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Il mio naso schiacciato contro la finestra ormai è normalità a casa mia. Cerco di non farmi notare da Gaia che però continua ad incalzarmi con la storia che sono strana. Come darle torto? E' una settimana che guardo al suo balcone e niente, Fabian sembra essere scomparso.
"Ci vai a lavoro o vuoi fissare il vuoto ancora per molto?" Mi chiede la mia coinquilina mordendo una mela rossa. "Sì ora scendo, Salvo oggi non c'è apro io" sbuffo, da sola alla libreria mi annoio da morire. Purtroppo non è più molto frequentata e se lo è, lo è più che altro da anziane professoresse o vecchi studiosi. I giovani pensano ad altro, hanno altri hobby, altri passatempi. Qualche volta ne entra qualcuno, si guarda intorno come se fosse in un mondo parallelo tipo Star Wars e mi fa domande stralunate come se stessimo parlando di cose illegali o inventate. Quando ne arriva uno mi diverto, almeno passo un po' di tempo.
Le giornate sono sempre più cupe e corte anche se fortunatamente oggi non piove. Entro nella mia Mini Cooper e sfreccio verso la libreria. Come prima cosa mi faccio un caffè e poi inizio a sistemare i nuovi romanzi gialli che ci hanno consegnato ieri sera. La mezza giornata di lavoro passa abbastanza velocemente visto che non mi sono fermata un attimo. Quando chiudo le serrande sono quasi le due e ho una fame incredibile. Torno a casa di corsa e Gaia mi fa trovare una bella pasta e patate bollente che divoro in mezzo minuto.
"Eri affamata eh?" Ride mentre pulisco il piatto con una fetta di pane. "Non sai quanto, stavo svenendo" rispondo facendo roteare gli occhi. "Per tua fortuna qui c'è la tua Gaietta che ti sfama" mi bacia la fronte e mi supera sculettando "però i piatti li fai tu, io vado a dormire che tra poco crollo" mi avvisa. "Sì vai, faccio io" la saluto e dopo aver sparecchiato pulisco anche la cucina. La finestra in cucina è leggermente aperta per far entrare quel poco di luce del giorno e poi perché ogni tanto butto l'occhi al settimo piano del palazzo di fronte. Prima di andare anche io a dormire un po', guardo per l'ultima volta e me lo ritrovo appoggiato sulla ringhiera che guarda verso di me. Sobbalzo, mi sistemo la maglia addosso con un movimento automatico e mi avvicino alla finestra con l'ansia a mille.
"Ciao" leggo le sue labbra schiudersi in un saluto e ricambio. "Ciao" dico con un sorriso da cretina stampato in faccia. "Non vedo bene" continua indicandomi e facendo la faccia triste. Sono nascosta per metà dal muro della cucina, dalla finestra può vedere solo fino al mio busto. "Un attimo" mimo con le labbra e lui annuisce. Vado in camera mia chiudendo la porta a chiave e andando verso il balcone. Lo spalanco e me lo ritrovo di fronte. Ora può vedermi per intera e nonostante sia completamente vestita la sua espressione è finalmente soddisfatta. Faccio due passi indietro, facendo sempre attenzione a restare nella sua traiettoria per farmi guardare bene. Mi lego i capelli in una coda alta, mi sfilo le scarpe e poi inizio. Mi accarezzo le labbra con un dito che poi faccio scivolare sul mio seno e sui fianchi, fino ad arrivare al bordo della mia maglia. Lo afferro e me la sfilo restando in reggiseno, stavolta di pizzo. Mi guarda, mi sento il suo sguardo sulle labbra, poi sul seno quasi nudo. I suoi occhi sono su di me, non mi molla mai, si morde il labbro inferiore e mi mangia con gli occhi. Mi piace quando mi guarda, mi piace come mi sento quando mi osserva. So di piacergli lo capisco dalle espressioni che fa. "Ancora" dice facendo un gesto eloquente con la mano. Annuisco, scendo con le mani sul bottone del jeans e sto per sbottonarlo quando la sua attenzione viene attirata da altro: qualcuno dal suo appartamento lo chiama e lui si volta e risponde. Si gira ancora un attimo verso di me e col dito indice che ruota in orizzontale su sé stesso mi dice che ci rivediamo dopo. Cerco di dire qualcosa, di chiedergli dopo, sì, ma dopo quando? Ma non me ne dà modo, rientra dentro lasciandomi di nuovo da sola col mio pizzo bianco.
Lo aspetto per tutto il pomeriggio, per tutta la sera, ma niente. Vado a lavorare al locale con la testa piena di pensieri - tutti stupidi e inutili - cerco di concentrarmi e di dare il meglio di me sul palco. Quando ritorno a casa lo cerco di nuovo ma ancora nulla, buio totale.

Nati dalla tempesta | Fabián RuizDove le storie prendono vita. Scoprilo ora