SEQUEL-Ventinove

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Chiusi la porta della camera d'hotel dietro di me e mi accasciai a terra mentre le lacrime rigavano il mio viso.

Mi mancava il respiro e non volevo crederci che stesse succedendo davvero. Le mani mi tremavano e non riuscivo a calmare i singhiozzi, tutto sembrava girare e avevo la nausea.

Mi aveva preso in giro. Mi aveva preso in giro per tutto questo tempo e io, come una cogliona, ci ero cascata.

Ripensai alla ragazza rossa, Matilde, e mi ricordai il suo corpo perfetto, la sua voce, un buon profumo... La testa iniziò a fare sempre più male. Forse me lo meritavo, no? Non ero certamente alla sua altezza, cosa potevo aspettarmi? Che lei amasse una come me?

Forse avrei dovuto pensarci prima e capirlo che non era nient'altro se non uno stupido gioco per lei.

Sposarmi. Doveva sposarmi. Rimasi immobile a terra, incapace di muovere qualsiasi muscolo, a fissare il muro davanti a me. Sentivo gli occhi gonfi e sicuramente erano diventati rossi.

Mi presi la testa fra le mani e piansi, piansi tantissimo.

Solo qualche decina di minuti più tardi mi decisi ad alzarmi e a buttarmi sotto la doccia, cercando di riprendere le redini, di quel che restava della mia vita, in mano. Ero una donna adulta, in cerca di uno studio dove lavorare, con il cuore spezzato ma che avrebbe saputo cavarsela.

Una volta fuori dalla doccia mi vestiti con i primi jeans e con la prima felpa che trovai, ma un profumo familiare mi colpì direttamente al cuore.

Per sbaglio, forse nella fretta, forse per destino, avevo preso una sua felpa e il respiro mi si fermò in gola. Sentii le lacrime voler nuovamente uscire ma non glie lo permisi. La indossai velocemente e presi le chiavi della camera, infilando poi le scarpe e scendendo in strada.

Passeggiai per tutto il giorno per quelle strade affollate, perdendo completamente la cognizione del tempo. Più volte la voglia di piangere e di tornare da lei si impossessó di me, ma mi costrinsi a non farlo perché non sarebbe stato giusto.

Era buio quando vidi da lontano una grande insegna a neon, con la scritta Pub che lampeggiava. Avevo male alla testa e le luci davano parecchio fastidio, ma decisi comunque di entrare e sedermi al bancone per ordinare qualsiasi cosa mi avrebbe fatto dimenticare i suoi occhi.

Uno, due, tre bicchiere e poi sentii i miei sensi rallentare. Le voci si fecero più ovattate ma non simisi di ordinare, poi qualcuno si sedette accanto a me.

"Fa male essere traditi, eh?" mi chiese una voce che mai e poi mai avrei dimenticato.
Mi girai verso di lui e lo fissai per qualche istante negli occhi scuri mentre mandava giù il contenuto marroncino del bicchiere.

Non dissi niente, riportai lo sguardo al muro dietro il bancone e continuai a bere. "Cosa ci fai qui?" gli chiesi solamente e lui sospirò "Sono qui... In vacanza"

Io annuii e continuai a manderei giù tutto quello che il barman mi dava. Le mie mani continuavano a tremare e pochi istanti più tardi una felpa mi si poggió sulle spalle. "Io la tua cazzo di felpa non la voglio, Mattia" sputai arrabbiata.

Lui sorrise e mi prese per un polso "Perché hai scelto lei? Fra tutte le persone al mondo, lei? Gesù.. Guarda come ti ha ridotta. Non lo sapevi che non eri alla sua altezza? Che tanto sicuramente ti avrebbe tradita? Sei così brutta..pensi sul serio che una come mia sorella poteva stare con te se non per del semplice sesso, tesoro?"

Il mondo mi si bloccò a torno e le lacrime iniziarono nuovamente ad insistere per uscire.
Cercai di respirare ma non ce la feci e posai il bicchiere sul bancone. Vedevo il ghigno di mattia sempre più offuscato fino a quando, in un leggero momento di lucidità, mi resi conto che lui non poteva assolutamente sapere che lei mi aveva tradito, perché l'unica a saperlo, era Andrea ed ero certa che non avrebbe mai detto una cosa del genere proprio a lui.

"Tu come cazzo fai a sapere che mi ha tradita?" gli chiesi velenosa, riprendendo il controllo di me stessa.

Tutto quello che aveva detto era vero. Io non ero affatto alla sua altezza, ma ciò non mi permise di non andare fino in fondo.

"Quando si fa, ci si deve anche aspettare di ricevere"

Cosa voleva dire?

"Volevo solo fartela pagare un po'" ghignó.

Ci misi un po' a collegare le cose ma quando capii che Andrea non mi aveva tradito, ma era stato lui a mandare Matilde a casa nostra, il mio corpo si mosse da solo per prendere il cellulare nella tasca dei jeans e chiamare l'unica persona importante per me.

Ciao, ho bisogno di un'informazione sincera da voi.
In questo periodo i miei capitoli mi sembrano molto confusi, risulta anche a voi?
Se così mi dispiace, cercherò di rimediare... Melissa❤️

La Sorella Del Mio Fidanzato|| LesbianDove le storie prendono vita. Scoprilo ora