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"Ti va una graffa?" Gli chiedo su whatsapp con le mani che mi tremano. Prima di premere invio ho cancellato e scritto il messaggio dieci volte perché ero indecisa ma poi alla fine la voglia di vederlo ha prevalso. Ora è lui che 'sta scrivendo..' e poi cancella fino a che non mi arriva la sua risposta. "De puta madre se sei Gaia e mi stai facendo uno scherzo giuro su Juan Carlos querido che ti vengo a bruciare l'auto. Ti è chiaro Gaia?" Mi scrive e io scoppio a ridere. Invece di rispondergli per messaggio gli faccio una videochiamata alla quale risponde subito.
"Gaia sei veram.." Si interrompe quando vede che sono io e un sorriso smagliante si fa largo sul suo viso. "Marti ma sei tu?" Domanda e io rido coprendomi la bocca. "Certo che sì, Gaia non prende il mio cellulare. Però se la graffa non la vuoi non fa niente, la vado a prendere da sola.." Dico e lui fa di no con la testa. "Eh no eh, me l'hai proposto e ora ce la andiamo a prendere questa graffa, costi quel che costi" dice. "Un euro" rispondo e lui scuote la testa. "Anche cento" mi fa la linguaccia mentre si infila le scarpe. "Sei pronta?" Mi chiede tornando a guardare nel suo cellulare per vedermi. "Le tue orecchie non le ricordavo così.. così grandi" dico, fingendo serietà. Lui se le tocca e fa una faccetta dispiaciuta. "Ehi le mie orecchie sono importanti, non grandi. Attenta a come usi le parole" mi redarguisce e mi fa ridere. Mi è mancato e continua a mancarmi ogni momento. "Dieci minuti e ci vediamo giù al palazzo, ti porto io da una parte" gli spiego e lui annuisce. "Va bene, a tra poco". Metto un jeans e una t-shirt e delle Nike, sciolgo i capelli, lavo i denti e scendo. Lo trovo già fuori al portone e quando mi vede viene verso di me e mi abbraccia. All'inizio mi devo forzare per abbracciarlo ma poi mi sciolgo e lo stringo più di quanto lui stringe me. Sono tre settimane che non ci vediamo ma mi sembrano molte di più. Mi sembra una vita che non lo vedo, che non sento il suo odore e che non sfioro la sua pelle. L'abbraccio non accenna a sciogliersi, lui mi stringe forte e mi accarezza i capelli sulla schiena. Mi ripete che gli sono mancata e che non vuole più starmi lontano, io non rispondo, non sono pronta a promettergli nulla. Quando si stacca da me mi bacia la fronte e mi sorride. "Scusa mi sono lasciato trasportare un po'.." Fa due passi indietro e si schiarisce la voce. "Andiamo?" Mi chiede e io annuisco. "Andiamo con la mia, la tua è sempre in rosso" mi propone e sto per accettare senza fare storie ma poi mi viene in mente una cosa. "Solo se guido io" dico e lui sgrana gli occhi. "Non la lascio guidare a nessuno, è nuova, è la mia prima vera auto da ricco" cerca di spiegarsi ma io metto le mani sui fianchi e scuoto la testa. "O guido io o me ne torno a casa mia" dico, ricattandolo. Mi fissa negli occhi per qualche secondo e poi sospira. "E va bene, ma vai piano" mi dice passandomi le chiavi. Esulto e salgo dal lato del guidatore sentendomi subito strana, è altissima come auto. Arriviamo da Parentesi Graffa a Villaricca in una mezz'ora e parcheggio lì fuori. Lui dà la mancia al ragazzo che si occupa del parcheggio e gli chiede di fare attenzione alla sua auto. Mi fa ridere per come lo prega di prestare più della solita attenzione perché lui è Fabian Ruiz ed è famoso e bla bla bla. "Dai vieni?" Sbuffo e mi raggiunge. Si fa una folla intorno a lui che si fa foto con tutti e poi chiede una tregua che i tifosi gli concedono. Ci sediamo ad un tavolino sul terrazzino e mangiamo le nostre graffe: la mia con Nutella e la sua black e white.
"Mmm è proprio buona.." Dice guardandomi e poi parla col ragazzo che le ha fatte e fa i complimenti anche a lui. Dopo la storia su Instagram in cui pubblicizza il locale ce ne andiamo e guido verso casa. "Torniamo già a casa?" Mi chiede mettendo il broncio. "Per stasera va bene così" annuisco e lui sbuffa. "Va bene" dice solo rispettando il mio volere. Mi fa parcheggiare nel box auto del suo palazzo e fa per scendere dall'auto ma lo fermo. Mi guarda perplesso per un po', non capisce cosa voglio e onestamente neanche io lo so bene. Vorrei saltargli addosso e sentirmelo dentro dopo tanto tempo, sento la sua mancanza fisica, lo voglio spalmato su di me ma so che i tempi non sono ancora maturi. "Ti va di chiacchierare un po'?" Gli domando. Annuisce e mi tira a lui baciandomi di nuovo la fronte. "Di che vuoi parlare Cenicienta?" Mi dice poi, attorcigliandosi i miei capelli tra le dita. "Non lo so, parliamo e basta" dico e lui sorride. Inizia a parlare lui, parla delle vacanze in Spagna del mese scorso, mi racconta di come ha trascorso il compleanno, mi racconta di sua sorella, di suo fratello. Mi parla di ciò che vorrebbe fare, di ciò che rimpiange. Ad un certo punto si rabbuia ma in un attimo torna quello di sempre. Poi parlo io: gli racconto del viaggio a Marrakech, dei giorni in libreria, delle serate lunghissime al locale e dei prossimi viaggi che vorrei fare. Quando parlo del locale si innervosisce, so che non gli fa piacere che io lavori lì ma sa che voglio la mia indipendenza e quindi non mi dice niente. Quando sono le tre mi dice di chiamare Gaia e di avvisarla che non torno a casa per non farla preoccupare e ha ragione. La chiamo e poi torniamo a parlare. Parliamo, parliamo e parliamo ancora, parliamo tutta la notte. La sua auto comoda e spaziosa diventa il nostro salotto preferito e nessuno dei due sembra volersene andare. Parliamo e ridiamo, ci prendiamo in giro, ci meniamo, ci avviciniamo. Ad un tratto siamo così vicini, così vicini che i nostri nasi si toccano. Chiudo gli occhi e mi godo il suo respiro sulla pelle, lui ha gli occhi sempre ben aperti e aspetta una mia mossa. Mossa che non arriva, non stasera. Questa serata voglio ricordarla come quella in cui ci siamo conosciuti davvero, la notte che mi ha confermato che sono innamorata di lui. Sì, proprio così: io amo Fabián e non voglio più nasconderlo né negarlo.

Nati dalla tempesta | Fabián RuizDove le storie prendono vita. Scoprilo ora