«Ragazzi, ma che diamine ci fate qui, in questo posto così isolato?» domanda Sarah avvicinandosi con Paul. Entrambi tengono una busta in mano con dentro il frutto del loro shopping.
Io e Jace eravamo ancora vicini, così vicini che i nostri respiri si mescolavano, così vicini che le nostre labbra bramavano di toccarsi ancora di più. Non appena abbiamo sentito quel rumore di passi farsi sempre più vicino, lui si è allontanato da me quasi fulmineamente. Adesso siamo seduti ad un metro di distanza l'uno dall'altro e così è come ci hanno trovati i nostri amici.
Dopo tutto quello che Jace mi ha confidato il mio cuore batte insolitamente forte. Non mi sono mai sentito così. Non pensavo che Jace potesse mai sentirsi in questo modo. Aveva tirato su una figura ben solida, a scuola: il bullo, il prepotente, il so-tutto-io, il non-mettetevi-contro-di-me. L'ha costruita così bene che tutti ci credono, tutti credono che lui sia veramente quella persona brutta che mostra di essere. Ma molto spesso una persona non è mai veramente quello che mostra di essere.
Quando gli ho fatto la domanda del "perché io?", mi sarei aspettato una risposta breve e concisa, qualcosa di brusco e freddo per liquidare l'argomento in fretta. Non mi sarei immaginato che, invece, avrebbe tirato fuori tutto quello che provava, tutto quello che voleva dire ma che non ha mai detto.
Mi ritrovo a riflettere sul fatto che, come ha detto, lui non ha avuto dei veri e propri amici in questi anni di liceo. Sono sempre stati e sono ancora solo i suoi compagni di "battaglia", quelli che lo affiancano solo quando si tratta di fare i bulli. Non ha mai avuto nessuno con cui parlare di questi pensieri che lo tormentavano ogni giorno... che lo tormentano da un anno a questa parte, mi rendo conto.
Il mio cuore accelera di nuovo mentre Paul e Sarah ci raggiungono su questa scalinata. Non riesco a capacitarmi di essere io la persona che gli ha provocato tutto questo. Io? Perché io?, mi ritrovo a chiedermi ancora una volta.
Ma forse non c'è una vera risposta a questa domanda, perché non si può decidere di chi innamorarsi. È per questo che lui ha sofferto per tutto questo tempo per me, e - allo stesso modo - i miei sentimenti sono rimasti latenti e ignoti fin quando proprio lui non li ha tirati fuori.
Forse, però, non posso neanche lontanamente immaginare quello che lui abbia passato. È dura quando non si ha nessuno con cui confidarsi, ma posso provare a capirlo, soprattutto adesso che mi ritrovo a chiedermi a chi posso confidare questo segreto e a chi no.
Paul e Sarah rimangono qualche minuto in silenzio a guardare me e Jace che ce ne stiamo seduti in silenzio senza azzardarci a guardarci, neanche per sbaglio.
Posso dirlo a loro? Ma dire cosa? Nonostante lui mi abbia chiarito parecchie cose, ancora non abbiamo discusso di come le cose saranno d'ora in avanti.
«Tutto a posto?» se ne esce Sarah ad un tratto.
Io e Jace ci guardiamo per un attimo negli occhi, giusto per dare il tempo agli altri di capire che, effettivamente, è successo qualcosa mentre loro non c'erano.
«Abbiamo chiarito le cose tra noi. Diciamo.»
Sarah ci sorride. «Allora la smetterete di nuovo di punzecchiarvi a vicenda come due bambini, no?»
«Forse» rido. Cingo le spalle di Jace con il mio braccio e lo avvicino a me. Lui rimane con lo sguardo sconvolto e, subito dopo, sbraita qualche parola molto gentile e mi spinge via.
Scoppiamo tutti a ridere, e io per la prima volta da quando siamo in gita posso dire di sentirmi finalmente spensierato.
* * *
Dopo essere rimasti qualche altro minuto a parlare seduti sulla scalinata, abbiamo ripreso la via di ritorno per l'albergo.
«Quindi deduco che tra noi sia completamente finita, non è così?» mormora al mio orecchio Sarah.
Siamo leggermente più indietro rispetto agli due davanti, che se ne stanno alla massima distanza di sicurezza per essere certi di non dover aver a che fare l'uno con l'altro. Rimango un po' perplesso, all'inizio; poi mi ricordo che è successo qualcosa tra quei due che ancora io non so.
Sicura di non essere sentita, Sarah mi si è avvicinata rivolgendomi queste strane parole.
«Ehm... da cosa lo deduci?» provo a chiederle.
«Be', tu e Jace avete risolto, no?»
«E che vuol dire questo?»
«Lascia stare, Alec» sorride. Sto facendo finta di niente? Proprio così. Come potrebbe aver anche lontanamente capito che qualcosa di più c'è sotto questa intesa raggiunta dopo tanti sforzi tra me e Jace? «Immagino che la nostra storia sia stata solo l'avventura di una gita. Non mi aspettavo che saremmo durati per due settimane intere.»
«Già... avrei voluto che durasse anche di più. Sei una bella persona, Sarah» le confesso un po' impacciato.
«Tranquillo» mi sorride. «Te lo avevo già detto che non era per niente una storia seria. Chiamiamola anche esperienza.»
Le sorrido a mia volta. In fondo questa esperienza ha contribuito anch'essa a farmi capire i miei reali sentimenti. Mi ha fatto rendere conto che baciando una ragazza non avrei mai provato quello che, invece, ho provato baciando Jace.
«Vediamo che razza di festa hanno organizzato i nostri professori» dico ridacchiando mentre ci ricongiungiamo con gli altri due.
* * *
Alla fine la festa di ieri sera non si è rivelata affatto un disastro. Eravamo pochi, questo è vero, ma è stato comunque una bella festa. Io e Jace siamo stati insieme tutta la sera, in quell'atmosfera così allegra e surreale che sento sarà poco duratura.
Insieme a Sarah e Paul ci siamo divertiti da morire, tra stupidi giochi e gare. Non mi ero mai sentito così leggero in vita mia.
Alla fine della serata, ci siamo riuniti tutti in cerchio e abbiamo fatto un gran brindisi insieme ai professori, felici dei quattordici giorni trascorsi e con quella malinconia di chi deve partire il giorno dopo.
La sveglia questa mattina è stata traumatica, tutti riuniti nella hall avevamo delle espressioni sconsolate e tristi, e adesso che sono di nuovo seduto sull'aereo, questa volta di ritorno, ripercorro tutto quello che è successo in queste due settimane.
Io e Jace eravamo partiti dalla nostra piccola cittadina che non ci parlavamo neanche, reduci dal litigio scaturito a causa di Jim che mi aveva picchiato al posto di Jace, il vero colpevole di tutta la situazione. La nostra "amicizia" era durata ben poco, ma nel frattempo erano passati mesi senza che ce ne accorgessimo.
Mentre lui continuava ad ignorarmi, io continuavo a stare con Sarah, fin quando quella sera nella sala relax dell'hotel non abbiamo litigato di nuovo. Da quel litigio siamo passati a baciarci e ancora adesso non capisco come ci eravamo finiti a quel punto. Da lì in poi le cose sono precipitate, eppure adesso tutto si è ribaltato. Perché, al contrario dell'andata, adesso non mi dispiace affatto essere seduto accanto a Jace.
Mentre l'aereo continua ad andare, mentre casa nostra e la realtà si avvicinano pericolosamente, nel buio che ci circonda le mie dita si intrecciano piano e timide a quelle del biondo, il quale, lentamente, poggia la sua testa sulla mia spalla, addormentandosi subito dopo.
Il mio cuore accelera i suoi battiti, nel mio petto si espande un calore immenso, mentre mi sento uno stupido a sorridere in questo modo.
All'improvviso, pronta a stroncare questo mio momento di felicità, mi balena in mente una domanda, e mi chiedo cosa succederà domani a scuola, quando ci rivedremo alla conclusione di questo viaggio.
-Spazio autrice-
Siamo finalmente arrivati alla fine di questa gita interminabile. E proprio adesso è arrivato il momento per me di prendermi una piccola pausa per organizzare e sistemare le bozze dei capitoli successivi. Non temete: se tutto andrà bene, starò in pausa solo per una settimana. Ritornerò prestissimo con la speranza di aver scritto qualcosa di decente.
-Kat❣️
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Ama e fa' ciò che vuoi
RomanceAlexander Black è un ragazzo dell'ultimo anno del liceo e aveva una vita normale fin quando, ad una festa all'inizio dell'estate appena conclusa, una foto è stata pubblicata dal suo profilo Facebook scatenando la cattiveria della gente. In quella fo...