4. Filosofia

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Dopo quella conversazione Jace ha rimesso al posto il libro e non mi ha rivolto più la parola per il resto del tempo che abbiamo passato in quella biblioteca.

E non ci siamo parlati né battibeccati per un paio di settimane. Credevo che fosse tutto finito, che finalmente mi avrebbe lasciato in pace.

Ma in qualche modo la foto è stata condivisa ancora, da un profilo anonimo, dopo che avevo fatto di tutto per eliminare la maggior parte delle copie rimaste.

Allora Jace questa mattina, davanti al cortile antistante l'edificio, sotto lo sguardo attento di tutti mi ha spinto fino a farmi cadere a terra, di nuovo.

Il dolore alla schiena era appena passato che adesso si ripresenta. Finirò bloccato a letto, se continua così.

Non ho avuto il tempo di rialzarmi che lui era già sparito, perciò, quando mi sono rimesso in piedi, ho raccolto il mio zaino da terra e mi sono incamminato nell'edificio come se nulla fosse successo, ma in realtà stavo fremendo dalla voglia di picchiare Jace e chiunque continuasse con questa storia della foto.

Non so cosa dovrei fare per fermare questa catastrofe, non ho completamente idea di come far sparire quella foto, e, cosa ancora più importante, non so chi sia stato a pubblicare questa maledetta foto quel giorno di luglio dal mio profilo Facebook.

* * *

«Allora, questo è il pensiero che Kant esprime nella sua Critica della Ragione Pura. Qualche domanda? Mi sembra un percorso abbastanza intuitivo e logico. Da un concetto si riesce ad arrivare immediatamente all'altro.»

Tutti tacciono nell'aula, la maggior parte seduti a guardare allibiti solo questa piccola parte dell'opera del filosofo. E menomale che è piccola.

Nessuno decide di alzarsi e urlare in faccia al professore che non ce ne potrà mai fregare niente di cosa pensava un uomo di tantissimi anni fa, che tutto questo non ci servirà a nulla in campo pratico nel nostro futuro.

È più o meno sconcertante che io pensi questo di tutte le materie, sarà perché mi sento uno stupido a guardare gli altri andare avanti e crescere mentre io continuo a non capire nulla e ad annuire sorridendo, come se in realtà lo avessi fatto.

Alzo la mano e il prof mi invita a parlare. «Io non ho capito» ammetto.

«Cosa, in particolare?» chiede il professore, nonostante abbia intuito.

«Tutto.»

L'uomo di cinquant'anni dalla corporatura robusta sospira. «Alexander, sai che non hai una bella situazione nella mia materia. Forse la odi, o forse semplicemente non sei portato per studiarla. Ma vedo che è così anche nelle altre materie.»

Mi chiedo perché stia rivelando a tutti i presenti la mia condizione scolastica.

«Non devi vederlo come un rimprovero, ma dovresti cercare qualcuno che ti possa aiutare nello studio, Alec.»

«È una cosa che sapevo già di dover fare, ma...»

«Non riesci a trovare qualcuno che ti aiuti?»

«Diciamo di sì.» La verità è che non ci ho nemmeno provato, a trovare qualcuno.

«La scuola non è cominciata da tanto, si può rimediare in fretta. C'è qualcuno di questa classe che è così generoso e altruista da poter aiutare il vostro compagno?»

La classe tace. E ti pareva.

«Non fa niente, prof.»

«Puoi chiedere a Kate, vero Kate?»

La ragazza dai capelli biondi si gira a guardarmi. «Mi dispiace, seguo già un mio amico.»

«Jace?»

«No.» Gli altri si voltano verso di me come se già se lo aspettassero ma non credevano che lo facessi.

«Come sarebbe a dire no, Alec? Io lo faccio per te» chiede il professore.

«Lo so, e la ringrazio. Ma... vede, come posso spiegarle... Diciamo che tra me e lui non scorre buon sangue.»

«Suvvia, qualunque questione ci sia tra di voi si potrà risolvere.»

Scuoto la testa in modo deciso. «Non credo.»

«Jace, tu che ne pensi?» chiede, allora, l'uomo.

Jace alza lo sguardo dal suo quaderno pieno di appunti, come se si fosse solo adesso accorto che stiamo parlando di lui.

Prima lancia un'occhiata al professore, totalmente disinteressato, poi guarda me e qui il suo sguardo rimane per un po'.

Alza le spalle, poi i suoi occhi si riposizionano sull'insegnante. «Se proprio devo.»

Lo sguardo che gli rivolgono i miei compagni questa volta è uno sguardo sorpreso.

Anche il mio è così. «Che intenzioni hai?» chiedo stringendo i denti.

«Non ho nessuna intenzione, io. Ma a quanto pare mi è stato assegnato il compito di portarti ad un grado di cultura più alto di quello da bambino che ti ritrovi.»

La classe scoppia a ridere, io decido di ignorarlo.

Non mi interessa cosa dice il professore, né tanto meno mi interessa quello che dice Jace.

Io non studierò mai con lui.

* * *

«Si che devi, invece! E non fare storie, Alexander!» urla mia madre quando le riferisco il mio pensiero a quel riguardo.

Lei non sa niente di quello che Jace ha fatto a me, come non lo sa mio padre. Ma sa la mia situazione scolastica e, quando mi è accidentalmente uscito di bocca uno sbuffo di rabbia per dover studiare con quel troglodita, mia madre non ha esitato a rimproverarmi.

«Ti dico che io e lui non possiamo stare insieme! Vedi questo livido qui? È stato lui a farlo. Ovviamente io gliel'ho restituito. Capisci adesso?»

«Non mi interessa, Alec.»

«Se rimaniamo un'altra volta da soli, finiremo per ucciderci a vicenda!»

«Che esagerato! Non so se l'hai notato, ma qui non siamo in un teatro. Tu andrai. Lui è bravo? Puoi aiutarti con lo studio? Allora lascia da parte tutte queste divergenze. A te non interessa di lui, ti interessa solo quello che può insegnarti, sbaglio?»

«Certo che non mi interessa lui!» esclamo pensando che per un attimo anche lei sapesse che tutti mi credono gay.

«Allora smettila di lamentarti e apprezza quello che sta facendo per te.»

Oh, davvero? Dovrei apprezzarlo? Dovrei apprezzare il fatto che mi insulta e mi provoca ogni santo giorno istigando anche i suoi amici e tutti gli altri che lo seguono? Dovrei apprezzare il fatto che mi sta facendo impazzire? Vorrei potere non andare più a scuola.

Non mi fido di lui. Chissà quali sono le sue vere intenzioni. Farmi altre foto per farmi apparire quello che non sono? Sempre se sia stato lui a fare la foto.

«Spero vivamente che riesca ad insegnarti un metodo di studio valido, perché sono stanca di vederti crogiolare tutto il pomeriggio sul divano.»

Alzo gli occhi al cielo e le faccio una smorfia, poi lei fa altrettanto e ritorna in cucina a finire di preparare la cena.

Io amo mia madre, il rapporto che c'è tra noi è stupendo, è come quello che c'è tra due amici. Ma quando insiste senza sentire ragioni mi fa un po' arrabbiare.

Mentre lei inforna qualcosa, io rimango a crogiolarmi sul divano mentre i libri di scuola mi guardano da lontano posati sul tavolo del salotto.

Ama e fa' ciò che vuoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora