TI DEVO PARLARE

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Chloe non chiuse occhio tutta la notte. Si alzò riluttante verso le 7.00 e si sedette al bordo del letto, passandosi una mano sul viso. La sera precedente, mentre era a cena con sua madre, era quasi riuscita a tirar fuori il coraggio per dirle la verità. Poi, travolta dalla paura, aveva concluso che era meglio tacere. Alzò il cuscino e prese il cellulare di Caleb tra le mani, fissandolo per un tempo indefinito. Fece un lungo respiro e si alzò, camminando avanti e indietro per la stanza. Diversi pensieri negativi affollarono la sua mente, ma sapeva di non poter continuare a nascondere la verità. Nonostante l'agitazione, uscì dalla stanza e raggiunse la cucina, decidendo che era arrivato il momento di affrontare Samantha.
«Ciao, mamma» proferì, restando sulla soglia.
«Buongiorno tesoro» sorrise «ho appena preparato la colazione. Waffle con gelato, proprio come piace a te» mise il tutto a tavola.
Guardò il piatto e fece un passo in avanti, deglutendo a vuoto. «D-dobbiamo parlare, mamma. Se non lo faccio ora, non credo di riuscirci nuovamente» rispose agitata, toccandosi nervosamente una ciocca.
«Che succede?» corrugò la fronte «Chloe ti prego, non mi spaventare».
Fece un altro passo in avanti, scuotendo la testa. «Non voglio spaventarti. Ma... Devo dirti quello che è successo realmente in questo mese. Il vero artefice del mio rapimento, si chiama Joseph Brown» la guardò, restando ferma al centro della stanza e sperando di riuscire a mentire nel modo migliore«l'uomo che ha sparato a Caleb Jones, il ragazzo che hai visto sulla barella. Sia lui che Erik Williams sono stati costretti ad eseguire gli ordini, poiché minacciati da Brown» fece una pausa, provando a captare la reazione di sua madre «erano tutti e tre arrabbiati con papà, per la storia del licenziamento e questo non ha fatto altro che alimentare il loro desiderio di vendetta. Joseph Brown, si è nutrito delle loro debolezze, promettendo una cospicua somma di denaro se avessero fatto tutto ciò che voleva lui» si passò una mano sulla fronte, non sapendo come proseguire «Caleb Jones ed Erik Williams, a sua insaputa, mi hanno trattata da essere umano. Quando lui si assentava, Caleb si prendeva cura di me. H-ho subito un tentato abuso sessuale, mamma. Brown ha cercato di violentarmi» si fermò un istante, sentendo le lacrime riempirle gli occhi.
Sussultò, portandosi una mano sulla bocca. «U-una...una violenza?» iniziò ad agitarsi.
«Mamma, Erik Williams lo ha impedito. E appena Caleb Jones lo ha saputo, gli ha impedito di avvicinarsi a me da quel momento in poi» si accomodò sulla sedia, sentendosi mancare la terra sotto i piedi «quello che sto cercando di dirti è che un uomo davvero cattivo non ti dà i suoi indumenti, perché i tuoi sono stati brutalmente strappati. Un uomo cattivo non ti regala un orso gigante, per farti sentire meno sola. E un uomo cattivo non si innamora della sua vittima» confessò tutto d'un fiato, portandosi una mano sulla fronte «mi ha protetta, mamma. Ha protetto entrambe da quella bestia. È stato Joseph Brown ad aggredirti. Caleb lo ha scoperto e mi ha consegnato una prova. Lui non voleva i tuoi soldi, né quelli di Samuel Morgan. Ho trascorso molto tempo con lui e ho finito per amarlo da morire».
La donna la ascoltò sconvolta. «C-cosa stai dicendo?» sussurrò stringendo la collanina tra le mani «sei impazzita?».
«Non sono mai stata così tanto lucida in vita mia, mamma. Non mi aspetto che tu capisca. Io, però, dovevo dirtelo. Amo il ragazzo che hai visto su quella barella. Lo amo come non ho mai amato nessuno. È stato lui a porre fine alla mia prigionia...si è arreso al suo destino, per riconsegnarmi all'unica donna che mi ama davvero» fece una pausa, trattenendo un singhiozzo «è venuto in ospedale da te, mamma. I fiori che hai ricevuto, quelli da parte del tuo tirocinante, in realtà li ha portati lui. Tu ci hai parlato. Ed io lo so che hai visto del buono in lui. Ora ti sembrerà impossibile accettarlo, ma così stanno le cose».
«Mi manca l'aria...» iniziò a piangere e ripensò alla sua voce, quando rinunciò a due terzi della somma «cosa ti ha fatto?» la guardò disperata.
«Nulla che io non volessi» rispose, abbassando lo sguardo verso l'anello appeso al suo collo «so quello che stai pensando, mamma. Pensi che non sia possibile innamorarsi di qualcuno che ti ha strappata alla vita, privandoti di ogni potere decisionale. Ma lui, per quanto sbagliato appaia, non merita di essere giudicato. Ha sofferto tanto, troppo... Ed io mi sono innamorata proprio della sua anima ferita» tamponò le lacrime con la mano, fissando sua madre dispiaciuta «mi spiace mamma. So che ti sto arrecando altro dolore, ma io non rinuncerò a lui. Il mio cuore è suo, ormai. E se solo tu provassi a conoscerlo, vedresti quello che ho visto io. I suoi occhi sono scalfiti nella mia anima, nella mia mente, nel mio cuore».
«Basta, ti prego. Non voglio sentire più nulla» si alzò, allontanandosi barcollante dalla stanza.
La vide andare via, chiudendo gli occhi per un attimo. Si alzò e raggiunse sua madre, lasciando partire l'audio presente sul cellulare di Caleb. Restò alle sue spalle e soffocò i singhiozzi in una mano, facendole ascoltare quel dialogo. Quando la registrazione terminò, fece un passo verso di lei, poggiando la mano sulla sua spalla. «Un mostro non affronta dei criminali per aiutare la sua vittima e la madre. Perdonami se puoi, mamma. Mi hai insegnato a star lontana dai tipi come lui... Eppure lui mi ha dato molto più di quanto papà abbia fatto con te. Caleb non ha nulla da offrirmi, ma sa amarmi» tolse la mano da quella spalla, facendo alcuni passi indietro.
Scosse la testa, asciugandosi le lacrime con il suo fazzoletto. «Quando era sulla barella, ha detto a Samuel che non ci merita» si voltò verso lei «al telefono non sembrava convinto delle sue decisioni» sospirò «parlami di lui».
Spalancò gli occhi incredula e sorrise teneramente, annuendo. «Parto con il dirti cose che non ti piaceranno. Ha molti tatuaggi sul corpo, è un fumatore incallito e...Abbiamo undici anni di differenza» osservò l'espressione sconvolta di sua madre e fece spallucce, riprendendo il suo discorso «non ha soldi ed è solo. La sua famiglia non lo ha mai accettato, mamma. Suo padre lo ha sempre denigrato. Suo fratello ha studiato giurisprudenza e si è sempre comportato da figlio perfetto. Caleb, al contrario, è sempre stato il ribelle della famiglia» fece una pausa e si poggiò alla parete alle sue spalle, continuando a raccontare a sua madre di Caleb. Le parlò di quando a sei anni aveva spinto un suo compagno di classe, di quanto si fosse isolato negli anni successivi e della sua repulsione verso la scuola. Le raccontò di quando alla laurea di suo fratello il padre ubriaco lo insultò davanti a tutti, definendolo una pecora nera, un figlio inutile e una totale delusione «lui reagì a quelle affermazioni nella maniera peggiore ma anche nell'unico modo che conosceva. Lo colpì con un pugno, slogando la sua mascella» sospirò «si trasferì qui poco dopo e iniziò a lavorare in diversi posti, fino ad arrivare nell'azienda Morgan. Papà li faceva lavorare fino allo sfinimento, mamma. Li trattava come fossero bestie».
Sospirò. «Non ho mai apprezzato le regole rigide di tuo padre» tamponò altre lacrime «la polizia mi ha riferito di aver trovato due peluche, fogli da disegno, vestiti e fiori freschi...».
Annuì. «Sono stati i regali di Caleb, mamma. Lui mi ha donato tutto ciò che poteva. Ogni mio desiderio ha sempre cercato di esaudirlo, pur non potendoselo permettere. Si è privato di tutti i suoi risparmi per me» le spiegò, tirando su col naso «per quanto aggressivo possa risultare, ti giuro che mi ha trattata come fossi una principessa. Ha pensato addirittura di lasciarmi stare. Ha provato ad allontanarsi, pensando di non essere l'uomo giusto per una come me».
«E non lo è, Chloe!» esclamò provata «non puoi stare con uno come lui. Chissà quanti anni passerà in carcere».
«Mamma, io non rinuncio a Caleb. Non mi importa quanto sbagliato sia...Io so cosa provo per lui e mi basta questo. Potrai negarmi di vederlo ma non di amarlo. Ed io non ho intenzione di abbandonarlo. Soprattutto ora che ha bisogno di me».
Si alzò, avvicinandosi a lei e prendendole le mani. «Io ti voglio bene, bambina mia. Non accetto di vederti star male».
Poggiò le mani sulle sue. «Io sono felice con lui...» disse, lasciando che altre lacrime bagnassero il suo viso «e mi sento morire, mamma. Ora che non posso vederlo, sento la mia anima lacerata e il cuore trafitto da mille lame. Sono sola adesso. Ma l'amore che mi lega a lui, sta tenendomi a galla. Sta permettendomi di sopravvivere a questo dolore».
La abbracciò. «Ti prometto che ci proverò, piccola mia. Proverò ad accettare questa storia» cercò di rassicurarla «dammi solo del tempo. Sarò sempre dalla tua parte però...» le alzò il viso «domani dovrai andare alla stazione di polizia. Vogliono interrogarti. Magari potresti chiedere loro se ti restituiscono il peluche».
Le sorrise teneramente, stringendola forte a sé. «Grazie, mamma! So che ti ho delusa, ma un giorno capirai. Vedrai in lui quello che ho visto io» le posò un bacio sulla guancia e si staccò da quell'abbraccio, sentendosi finalmente libera da quel peso.

35 DAYS OF YOUDove le storie prendono vita. Scoprilo ora