Capitolo 5

1.6K 46 0
                                    

Sono passati giorni di silenzio tra me e Kyle, lo vedo sempre chiudersi in camera o in taverna, le sue mani sono cucite e i punti, nonostante li abbia fatti lui, tengono ancora e lo aiutano a non rovinare ulteriormente le nocche.
Jason ha perso la voglia di andare da lui, lo guarda scappare da noi e poi mi chiede perché
Ma io non lo so.
Vorrei tanto poter aiutare, come ho promesso a Karen.
Dopo troppo silenzio mi faccio forza e tiro fuori tutta la rabbia che c'è in me.
Non gli urlerò contro, ma voglio solo parlare e tirargli qualche informazione fuori di bocca
"Kyle, tua madre ha chiesto di te" è giù in taverna ed è intento a fare gli addominali.
Il suo corpo non potrebbe essere più scolpito di così,
Le vene del suo collo fan capire che è esasperato ed è sull'orlo di svenire dalla fatica
"Kyle, Smettila"
Le mie mani formicolano dalla paura che quella frase mi ha provocato
"Dobbiamo andare dal medico"
"Kyle"
Lui non risponde e continua per la sua strada, apro definitivamente la porta, vado verso di lui e mi metto ai suoi piedi
"Non è così che riuscirai a convincermi" la sua voce è cambiata, forse è guarita ed è ritornata normale, è profonda e molto attraente.
Ma non è questo che importa ora.
"Rischio di morire se cerco di alzarti?"
La sua faccia si incupisce subito e mi pento di quello che ho detto.
Chissà quante persone ha visto morire
"Scusa, scusa, mi dispiace, non volevo"
"Tu non sai nulla?"
Penso di dover scappare e nascondermi dai suoi occhi, tentare di trovare la sorella di Karen e abbandonare tutto a lei, ma lui tossisce e si alza.
La mia testa arriva al suo petto, alzo gli occhi, la sua mandibola tagliente e i suoi occhi verdi mi rendono piccola e assolutamente stupida
"Non hai mai sentito le storie su di me?"
"No"
"Giurami che non chiederai mai a nessuno di me"
"N-no"

Saliamo assieme la scala, lui avanti a coprirmi la luce per non farmi cadere dagli scalini, e io dietro che ancora tremante cerco di pensare lucido
"Chiama Lara"
"Lara?"
"La sorella di mia mamma"
"Oh giusto"

"Pronto?"
"Salve, sono Megan"
"Ciao Megan, Dammi 10 minuti e sono da te"
Mette giù e ci rimango un po' male, mai quanto Kyle
"Si preoccupano sempre per Jason"

"Guido io" cerco di impormi, ma nelle sue mani girano già un mazzetto di chiavi
"Riesci a stare un po' zitta?"
Ho deciso, ora sto zitta fino a quando mi dirà di parlare di nuovo.
Lo seguo, va in cucina a salutare Jason con un bacio sulla guancia e prendere il borsone che è lì da giorni.
Vorrei chiedere perché lo prende per andare da dottore, ma la mia decisone è seria e più che decisiva.
Porta una maglia rossa e un paio di pantaloni pesanti neri.
Vorrei chiedere perché li porta con questo caldo, ma sto zitta.
I suoi graffi sulla faccia sono ancora evidenti, sul suo collo la vena si evidenza ogni volta che sposta il borsone da spalla a spalla.
Vorrei aiutarlo, ma so che direbbe no e no ancora.

Il viaggio è silenzioso, lui non accende la radio e nemmeno apre il finestrino
Ci provo io
"Ferma! Tira su!" Mi ringhia
Non parlo e schiaccio il pulsante per alzare il vetro bollente.
In ospedale ci sono pochi posti liberi, lui sceglie quello più vicino possibile, ma al sole.
Vorrei dirgli che c'è ne stanno molto in fondo all'ombra.
MA STO ZITTA.
Iniziamo a salire le rampe di scale, lui salta sui gradini e ne fa 3 alla volta.
Io rimango indietro, vorrei chiedere a che piano stiamo andando, così da premere il maledetto pulsante dell'ascensore, ma lo seguo senza aprir bocca.
Tranne solo per respirare affannosamente
Raggiungiamo il quinto piano, e lui apre forte la porta, si guarda in giro e quasi cambia idea.
Si gira verso di me, forse ha capito la mia decisione, sbuffa ed entra a testa bassa.

Decine di persone lo guardano, una donna chiude il giornale e lo rimette sul tavolino della sala d'attesa.
Un altro uomo tira in dentro il suo bambino e lo chiude tra le sue braccia.
C'è anche chi prende e se ne va, la segretaria del piano abbassa a metà le veneziane del suo sportello e chiude piano la porta.
Perché?
Nessuno distoglie lo sguardo da lui, dalle sue mani e dai suoi graffi.

Dato che non ha preso appuntamento, dobbiamo aspettare che siano andati tutti, e tra le fughe e le visite terminate non c'è poi così tanto tempo da aspettare.
Una signora, sulla sessantina, con i capelli biondi e cotonati in una coda ordinata mi guarda e sorride.
Sembra dispiaciuta per me.
Perché?

Le persone vanno e spariscono, chi fuori dalla sala, chi nelle sale, chiamate per cognome dai medici.
Kyle è in parte a me, testa bassa e nocche esposte, le gambe chilometriche superano le mie ginocchia e vanno verso il centro della sala.
Non sembra a suo agio.
Questo lo capisco.

Ma il medico deve vedere in che condizioni è.
La sala è finalmente vuota, sono passate 3 ore.
3 ore di inferno, dove le persone che non entravano se ne andavano subito dopo averlo visto e probabilmente riconosciuto.

Escono diversi dottori dalle loro stanze, chiudono fischiettando e scappano via, pensando che la sala sua vuota.
In parte a noi si apre l'ultima porta dei medici, e uno di loro non può ignorarci.
Non può ignorare Kyle.
"Buon giorno" dice piano
Kyle alza la testa e tira in dentro le gambe
"Salve Gener"
"Kyle Douglas, sono Kyle Douglas" ringhia
"E che ci fai qui?"
Io non ho intenzione di parlare, lui l'ho obbligato io a venire... quindi sta zitto anche lui
"Vieni dentro, ho già visto"
Si alza e passa oltre me e le mie gambe ormai stanche di stare sedute.

Non mi resta che aspettare.

Cry but do not bleed [ IN REVISIONE ]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora