Il giorno dopo ho capito che non ci capisco proprio niente in quanto meteorologia. Ma no, è una parola troppo grossa... si tratta solo di guardare il cielo è fare supposizioni. Be', io sono una totale frana in questo.
La sera precedente, prima di addormentarmi riscaldato dal corpo di Sarah, avevo pensato che le nuvole stessero diradandosi, avevo già immaginato giornate più soleggiate - per quanto il sole si faccia vedere da queste parti -, ma non potevo essere più nel torto di così.
Infatti, quando due giorni fa mi sono svegliato perché stavo per cadere dal letto - è troppo stretto per due persone -, era ancora buio, ma, affacciandomi dalla finestra, il paesaggio che ci circondava era stato reso, durante la notte, più luminoso da strati e strati di candida neve bianca.
Ho spalancato gli occhi, perché in quel momento eravamo nel bel mezzo di una tempesta, una bufera: il vento soffiava veloce, lasciando che infiniti fiocchi di neve danzassero impazziti nell'aria, per poi depositarsi a terra ad aumentare di volume i cumuli già belli grossi che si erano formati sui marciapiedi e per le strade.
Un'ora più tardi il professor Scott ha fatto il giro di tutte le camere degli alunni per comunicarci che, quel giorno, non saremmo potuti uscire a continuare le nostre visite programmate: la bufera sarebbe durata per tutta la mattina, e nel pomeriggio le strade sarebbero state occupate solo da spazzaneve e altri mezzi del genere.
Quando ha bussato alla nostra porta, Sarah è scappata a nascondersi nel bagno per evitare di venire scoperti e, quindi, per evitare una sicura punizione.
Chissà se Rachel e Margaret avrebbero retto il gioco, nella loro stanza, coprendo l'assenza di Sarah, ci eravamo chiesti.
Pochi minuti dopo era arrivato un messaggio sul suo telefono, in cui Rachel raccontava di aver detto che Sarah fosse in bagno. Lei quasi non ci credeva che l'avesse coperta, infatti qualche minuto dopo un altro messaggio l'avvisava che le doveva un favore.
Siamo rimasti in camera mia ancora per un po'. Non abbiamo fatto niente, abbiamo solo scambiato qualche chiacchiera con Paul.
Hugh sembrava ancora arrabbiato, o triste... non riesco proprio a capire il suo umore e, francamente, anche se si è scusato per la foto e anche se mi fa pena per come Jace lo ha trattato, questo ragazzino non mi va comunque a genio.
Dopo un po' siamo scesi al piano terra per fare colazione, sorprendendoci di trovare proprio tutti, compresi i professori, seduti ai tavoli.
Sembrava quasi una riunione senza di noi. Ho preso il cellulare e mi sono accorto che, in effetti, il prof aveva mandato un messaggio a tutti dicendoci di scendere.
Non appena abbiamo finito di fare colazione, il prof ha cercato di inventarsi delle attività di gruppo per evitare di annoiarci, ma purtroppo così è stato per tutto il giorno.
Abbiamo poltrito per gran parte del tempo sui divani della hall, io sono uscito fuori - «Solo davanti l'entrata, Black!» - di tanto in tanto per fumare qualche sigaretta e per prendere una boccata d'aria fresca.
Nel pomeriggio siamo usciti nel cortile interno dell'hotel e abbiamo giocato a palle di neve. Che cosa infantile, ho pensato non appena dei ragazzi di terzo hanno proposto la cosa.
Mi sono divertito però - nonostante le mie aspettative. Almeno fin quando una palla che era destinata a Paul è andata a finire dritto in faccia a Jace.
«Che cazzo fai, Black?» mi ha urlato contro, con sconcerto del professore per la parolaccia.
«Mi dispiace, non era indirizzata a te» ho tentato di rispondere con tono di scuse.
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Ama e fa' ciò che vuoi
RomanceAlexander Black è un ragazzo dell'ultimo anno del liceo e aveva una vita normale fin quando, ad una festa all'inizio dell'estate appena conclusa, una foto è stata pubblicata dal suo profilo Facebook scatenando la cattiveria della gente. In quella fo...