «Vi ho visto con i miei occhi, stronzo!» urlò, fissandolo con disprezzo. Strinse le ciocche nella mano e lo sbattè contro il divano, sentendo la rabbia aumentare.
Tossì, rialzandosi. Si girò di scatto e gli sferrò un pugno in pieno viso. «Cos'è? Hai paura di perdere i tuoi soldi?».
Cadde di peso sul pavimento, portandosi una mano sulle labbra. Si vide le dita sporche di sangue e si rimise in piedi, mollandogli un forte schiaffo con le nocche, colpendogli uno zigomo. «Ti fotti la troia dall'inizio. Te la sbatti per assicurarti che non ti mandi in galera, vero?» gli sputò in faccia.
Si ripulì, sputando a terra il sangue. «Cosa cazzo ti rode davvero?» sogghignò Caleb«hai paura di non saldare la miriade di debiti che hai col mondo?».
«Tu d'ora in poi fai come cazzo dico io» gli urlò contro, sferrandogli un pugno all'improvviso «lo sapevo che non dovevo fidarmi di una merda come te!» si toccò le nocche doloranti, battendo una mano al muro.
Caleb cadde di peso a terra e iniziò a respirare a fatica. «E chi cazzo sei tu per dire cosa devo fare?» provò a rialzarsi, non riuscendoci.
Gli sferrò un calcio sull'addome, afferrandogli nuovamente i capelli in una mano. Lo portò contro di sé, osservando la sofferenza nei suoi occhi. «Io quella puttana te lo sgozzo e poi do fuoco al suo cadavere. Ma prima taglio la testa a tua 'suocera' e te la metto su un piatto d'argento, grandissima testa di cazzo» gli ringhiò contro, mollando la presa con violenza.
«Maledetto bastardo, tu non tocchi proprio nessuno!» urlò scaraventandosi su di lui e cadendo entrambi a terra «io ti ammazzo, pezzo di merda!» iniziò a sferrargli dei pugni.
Joseph provò ad attutire i colpi, senza riuscirci. Gli bloccò la mano e lo spinse all'indietro, sputando sangue. Tossì più volte, mettendo una mano in tasca. «Sarò io ad ammazzare te, stronzo» urlò, tenendo in una mano il coltellino di Caleb. Si rimise in piedi a fatica e si scagliò contro di lui, puntandoglielo alla gola «devi dirmi dove sono i soldi o giuro che te l'ammazzo seduta stante» ribatté a denti stretti, premendo la punta sulla sua pelle.
«Tu non farai proprio un cazzo!» esclamò improvvisamente Erik, afferrandolo per la giacca e scaraventandolo contro il tavolo «perché prima ti avrò ammazzato io!» gli tolse il coltellino di mano, lanciando uno sguardo a Caleb che sputava sangue.
Lui si rialzò e all'improvviso barcollò, cadendo nuovamente a terra. «Lascia...lascia stare» chiuse gli occhi, sentendosi morire.
Spalancò gli occhi, guardando il suo amico stare male. Gli andò vicino e gli prese il viso tra le mani, ritrovandosi Joseph alle spalle.
«D'ora in poi, farete entrambi quello che dico io! E tu, pezzo di merda, ti esporrai fino a quando non avrò nelle mani quella dannata somma» si rivolse a Caleb, sferrando un colpo sulla schiena ad Erik, che cadde dolorante all'indietro «e tu farai esattamente ciò che ti ordino. Altrimenti, stasera stessa, ammazzo la mamma e poi la figlia» li minacciò, ripulendosi dal sangue.
«Avrei dovuto toglierti dalla faccia della terra, quando ne ho avuto occasione» ribatté Erik, rimettendosi in piedi, nonostante il dolore che sentiva.
«Chloe...» sussurrò Caleb, lanciando uno sguardo alla porta.
«Non la rivedi più!» gli disse Joseph, avvicinando il viso a quello di Caleb «mi hai sentito bene, gorilla del cazzo? Non la vedi più!» gli sputò nuovamente in faccia, rivolgendosi ad Erik «se non vuoi che faccia una brutta fine, dovrai occupartene tu! Lui non metterà mai più piede lì dentro» lo minacciò, recandosi davanti alla porta della ragazza. Batté con violenza la mano su di essa, sentendo un urlo provenire dall'interno. Sogghignò e guardò Caleb passando la lingua sulla porta «se non vuoi che me la sbatto davanti ai tuoi occhi, farai esattamente quello che dico io» proferì, tornando in cucina.
Erik lo fissò disgustato, impotente di fronte a quella minaccia che metteva in pericolo la ragazza.
«Proteggila, ti prego» estrasse dalla tasca la chiave e gliela porse con mano tremante «lascia perdere tutto. Occupati di lei» lo fissò con occhi spaventati.
Erik contrasse la mascella, limitandosi ad annuire.
Joseph sogghignò, sedendosi comodamente sul divano. «All'appuntamento ti presenterai tu! Metterai i soldi al sicuro e ti assumerai ogni fottuta responsabilità» disse a Caleb, accendendosi una sigaretta «alla troia penserai tu invece! Pane e acqua d'ora in poi. E può pisciarsi nelle mutande» si rivolse nuovamente ad Erik, toccandosi il labbro rotto.
Caleb si alzò da terra senza rispondergli e, ignorandolo, andò in bagno. Afferrò un'asciugamani e lo bagnò, ripulendosi dal sangue. Guardò la sua immagine riflessa nello specchio e serrò la mascella. Capì di aver giocato troppo col fuoco e ormai si era irrimediabilmente bruciato. Sospirò e abbassò lo sguardo. Era ormai impotente. Poteva reagire, ma la paura lo bloccava. Era terrorizzato per l'incolumità di Chloe.
La ragazza nel frattempo guardò la porta terrorizzata e si accasciò a terra, capendo che era successo qualcosa al suo uomo. Si rialzò a fatica e si nascose in un angolo, tremando dalla paura. «Amore mio...» sussurrò, iniziando a piangere. Chiuse gli occhi e si portò una mano sulla bocca, soffocando un urlo di disperazione contro di essa.
Erik lanciò uno sguardo al suo amico e, costretto da Joseph si occupò del pranzo, pur non riuscendo a concentrarsi.
«Pane e acqua!» esclamò nuovamente, bloccando ogni sua iniziativa.
«Ho fame! Dovrei mangiare pane e acqua anche io?» ribatté Erik aggressivo, scuotendo la testa schifato.
«Lei non mangerà quello che cucinerai» lo avverti, guardando Caleb «hai chiuso, forzuto Jones! Resterà un ricordo per te la puttanella» si prese gioco di lui, stappandosi una birra.
«Perché non mi ammazzi? Hai l'occasione per farlo» lo fissò rabbioso «e invece non fai altro che ubriacarti! In fondo l'alcol è l'unica cosa che ti è rimasta. Hai perso tutto...tutto».
Strinse la bottiglia nella mano e la lanciò contro di lui, colpendo il muro alle sue spalle. Erik sussultò e si bloccò, fissandolo sconvolto.
«Non continuare a provocare o giuro che la butto giù quella porta del cazzo! Mi servi vivo, pezzo di merda! Altrimenti avrei già fatto quello che desidero da tempo».
Fissò il muro alle sue spalle. «Non ti godrai quei soldi! Hai così tanti debiti, che ti sfileranno anche le mutande» disse tornando a guardare lui.
Scoppiò a ridere. «Sai sempre tutto, vero? Ti piace mantenere il controllo e dimostrare che non hai paura di nulla. Eppure prima ti stavi cacando sotto, all'idea che potessi ucciderti la troia. Cosa fai esattamente? Te la sbatti promettendole fiori e cuori? Ti piacerebbe se fossi io a scoparla, Caleb Jones? Ma non qui dentro...Lo farei una volta fuori! Lontano dalla tua protezione. E mi assicurerei di non essere solo in quel momento» si leccò le labbra, fissandolo con aria di sfida.
«Toccala e ti giuro che le gambe te le spezzo» esclamò rabbioso.
Lo fissò con disprezzo. «Andrai in galera. E da lì non ti sarà possibile fermarmi» ribatté, passandosi una mano sul membro.
«Basta Jo! Smettila di provocare e nessuno si farà male! Finiamo questa storia e vattene a fanculo!» batté una mano sul tavolo Erik, afferrando l'acqua e il pane «vado a tranquillizzarla! L'avrai spaventata».
«Meglio! Inizia ad abituarsi alla vita che vivrà fuori, se il suo fidanzatino continua a fottermi».
Caleb uscì da quella stanza, recandosi all'esterno e accendendosi una sigaretta. Voleva fuggire in quel preciso istante, ma l'incolumità di Chloe era molto più importante.
Erik fece un grande respiro e afferrò il passamontagna, recandosi da Chloe. Aprì la porta e la richiuse immediatamente a chiave, trovando la ragazza in un angolo con lo sguardo smarrito.
«Chloe...» sussurrò, correndo da lei. L'afferrò per le braccia e la tirò su, accarezzandole il viso «va tutto bene! Va tutto bene» la tranquillizzò, notando i suoi occhi sgranati.
Levò il passamontagna dal viso e la portò contro il suo petto, sentendola tremare nelle sue mani.
«C-Caleb...Voglio Caleb» proferì a fatica, stringendosi a lui per la paura «Joseph è qui e gli ha fatto del male. Ho sentito che gli faceva del male».
«È tutto ok, Chloe! Sta bene, hanno solo discusso e fatto a botte. Lui non può venire da te...È troppo rischioso» sospirò dispiaciuto, provando a calmare il suo malessere.
«Voglio vedere come sta! Devo curarlo. Devo prendermi cura di lui» rispose fuori di sé, senza riuscire a smettere di tremare. Chiuse gli occhi e provò a calmarsi, pensando al suo uomo.
«Non posso restare qui a lungo! Stai tranquilla, ok? È quasi finita. Lui sta bene e ti pensa. Devi resistere, Chloe» gli accarezzò il viso, asciugando le sue lacrime. La fece sdraiare sul letto e la coprì con il lenzuolo, uscendo da lì solo dopo essersi assicurato che non tremasse più.
Tornò da Joseph e lo guardò con odio, uscendo all'esterno per prendere aria.
«Non sta bene» disse a denti stretti al suo amico, senza attirare l'attenzione di Joseph.
Sospirò, portandosi una mano sul viso. «Resta qui. E tienilo d'occhio» si alzò e fece il giro dell'abitazione, raggiungendo la finestra della stanza di Chloe «ehi, micetta!» sussurrò appena.
Chloe sgranò gli occhi e portò la sedia davanti alla finestra, salendoci su. «No!» proferì sconvolta, notando il suo viso tumefatto. Si portò una mano sulla bocca e ricominciò a piangere, avvertendo un dolore al cuore «amore mio...» sussurrò a fatica, ricominciando a tremare.
«No, micetta, no!» le fece un sorriso rassicurante «va tutto bene. Adesso devo proteggerti, amore mio. Ti prometto che andrà tutto per il meglio. Fidati di me» si guardò intorno «resisti solo un altro po' e ti prometto che si risolverà tutto».
Singhiozzò, allungando la mano verso di lui, non riuscendo a raggiungere il suo viso. «Devo curarti le ferite. È mio dovere farlo...» disse spaventata, trattenendo un singhiozzo «ho paura. Ho tanta paura, Cal».
«Ehi, lo farai! Non avere paura, ci sono io. Ti proteggo, Chloe. Sono il guardiano della tua porta. Mi fai un sorriso? Ne ho bisogno».
Annuì, lasciando apparire sul suo volto un sorriso dolce. «Resta vivo, ti prego! Io muoio se ti perdo» si strinse nella sua felpa, scendendo dalla sedia. Afferrò il disegno e tornò da lui, mostrandogli l'unica parte realizzata «lo completerò e lo farò per te! Guardalo, Cal...È il mio gesto d'amore per te».
Sorrise. «Sarà bellissimo. Come te» la osservò in silenzio «ti amo!» le mandò un bacio volante e si allontanò.
«Ti amo anche io...» sussurrò tra sé, scendendo dalla sedia. Si portò la mano sul petto e si gettò sul materasso, stringendosi al suo orso gigante.
Caleb si avvicinò ad una pietra e la scostò. Scavò un po' nella terra e afferrò la scatola, aprendola. Recuperò il cellulare e tornò da Erik.
«È tutto ok?» chiese Erik, lanciando uno sguardo all'interno, dove Joseph stava sorseggiando la sua birra.
Annuì. «Ha iniziato a disegnare un giglio che vuole tatuarsi» sorrise e all'improvviso abbassò la testa, lasciando spazio alle lacrime.
Lo guardò dispiaciuto, sentendo la rabbia travolgerlo. «Non è giusto! Quel pezzo di merda ci sta tenendo in pugno» scosse la testa, passandosi una mano sulla fronte «mi dispiace, Cal! Non vorrei questa sofferenza sul tuo viso. Mi fa male pensarti lontano da lei».
Scosse la testa, asciugandosi il viso. «Va tutto bene» afferrò un'altra sigaretta «sono io che fotterò lui. Devo solo capire come» la accese con mano tremante.
«Cal...» abbassò la sua mano, guardandolo «non stai bene! Sei troppo agitato. Le tue mani tremano e il tuo viso è gonfio».
«Va tutto bene!» ripeté lanciandogli un'occhiata «è tutto finito. Restituirò la libertà a Chloe» si passò una mano tra i capelli «queste ferite guariranno».
Sospirò, annuendo. «Devi mettere del ghiaccio sullo zigomo. Hai sputato sangue e non mi è piaciuto» rispose preoccupato «non avrà quei soldi. Lo dobbiamo fottere! Dobbiamo proteggere Chloe e sbarazzarci di lui».
Annuì. «Sto bene! Non è nulla di grave» rientrò e prese del ghiaccio. Si andò a sedere per terra, accanto alla porta di Chloe, e posò il ghiaccio sul volto.
«Cosa fai, vegli la puttanella, Mr Jones?» chiese Joseph, sogghignando «non puoi mica proteggerla per sempre...» susseguì tagliente.
«Pensa ad ubriacarti» ribatté infastidito.
«Non ti conviene rispondere così, sai? Mamma gatta è a casa adesso! Sarà meglio non farle avere visite» continuò a prendersi gioco di lui, scaraventando per terra la bottiglia vuota e facendola finire a pochi centimetri da Caleb.
La fissò e non disse nulla, continuando ad alleviare i dolori che sentiva sul viso.
Chloe andò a sedersi davanti alla porta, posando le mani su di essa. Chiuse gli occhi e le parve di sentire vicino a sé Caleb, lasciando cadere le lacrime lungo il suo viso. Lanciò un pensiero a Joseph e lo odiò con tutta se stessa, giurando che gliel'avrebbe fatta pagare.
Erik preparò un panino per lui e il suo amico e andò a sedersi accanto a Caleb, porgendogli il piatto. «Arriverà ubriaco a stasera, se continua così».
«Cerca di farlo arrivare ubriaco a domani! Porgigli più birre possibili. Lo sappiamo che non le rifiuta mai» sussurrò rinunciando al suo panino.
«Sarà fatto! Dopodiché ci sbarazzeremo di lui e salveremo Chloe. È finita, Cal. Pagheremo per i nostri errori e sarai libero di amarla. Vivrete la vostra storia e nulla vi impedirà di stare insieme. Quel pezzo di merda marcirà in carcere! Il lieto fine non è contemplato nel suo destino» lo tranquillizzò, dandogli una pacca sulla gamba.
Annuì, poggiando la testa sulle ginocchia. Chiuse gli occhi e cercò di pensare ad una soluzione per farla finita.
Erik si alzò e tornò in cucina, lanciando uno sguardo a Joseph. Lo fissò per alcuni secondi e sospirò, posando il piatto di Caleb sul tavolo.
«Lo mangio volentieri io!» esclamò lui, afferrando il panino e addentandolo. Gli fece un sorriso beffardo e si alzò, andando a sedersi fuori.
«Gli spaccherei la faccia, credimi!» disse Erik, poggiandosi allo stipite della porta «si strozzasse con quel panino».
«Stasera dovrai lasciare la chiave nella serratura. Ho già un piano» si alzò, accendendo l'ennesima sigaretta «tu dovrai solo preoccuparti di controllare il suo tasso alcolico» gli andò vicino «e dovrai essere pronto al sacrificio!».
«Cal, che vuoi fare?!» lo guardò preoccupato «se quello si accorge di qualcosa, siamo nei guai!».
«Andrà tutto bene! Quando se ne sarà accorto, avrà già le manette ai polsi» sorrise appena «sei disposto alla resa insieme a me?».
«Non devi nemmeno chiederlo, Cal! Cadi tu, cado io e ci rialziamo insieme» gli diede una pacca sulla spalla, stappando una birra «sul panino non vorrà mica bere l'acqua?!» sogghignò, riferendosi a Joseph.
Lo guardò divertito. «Così si fa!» gli fece l'occhiolino e si sedette sul divano per riflettere.
Era arrivato il momento di rimettere tutte le cose al proprio posto.
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35 DAYS OF YOU
ChickLitSacramento. California. Samuel Morgan, un ricco uomo spietato, decide improvvisamente di chiudere la sua azienda metalmeccanica vendendola per una cospicua somma e licenziando senza spiegazioni gli ottanta operai. Tre di loro, Caleb Erik e Joseph, o...