14. Tranquillità

6.8K 373 86
                                    

Ho finalmente ammesso a me stesso che in realtà io non odio Jace Andrews. In realtà lui mi sta pure simpatico. Ma non perché mi pesta o per come mi ha trattato per tutta l'estate e i primi giorni di scuola. Se ripenso a quella parte di lui ancora mi infurio. Ma quella era solo la sua parte superficiale e stronza che lo induce a comportarsi da bullo.

Ma quando riesco a parlare pacificamente con lui - anche se il termine "pacifico" tra noi acquista un significato tutto nuovo - mi rendo conto che in realtà è simpatico. E basta, solo simpatico.

Per questo ogni volta che mi dico di stare lontano da lui, accetto - quando mi si presenta l'occasione - di stare con lui.

Non lo considero un amico. Solo una persona la cui compagnia è piacevole. Tutto qui.

Ci ho ragionato tutta la notte dopo quella conversazione via messaggi. Mi sono domandato se realmente avessi la sindrome di Stoccolma. Mi sono pure informato, alla fine l'ho presa sul ridere perché stavo diventando veramente patetico.

Ho capito finalmente cosa mi spinge a sopportarlo e ad accettare il suo aiuto nello studio. E mi sento più in pace con me stesso, a dire la verità. Mi sento più leggero, come se avessi scoperto l'arcano che si cela dietro a tutto il mondo.

Ho sospirato questa mattina, come le altre, davanti lo specchio una volta finito di lavarmi i denti. Quindi sono andato a scuola a piedi leggero.

Oggi ne parlerò con lui e finalmente mi potrò sentire sereno per aver risolto finalmente la questione con il mio bullo.

«Ehi, Shawn» lo saluto. Faccio un movimento con la mano per salutare anche gli altri due.

«Ciao, Alec. Ti sei svegliato col piede giusto oggi?» domanda Sarah.

«Ogni volta che penso di essere felice arriva poi qualcosa che stronca questo mio pensiero. Preferisco definirmi tranquillo, oggi.»

Lei annuisce, come se capisse la sensazione.

«Ragazzi, avete appunti di filosofia?» chiede, poi, Paul, cambiando argomento. «Il professore vuole farmi impazzire. Sono in questa scuola solo da quest'anno, non avevo mai studiato la filosofia così duramente.»

«Hai anche tu il professor Scott?» chiedo. Paul annuisce. «Ma non siamo nella stessa classe» constato.

«Sono un anno più piccolo» risponde lui. «Pensavo che lo sapessi, ma a quanto pare non è così» ridacchia.

«Giuro che credevo che avessi la nostra stessa età.»

«Anche io sono un anno più piccola» interviene Sarah.

«Okay, cosa aspettavate a dirmelo?» chiedo sinceramente sorpreso.

«Non ci siamo mai veramente presentati. O meglio, non ce ne hai dato l'occasione» rammenta Sarah. «Il primo giorno in cui ci siamo visti tu mi hai dato della troia.»

Spalanco la bocca perché l'avevo dimenticato. «Cazzo» mormoro. «Mi dispiace, lo giuro. Non volevo offenderti, ero nervoso quel giorno. Parecchio nervoso.»

«Non fa niente» risponde abbassando lo sguardo.

«No, sul serio Sarah» le dico mettendole una mano sulla spalla. Lei rialza lo sguardo dei suoi occhi di ghiaccio su di me. «Mi dispiace.»

«Va bene» sorride. «E comunque te ne ho dette di tante alle spalle con Paul quel giorno che penso che siamo alla pari.»

Scoppio a ridere dopo essere rimasto per un secondo interdetto. Ecco, mi sento tranquillo.

Mi sento tranquillo anche quando vedo arrivare l'auto di Jace a scuola quando dovrebbe essere in qualunque posto tranne che qui.

«Che ci fa Andrews qua?» si chiede Shawn.

Ama e fa' ciò che vuoiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora