9. Amici

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«Ragazzi, ho portato i risultati dei compiti di filosofia.»

Quando il professore passa tra i banchi, gettando sul mio il mio compito, il voto, come mi aspettavo, è un'insufficienza.

Sbuffo, guardando tutti gli errori segnati con quel rosso sgargiante della penna.

«Mi aspettavo di meglio, ma anche di peggio, Alexander» mi dice il professore. «Fino a Spinoza hai saputo cavartela, hai spiegato i concetti di attributi e modi in modo magnifico. Ma dopo, Alexander, hai combinato un disastro. Non ti doveva aiutare Jace Andrews a superare le tue lacune?» Il professore si gira momentaneamente a guardarlo, poi il suo sguardo torna interrogativo su di me.

«Mi ha aiutato» replico. «Pensavo di aver capito come studiare, ma a quanto pare...»

«Quanti pomeriggi avete passato a studiare?» chiede sospettoso.

Lo guardo, indeciso se mentirgli o no. «Uno» ammetto alla fine.

«Uno solo? Come pensavi di poter acquisire un buon metodo di studio in un solo pomeriggio?»

Per tutta risposta alzo le spalle, consapevole del fatto. Ma dopo quel pomeriggio così strano mi sono sentito esausto, e il solo pensiero di ritornare a casa sua non mi ha mai sfiorato la mente.

Il suo comportamento era cambiato nel giro di poche ore da bullo, prepotente, a persona gentile, a un maestro e quasi a un amico. Ma poi tutto è crollato di nuovo. Noi due non siamo destinati ad avere un rapporto tranquillo, e io non reggo tutti quegli sbalzi d'umore così repentini a cui non riesco a trovare una spiegazione.

D'altra parte lui non si è nemmeno disturbato di chiedermi se volessi continuare con le lezioni. Capisco che era una mia responsabilità, mio interesse, ma era lui che doveva voler mettersi a disposizione. Non l'ha fatto, né il giorno seguente né gli altri a venire. Non ci siamo più parlati, nei corridoi ci incontravamo e ci ignoravamo. Solo Nate continuava e continua ancora a torturarmi con insulti triti e ritriti, spintonandomi ogni volta che lo vedo e facendo in modo di escludermi dalla squadra di basket, anche se non ne fa parte, adesso che sono ritornato a farne parte con il consenso dell'allenatore.

Insomma, ho preso il suo ignorarmi come un messaggio diretto che mi diceva che non voleva più avere a che fare con me, e io mi sono mostrato indifferente.

Ma il giorno del compito, due settimane fa, una settimana dopo la lezione di ripetizione di Jace, mi sono reso conto di quanto in realtà quelle lezioni mi servivano, ma ormai era troppo tardi per pensarci. Ho fatto il compito con gli strumenti che avevo, pronto a copiare ogni volta che mi si presentava l'occasione. Ma il risultato, che già avevo intuito, si conferma ora davanti i miei occhi.

«Non mi interessa se ti fai aiutare da lui o da qualcun altro, ma io voglio comunque fare una verifica orale su questi argomenti. Inutile che mi guardi con questa finta espressione da sofferente, mi dovresti ringraziare, perché lo sto facendo solo per te, per farti recuperare. Sono ancora della convinzione che si può riparare la situazione fintanto che siamo al primo mese di scuola. Quando sarai pronto ti interrogherò.»

«Va bene, prof.»

* * *

«Alec, ti vedo un po' più giù rispetto al solito, che ti succede?»

Oltre il brutto voto di filosofia, posso dire anche che il mio unico amico è mio cugino? In pratica è mio amico per forza. Che tristezza.

Gli racconto la situazione.

«Se vuoi posso aiutarti io con filosofia e le altre materie, ma non sono sicuro di riuscire ad essere fluido nella spiegazione. Sai come sono, le cose le capisco a modo mio e poi non so spiegarle» ridacchia portandosi una mano dietro il collo.

Ama e fa' ciò che vuoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora