10. Numero

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«Andrews» lo chiamo a fine partita, dopo che mi sono fatto una doccia rinfrescante e mi sono rivestito.

Lui si gira indifferente.

Mi assicuro che nessun altro origli la conversazione.

«Senti...» comincio, ma non so come continuare senza sembrare uno stupido a chiedergli aiuto ancora.

Non mi ero detto che non avrei più dovuto parlargli, che non mi sarei più dovuto avvicinare a lui e che avrei chiesto aiuto a qualcun altro? Perché, in un modo o nell'altro, mi ritrovo coinvolto in situazioni in cui lui è costantemente presente? Perché mi ritrovo sempre a finire con lui?

«Parla, Black. Non ho le forze per aggredirti, oggi.»

«Hai sentito cosa ha detto il professore questa mattina» decido di partire.

«Sì, ti posso aiutare, se vuoi. Ma questa settimana ho altro da fare» dice semplicemente.

«Okay.»

Si volta dandomi e spalle, sembra mettersi a cercare qualcosa nel suo borsone. Quando ritorna faccia a faccia con me, in mano ha un biglietto di carta e una penna.

«Questo è il mio numero» dice scrivendolo. «Mandami un messaggio questo pomeriggio così anche io salvo il tuo. Ci sentiamo.»

Mi porge il pezzo di carta, poi, senza guardarmi più in faccia, gira i tacchi e se ne va.

Pensavo sarebbe stato più difficile, invece oggi sembrava proprio stremato.

* * *

Esco dall'edificio e raggiungo Shawn nel parcheggio. Lo vedo appoggiato alla sua auto insieme a Paul e Sarah.

«Ciao» saluto con un sorriso di cortesia che ricambiano.

«Eravamo indecisi dove andare a mangiare tutti insieme» parla Shawn. «Tu che proponi?»

Lo guardo indeciso e alzo le spalle. «Per me è lo stesso.»

«Lo avevo detto che Alec sarebbe stato inutile, Paul! Dobbiamo sbrigarcela noi!» si lamenta Shawn e io ridacchio.

Mi appoggio anche io alla macchina mentre ascolto attentamente tutte le proposte che vengono fuori. Poi la mia attenzione viene catturata da una persona che sta entrando nel parcheggio, e mando giù un pesante groppo quando realizzo che non è sola.

«Che ti è preso?» mi chiede Shawn.

Distolgo lo sguardo in fretta per non fare capire agli altri chi stavo guardando. Non ho voglia di rovinarmi la giornata più di quanto non ha fatto oggi quel compito.

«Vi aspetto in macchina, mentre prendete una decisione» annuncio.

In realtà non lo faccio perché sono stanco di stare in piedi ad aspettare questa decisione, ma lo faccio per paura che possa essere attaccato di nuovo. E poi non mi va proprio di vederli, la vista di loro due assieme mi provoca brividi di disgusto.

Quando Nate, affiancato dal mio vecchio amico Jim, passa accanto all'auto ridacchiando con tono maligno - sparlando, probabilmente, qualche povero individuo - mi faccio piccolo nei sedili posteriori, sperando che non abbiano notato la mia presenza.

Jim e Nate? Sul serio? Jim mi diceva sempre che odiava quel tipo, che se solo gli si fosse avvicinato lo avrebbe pestato a sangue per l'odio che provava per lui. Gli ho sempre creduto sulla parola, anche se non me l'ha mai spiegato il motivo di tanto odio.

Ma a quando pare non è cambiato solo il rapporto tra me e lui, ma anche tra lui e quello che è un bullo peggiore di Jace Andrews, diecimila volte peggiore. E questa è una cosa spaventosa.

Ama e fa' ciò che vuoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora