𝟭𝟵 〣 𝗦𝗘𝗜 𝗖𝗜𝗙𝗥𝗘, 𝗨𝗡 𝗖𝗢𝗗𝗜𝗖𝗘

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Abbandonato in fretta e furia l'ospedale, Jeongguk aveva quindi deciso di dirigersi verso la villa di Dohyun speranzoso di poter trovare un qualcosa che potesse aiutarlo a frenare i russi prima di un loro genocidio; odiava lavorare in quel modo, con la vita dei suoi compagni sulle spalle, con la consapevolezza di essere stato graziato dagli Zakhary e con la successiva conseguenza relativa al fatto che chiunque ─ fatta eccezione di lui ─ si sarebbe potuto ferire.

Odiava prendersi quel genere di responsabilità perché inconsciamente era come se si appropriasse della vita altrui e decidesse quanto peso e importanza darvi. Fosse stato per lui, avrebbe voluto poter schioccare le dita, far comparire il denaro necessario e chiudere il conto in sospeso con i russi ma la triste realtà era che non era un mago né tanto meno abbastanza forte e abile da proteggere le persone a lui care.

Aveva fallito con la propria famiglia, aveva fallito con i propri amici, con il proprio mentore, stava fallendo con Taehyung e ora si era aggiunto anche il fallimento verso i propri compagni.

Non riusciva a fare mai nulla, non era l'eroe di nessuna storia, non era invincibile, non era forte, non era imbattibile e odiava tremendamente queste sue sfaccettature così affini ad un misero personaggio secondario. Einar e Taehyung erano i protagonisti, loro sì che avevano forza da vendere, loro sì che possedevano coraggio, determinazione e volontà. Come poteva credere seriamente di poter competere con loro? Non c'era assoluto paragone.

«Dove tieni nascoste le informazioni, mh Dohyun?» si domandò con il labbro inferiore stretto tra i denti, con un groppo alla gola ogni qualvolta pensasse alla figura di quell'uomo che tanto aveva fatto per lui, ma continuò comunque la sua ricerca perlustrando le innumerevoli stanze di quell'enorme villa come se già non le conoscesse a memoria. Aveva controllato ogni cosa, ogni spazio, ogni area quindi perché non trovava nulla? Perché era un tale fallimento? «Dannazione─» sibilò nuovamente ritrovandosi a prendere posto sul letto disfatto di Taehyung, su quello stesso materasso dove aveva compreso quanto rotto fosse il giovane, doveva aveva cercato di dare un senso alla propria vita prendendosi come obiettivo la protezione del figlio di Dohyun.

Lì, proprio su quel materasso, con lo sguardo perso verso un quadro appeso alla parete, qualcosa lo attirò.

Si alzò, raggiunse il dipinto e qualcosa di quelle pennellate gli risultò familiare, un tratto conosciuto, già visto e d'istinto ciò che fece fu cercare delle iniziali che sapeva non avrebbe trovato: Taehyung non era solito firmarsi. Confermata infatti l'assenza di qualcosa che lo riportasse al moretto, Jeongguk si permise di afferrare delicatamente il dipinto, sfilarlo dal chiodo e ribaltarlo con l'intento di vedere se sul retro vi fosse appuntato qualcosa.

Non trovò nulla ─ come immaginato ─ ma l'insolito contorno piuttosto segnato del dipinto proiettato sulla parete, lo spinse a posare la mano su quella parte d'intonaco che come per magia rientrò facendolo trasalire appena.

Un rettangolo di dimensioni pari a quelle del quadro si incassò all'interno della parete e nonostante non fu visibile assolutamente alcun cambiamento all'interno della stanza, seppe per certo che qualcosa della villa si era modificato.

Prese quindi a girovagare di nuovo per tutte le stanze, le osservò attentamente in cerca di differenze e quasi non tirò un profondo sospiro di sollievo nel giungere nella camera da letto di Dohyun; aveva trovato un'anta dell'armadio socchiusa ─ e ricordava perfettamente non fosse affatto così ─ motivo per cui avvicinandosi aveva scoperto come questo possedesse un doppio fondo e come dall'altra parte non vi fosse nient'altro che un passaggio segreto.

Bingo, aveva fatto centro ed erano passate complessivamente un paio d'ore da quando gli Zakhary gli avevano attribuito un mortale conto alla rovescia sulle spalle motivo per cui ora poteva finalmente salvare i suoi compagni.

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