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Il giorno del processo arriva e devo testimoniare. Mi fanno giurare di dire la verità e poi mi riempiono di domande. Io confermo la mia versione, non cambio nemmeno una parola rispetto a ciò che ho detto in commissariato. Fabián è seduto al banco degli imputati e mi guarda serio. Annuisce e a volte sembra commuoversi ma sa come trattenersi. Quando ho finito di deporre metto ancora qualche firma e poi mi dicono che posso andare. Spero che per Fabián andrà tutto bene perché davvero lo reputo innocente.
Corro a casa, mi cambio e vado in libreria. Il pomeriggio vola e alla sera quando torno a casa Gaia mi dice che Fabián mi ha cercata. Mi ha cercata, ancora? Non gli bastano tutti i casini degli ultimi mesi? Sbuffo e penso a cosa fare. Forse dovrei ignorare il fatto che mi abbia cercata, dovrei fingere di non saperlo, fare finta che Gaia non mi abbia detto nulla. Mi convinco a fare così e mi appoggio sul letto ma qualcuno bussa alla porta e ho un brutto presentimento. Presentimento che si avvera quando Gaia viene a chiamarmi e mi dice che Fabián è di nuovo qui. Mi alzo svogliatamente dal mio letto, so già che vederlo e parlargli mi farà stare di nuovo male e vorrei tanto evitarlo ma ora è impossibile. Vado in cucina e lo trovo seduto a tavola che giocherella con le chiavi della sua Range Rover. "Hei, eccoti finalmente" mi dice con un sorriso appena mi vede. Sorrido anche io ma in modo molto meno naturale. "Ciao Fabián, ero a lavoro perciò non mi hai trovata. Devi dirmi qualcosa?" Gli dico subito, voglio far durare questa conversazione il minor tempo possibile. "No..cioè sì" si gratta la testa in imbarazzo "volevo ringraziarti, mi sei stata di grande aiuto in questo casino" dice, guardandomi negli occhi. "Prego non c'è di che. Ho solo fatto ciò che andava fatto" sorrido ancora, più falsamente della volta precedente ma lui non si arrende e continua. "Avresti potuto dire qualsiasi cosa visto che so che sei arrabbiata con me ma apprezzo che tu non l'abbia fatto, grazie davvero" continua appoggiando una sua mano sulla mia. "Non sono quel tipo di persona, ti ripeto che ho fatto solo ciò che andava fatto, ho detto la verità" rispondo fredda tirando via la mia mano. "Sì lo so, volevo solo ringraziarti" annuisce capendo che la sua presenza da me non è più gradita e si alza. Mi guarda triste come se le mie parole e il mio comportamento l'avessero in qualche modo ferito. È anche consapevole, però, che ho le mie ragioni. Senza aggiungere altro mi saluta e va via.
Passo la notte a pensare e ripensare alle sue parole, al suo sguardo, ai suoi gesti. Poteva mandarmi un messaggio per ringraziarmi ma non l'ha fatto, è venuto da vicino ed è da apprezzare. Non devo però, farmi illusioni. Sono stanca di illudermi che ogni suo gesto significhi qualcosa di più di ciò che invece significa. Mi ha voluta solo ringraziare, stop. Penso di avergli fatto capire che non voglio contatti con lui, non voglio più soffrire. Mi ha detto chiaramente che non vuole stare con me e questo deve bastarmi. Devo farmelo bastare ed andare avanti. È con questa idea che la sera dopo vado al locale a lavorare. C'è il pienone, è venerdì e i ragazzi sono numerosissimi. Scorgo in lontananza il ragazzo moro con cui una volta ho fatto sesso nel privé. Mi vede pure lui, mi saluta alzando il suo drink verso di me e io ricambio con un sorriso. Sicuramente mi avvicinerà e non so se ho voglia di fare qualcosa con lui. Cioè la voglia ce l'ho, da quando non sto con Fabián il sesso mi aiuta a rilassarmi e poi con questo ragazzo sono stata bene l'altra volta. È gentile, discreto e bravo a letto; forse dovrei approfittarne. Scaccio via i pensieri e inizio a ballare, se mi avvicinasse deciderei al momento cosa fare. Ballo per un oretta piena poi, come sospettavo, il ragazzo moro mi avvicina. "Ciao Marti" sorride pronunciando il mio nome in un modo particolare, non riesco a capire da dove viene. "Hai una mezz'ora per me? Se non puoi non fa niente, ripasserò" dice. Ci penso un attimo ma poi annuisco e lo porto al privé. Ballo per lui mentre è seduto sulla poltroncina singola e mi guarda con lo sguardo fisso sul mio corpo. Ogni tanto mi guarda le labbra, si morde le sue ma non si muove. Non mi propone nient'altro fino alla fine del mio ballo, ma poi quando scendo dal palchetto mi raggiunge prendendomi alle spalle. Mi mette le mani sui fianchi e mi fa voltare verso di lui. Appoggia la sua fronte alla mia, chiude gli occhi. Sento il suo cuore andare veloce e anche il mio. L'adrenalina mi scorre veloce nelle vene, sfioro il suo naso e finalmente apre gli occhi e mi bacia. Mi bacia dolcemente, come se volesse ricordarselo per sempre, come se fosse un addio. E infatti poco dopo si stacca e con gli occhi sgranati e la voce tremante e mi saluta, credo per sempre. "Non posso, non di nuovo. Mia moglie non lo merita" dice e scappa via lasciandomi cento euro sulla poltrona. Resto qualche secondo interdetta, poi prendo i soldi e torno a ballare per il pubblico. Penso al ragazzo moro per tutta la sera, è strano ma il fatto che abbia una coscienza mi conferma che è una brava persona e non mi pento di essermi concessa a lui.
Finisco il turno e torno a casa addormentandomi quasi immediatamente.

Nati dalla tempesta | Fabián RuizDove le storie prendono vita. Scoprilo ora