Capitolo 44

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Felix's pov

Continuo a guardare il corpo inerme di mio padre, mentre mia madre, di fianco a me, singhiozza rumorosamente.

È morto nella notte, hanno detto i medici, non ha sofferto.

Ma so che è una cazzata. Ha sofferto per il tumore, ha sofferto ogni singola volta che prendeva le cure, nonostante sapesse che non c'erano speranze, ed ha sofferto ogni volta che lo guardavamo con occhi diversi.

Sono passati due mesi da quando ho scoperto che aveva un tumore. Papà era convinto che fossi pronto per la sua morte, ma non è così.

Non riesco a capacitarmene.
Ogni sera quando andavo a dormire lo abbracciavo e gli dicevo che gli voglio bene, perché avevo paura che non lo avrei rivisto il mattino successivo. E adesso è successo sul serio.

Allungo il braccio e stringo mia madre in un abbraccio, non sapendo in che altro modo consolarla.
Non riesco a spostare gli occhi da mio padre. È l'ultima volta che lo vedrò.

È pallido e ha gli occhi chiusi, le labbra schiuse e un'espressione serena sul viso. Per un attimo, uno solo, mi sembra che stia dormendo.

La mamma si scosta dalle mie braccia e si asciuga le lacrime con i palmi delle mani, poi mi guarda e mi dice qualcosa, ma non la sento.
Sento tutto ovattato da quando è entrata, un'ora fa, in camera mia con dietro di lei due medici.

È lì che ho capito che papà era stato sconfitto dal tumore.

E non sono solo i suoni che mi arrivano ovattati, ma anche le immagini. Vedo, ma non registro nella mente. Riesco solo a fissare il corpo di mio padre e pensare che lo rivoglio qui con me.

Ho passato gli ultimi due mesi a stare con lui il più possibile. Non sono uscito con nessuno, tornavo da scuola e stavo con lui fino a tarda sera, solo perché sapevo che ne avevamo bisogno entrambi.

Lui aveva bisogno di appoggio ed io di far più ricordi possibili con lui.

Mamma, probabilmente capendo, mi lascia un lungo bacio sulla guancia e esce dalla stanza.

La imito dopo qualche secondo, ma non prima di aver dato un bacio sulla fronte a mio padre, e avergli sussurrato per l'ultima volta che gli voglio bene e che mi mancherà tantissimo.

Quando chiudo la porta dei miei genitori, trovo in corridoio tutti i parenti che mi guardano con compassione e dolore.
La casa è brulica di gente, i migliori amici di mio padre ed i parenti sono tutti qui.

«Stai bene?» Chiede un suo ex compagno di college, mettendomi una mano sulla spalla. Ha gli occhi rossi.

Scuoto la testa e scendo in cucina, dove spero che ci sia meno gente. Non voglio vedere nessuno, in questo momento.

L'unica persona che voglio, adesso, è mio padre. L'uomo che mi ha cresciuto e amato come nessun altro.

«Felix.» Mi giro quando sento la voce di mia madre. Ha spesso di piangere, ma dalla faccia si dice tutto. «Bambino mio, vieni qui.»

Tira su con il naso ed in meno di un secondo la sto abbracciando di nuovo. «Non posso guardati, sei identico a lui.» Biascica piangendo e mi si stringe il cuore in una morsa.

Non so perché questo è successo a mio padre, ma so che non è giusto. E so che avrei preferito essere di gran lunga io quello con il tumore.

Adesso è molto peggio: mi sento morire, come se mi stessero accoltellando trenta persone contemporaneamente, ma so anche che continuerò a vivere senza di lui.

Non so come farò tra due giorni, al suo funerale. Non so come farò a fare un discorso, a dire a tutte le persone come mi sento senza di lui. Non so più niente.

Voglio far smettere di piangere mia madre e voglio stare con mio padre. Mentre mia madre si allontana, perché mia nonna la chiama di là, io chiudo gli occhi e mi appoggio al frigo.

Non so cosa potrei fare per stare meglio, ed il pensiero di chiamare Cara mi balena in mente. Ma no, lei mi odia.

Le ho spezzato il cuore due mesi fa, non posso chiamarla e dirle che mio padre è morto.
Fa un male cane solo pensarlo.

Alla fine, scuotendo la testa, esco di casa.
Non ho voglia di stare a casa, mi sento opprimere ancora di più. E non voglio persone che mi chiedano come sto, che mi stringano a sé come se stessero davvero male loro.

Tutti volevano bene a mio padre, ma nessuno lo conosceva bene come me e la mamma. Nessuno saprà come sarà avere questa casa vuota senza di lui. Nessuno saprà come saranno le cene solo tra me e mamma, e come la sedia di mio padre rimarrà vuota.

Prendo le chiavi della macchina, anche se non ho intenzione di guidare, ma solo per sicurezza, e me ne vado a piedi in giro. Cammino così velocemente che mi fa male la milza e, mentre ci penso, mi rendo conto che non ho fatto colazione stamattina.
Ma questo é l'ultimo dei miei pensieri.

Ad ogni passo che faccio, non riesco a smettere di far viaggiare la mente. Quando passo davanti la mia scuola elementare, mi vengono in mente tutte le mattine che mio padre mi portava a scuola e fatico a trattenere le lacrime.

Passo davanti al suo ufficio e mi fa male il petto, così accelero il passo, fino a ritrovarmi ad un parco. Ogni tanto ci venivo con Lauren, quando stavamo insieme.

Mi siedo su una panchina e mi stringo le gambe al petto, poggiando la testa sulle ginocchia. Guardo alcuni bambini giocare sulle altalene e gli scivoli, ed i loro genitori osservarli.

Papà non si meritava ciò che è successo. Lui era forte, così tanto che non aveva paura di morire. Io si, ma non gliel'ho mai detto.

Mentre era lui che stava morendo e che non riusciva a guarire, tra i due quello con più paura ero io. E non perché ho paura di fare la sua fine, ma perché ho paura di una vita senza di lui.
Chi mi darà un consiglio quando ne avrò bisogno? Chi mi farà ridere quando avrò l'umore a terra? Chi amerà la mamma?

E nessuno, oltre lui, farà queste cose. Ma lui se ne è andato per sempre, e anche una parte di me.

Mi piace pensare che quella parte sia con lui, e in qualche modo anche io. Saremo sempre una famiglia. Mio padre è morto ma, finché ci sarà il ricordo, io gli vorrò bene e lo ricorderò sempre, come se stesse qui con me.

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-sil 💗

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