𝟮𝟴 〣 𝗦𝗜𝗜 𝗟𝗔 𝗠𝗜𝗔 𝗠𝗘𝗧𝗔'

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A seguito di quella loro promessa, Jeongguk aveva ottenuto l'ovvio permesso di Taehyung nel poterlo aiutare a farsi un bagno in quella Jacuzzi che tanto amava e odiava allo stesso tempo; non erano sicuramente bastate delle settimane di lontananza da Einar per poter cancellare la sua influenza, ma era stato comunque felice nel vedere il moretto non agitarsi troppo a riguardo.

Aveva lasciato che si togliesse autonomamente ogni indumento e gli era stato vicino dal momento in cui aveva chiesto la sua mano per poter essere accompagnato all'interno della vasca ─ probabilmente spaventato da come la volta precedente fosse rimasto sporto in avanti ─ fino a quando non aveva deciso di voler uscire.

Si era preso cura di lui, gli aveva lavato la schiena, si era occupato dei suoi capelli e si era anche permesso di rubargli un bacio dall'alto, sporgendogli leggermente la testa all'indietro così da farla combaciare alla propria sporta invece in avanti. Lo aveva sentito sorridere sulle sue labbra e mai era stato così contento a riguardo.

Taehyung aveva sicuramente un background davvero tortuoso alle sue spalle ma sapere di poterlo influenzare ─ anche se minimamente ─ in maniera positiva, lo faceva stare bene. Ovviamente, il suo obiettivo numero uno era che imparasse ad amarsi e a credere in se stesso senza alcuna necessità di ricevere conferme da parte di altri; lui era perfetto e giusto a modo suo e nessuno, nessuno, avrebbe mai dovuto avere parola a riguardo.

«Jeongguk..?» la flebile voce di Taehyung, intenta a rivestirsi all'interno della sua stanza, lo obbligò a rivolgere ogni attenzione verso di lui.

«Sono qui fuori Taehyung, che succede?»

«Grazie» rispose solamente il moretto, essendo poi colui ad aprire la porta e a posizionarsi di fronte al suo corpo. «Per tutto quello che hai sempre fatto per me, che stai facendo e che farai. Grazie» e Jeongguk schiuse le labbra con l'unico intento di fargli capire come non fosse necessario ringraziarlo, che aiutarlo era il minimo che chiunque essere umano potesse fare e che lui ─ nonostante lo volesse ─ non era né migliore né diverso da chiunque altro. Eppure, il giovane dagli occhi smeraldo, non esitò in alcun modo a dargli tutte quelle conferme che per mesi lo avevano fatto vagare nell'incertezza. «Io non credo di amare più Einar» prese a dire, cogliendolo un attimo alla sprovvista per il cambio repentino d'argomento. «Me l'avevi domandato praticamente appena incontrati ma ai tempi ero ancora devastato dalla rottura, spaventato delle conseguenze, incredulo ma soprattutto molto incosciente. Sapevo quanto male mi facesse, sapevo il perché stessi resistendo, ma tu hai dato una svolta alla mia mentalità, mi hai fatto capire che non fosse necessario restare al suo fianco pur di assecondarlo, che non potevo continuare a distruggermi solo per paura o estrema protezione verso chiunque mi stesse attorno»

Jeongguk, nel mentre di quelle sue parole, si permise di prendergli il volto a coppa, fissarlo malinconico per una manciata di secondi e poi portarselo al petto così da poter stringere il minore in un abbraccio che questo ricambiò immediatamente.

«Io non amo più Einar, ora ne sono sicuro, ora so di non volerlo più vedere, di volerlo fuori dalla mia testa, dal mio letto e dalla mia vita»

«Insieme ci riusciremo, ti aiuterò a lavorare su te stesso e nel mentre mi assicurerò di porre tra voi due delle distanze che mai più potranno essere azzerate» gli promise, carezzandogli i capelli ancora leggermente bagnati e decisamente più lisci del suo solito. «Ho un chiaro obiettivo e l'arroganza di Einar nel voler governare su tutto e tutti gli ha creato non pochi nemici che ora sono disposti a schierarsi con noi per sconfiggere lui e i russi»

«Che intenti..? Posso sapere..?» gli domandò cauto, guardando però con quei due occhioni a cui mai sarebbe stato in grado di dire no, ancor più riguardo una questione dove più sapeva più attenzione poteva riporre in determinati soggetti o situazioni. Tenerlo all'oscuro di ogni cosa ─ come avevano sempre fatto lui e Dohyun ─ non era servita assolutamente a nulla, anzi, alla fin fine era stata proprio quella mancata comunicazione e fiducia ad ucciderlo.

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