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"Ma che sta succedendo?" Mi affaccio in strada fuori alla libreria e vedo un mare di gente camminare con striscioni e bandiere tra le mani. Si sentono cori e slogan, urla e schiamazzi. Un ragazzone grosso e sudato per poco non mi calpesta trascinandomi in strada, mi scanso giusto in tempo.
"E' una manifestazione contro la guerra nel mondo" mi spiega Salvo, l'anziano proprietario della libreria in cui lavoro. "Manifestano contro la guerra e poi la portano qui la guerra? Guarda che stanno combinando.." Scuoto la testa e sbuffo rientrando e andando verso gli scaffali da ordinare. "E questo non è niente, quando il Napoli vinse lo scudetto non si potevano neanche aprire le porte, dovetti chiudere per tutto il giorno dopo i festeggiamenti" mi racconta con aria nostalgica di quei giorni ormai appartenenti al passato. "Quanti anni fa è successo?" chiedo, è un argomento che ultimamente mi interessa. "Troppi anni fa" fa un'espressione delusa, poi alza gli occhi al cielo e continua a raccontare "era il 1990 e Napoli era una città in festa, una festa che durò settimane.." Si ferma e poi aggiunge qualcosa borbottando "bei tempi, meglio non parlarne più.." Si incammina verso la cassa e si posiziona dietro il bancone in attesa dei clienti. "Il Napoli lo seguite anche ora?" Domando dopo aver sistemato gli ultimi libri ai loro posti "Il Napoli è una fede, non si abbandona mai" risponde come se avessi detto un'eresia "lo seguo sempre" conclude. Combatto con me stessa interiormente, sono indecisa se fargli o no la domanda che mi tormenta da giorni e dalla cui risposta sto scappando.
"A te piace o'pallone, Martì?" Mi chiede con il sorriso stanco che lo contraddistingue "No, non ne capisco niente e non l'ho mai seguito, però.." sono ancora indecisa, ma c'è qualcosa dentro di me che mi spinge e che non riesco a frenare "però ultimamente ho visto per strada un calciatore del Napoli, alto, magro e giovane, penso che ha la mia età più o meno.." accenno qualcosa e subito il suo sorriso si fa più ampio. "Tiene le orecchie a topo Gigio?" Mi chiede fingendosi serio e grattandosi il mento.  "A topo Gigio non direi, però sì, ha le orecchie abbastanza vistose" rispondo ridendo e lui annuisce. "Allora ho capito, è Ruiz, Fabian Ruiz. E' un ragazzo fortissimo, spagnolo. E' a Napoli da poco" dice. Annuisco senza dire nient'altro, nemmeno so perché ho così tanta voglia di sapere chi è quel tizio. Torno ai miei libri da catalogare e cerco di distrarmi da questa nuova notizia che ho su di lui. Entrano diversi clienti e cerco di essere utile, rido ancora con Salvo e ci beviamo anche un bel caffè bollente ma niente, Fabian non vuole lasciare la mia testa. Fabian, ora lo chiamavo anche per nome. E che nome.. ha un qualcosa di esotico, non so. Alle due chiudo la libreria e me ne torno a casa, Gaia ha preparato il pranzo e devo sbrigarmi perché alle tre deve andare al lavoro. Io invece stasera sono libera e mi preparo già la scaletta mentalmente: pigiama, pizza e film su Sky.
"Allora io vado, mi raccomando, se porti qualcuno qui indicamelo da qualche parte che non voglio sorprese" dice mettendosi la borsa sulle spalle e ripassandosi il Labello per la terza volta. "Qualcuno? E chi dovrei portare?" Domando ironica, non frequento nessuno da mesi. "Hai ragione, qua non si vede un cazzo dalla notte dei tempi, dobbiamo darci un po' da fare o ci va in cancrena" sbuffa avviandosi verso la porta mentre io rido alle sue solite allusioni sessuali. "A stasera cicci, buon lavoro" ricambia il saluto e va via.
Mi rilasso un po' sul divano e poi faccio una doccia calda, mettendomi subito il pigiama. Senza accorgermene mi addormento e quando riapro gli occhi sono già le sette. Ho dormito quattro ore e ora mi sento una rincretinita. Ci metto un po' per riprendermi e quando lo faccio, mi alzo e vado in camera mia. Lo sguardo mi va automaticamente verso il balcone leggermente socchiuso. Mi ci avvicino, apro leggermente le persiane, percorro con lo sguardo tutto il palazzo che mi è di fronte ed è allora che lo vedo.

Fabian.

Le sue persiane sono spalancate e mentre gli infissi sono chiusi. E' in boxer e cammina su e giù per quello che credo sia il suo salone o qualcosa del genere. Ha gli AirPods alle orecchie e il cellulare tra le mani, ogni tanto sorride passandosi le mani tra i capelli e sul viso. Mi fermo a guardarlo per un tempo che mi sembra breve ma che poi non si rivela tale. Dopo più di mezz'ora col naso all'insù rinsavisco e smetto di guardarlo come se fossi una maniaca sessuale.
Chiudo le persiane e ritorno sul mio divano tornando al mio programma di pizza e film. Ordino la pizza e metto un film di Will Smith ma la mia mente vaga e non fa che andare a Fabian. Che gambe lunghe che ha, penso. E le orecchie davvero mi sembrano quelle di un topo, Salvo non aveva torto. E poi chissà cosa stava dicendo in quella telefonata e chissà con chi parlava, mi chiedo più volte.
Solo quando torna Gaia e mi racconta con la sua solita foga la sua giornata lavorativa smetto di pensare al mio nuovo pensiero preferito, o almeno, fingo di smetterla.

Nati dalla tempesta | Fabián RuizDove le storie prendono vita. Scoprilo ora