𝟰𝟮 〣 𝗩𝗜𝗩𝗜 𝗘 𝗠𝗢𝗥𝗧𝗜

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Riprendere coscienza, secondo dopo secondo, per Taehyung era diventato talmente estenuante da esasperarlo. Continuava a perdere i sensi per un motivo o per l'altro ed era diventato automatico domandarsi quanto il suo corpo ne avrebbe risentito in futuro e soprattutto quando questo avrebbe definitivamente ceduto.

I medici erano stati parecchio chiari, intransigenti e nefasti a riguardo: la situazione nella quale si trovava ─ vittima di una forte carenza di ferro, di sangue e di tutto ciò che avrebbe consentito al suo organismo un corretto funzionamento ─ era talmente precaria da farlo sentire come se stesse camminando su una sottile fune, proprio al di sopra di un enorme cratere pronto ad inghiottirlo.

Doveva fare estremamente attenzione e soprattutto evitare di ferirsi com'era successo con Einar, attaccandolo e reagendo come se ad ogni goccia di sangue versata quella corda immaginaria non divenisse sempre più sottile e instabile.

Si era distrutto il naso, tagliato sul braccio e infine procurato un bel danno doloroso ─ per fortuna innocuo ─ al fianco. Doveva smetterla di mettersi nei guai, doveva smettere di farsi accecare dal desiderio di rivalsa e soprattutto doveva smettere di essere tanto instabile da credersi invincibile in un momento e spacciato in un altro.

Ancora con gli occhi chiusi ─ e accompagnato da un lieve mugugno ─ cercò di muovere qualche parte del proprio corpo in maniera da comprendere se ci fosse qualche arto intrappolato, ma si rese immediatamente conto come a dolergli non vi era un solo fianco, bensì entrambi.

Che diavolo era successo?

Cercò di fare rapidamente mente locale sugli ultimi avvenimenti accaduti, ricordò di aver combattuto con Einar, di essersi lanciato dalla finestra, di essere sopravvissuto alla caduta grazie a Zakhar e di essere corso insieme a lui verso un cancello oltre al quale avrebbe potuto lottare per la propria libertà. E poi? Cos'era successo dopo? Perché la sua mente era andata in blackout? Perché gli faceva male anche l'altro fianco?

Provò a sbattere un paio di volte le palpebre, cercò di mettere a fuoco l'ambiente circostante e quasi sospirò nel notare un aspetto della stanza parecchio rincuorante.

Si trattava di una camera ospedaliera.

Le domande però ─ per sua sfortuna ─ non si erano certamente placate. Okay, forse era riuscito a raggiungere l'auto di cui aveva parlato Zakhar, ma perché non ricordava nulla di tutto ciò? Il russo gli aveva seriamente detto addio per poi tornare nella tana del lupo? Ora era necessario mantenere realmente la promessa fattagli e compiere quel gesto tanto estremo che mai si era sognato di poter compiere con le proprie mani? Doveva prendersi di nuovo la responsabilità della morte di qualcuno esattamente come aveva dovuto fare con Dohyun?

Credeva di potercela fare, credeva di poter uccidere Einar, Ariy o qualunque nemico senza soffrirne ─ perché insomma, erano loro i cattivi da sconfiggere no? ─ eppure ogni volta che immaginava tale scenario, l'immagine di suo padre tornava a tempestargli la mente.

E no, non si trattava di una raffigurazione sorridente, in salute, pronto a farlo piangere per il dolore di averlo perso, no. Taehyung tornava a vederlo esattamente come lo aveva affrontato nei vari incubi che l'avevano tormentato a seguito della sua morte. Lo vedeva ricoperto da sangue, con un braccio steso verso di lui, intento ad incolparlo di essere stato lui la causa della sua morte.

E a quel punto, le lacrime non erano più solo di dolore.

«Sei sveglio da nemmeno due secondi e già sento le rotelline del tuo cervello impazzire. A che stai pensando?» quella domanda ─ posta strettamente in lingua inglese ─ gli giunse alle orecchie in maniera improvvisa, scuotendolo al punto da fargli saettare gli occhi verso lo stipite di quella stanza ospedaliera dentro la quale si era svegliato.

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