𝟭𝟱 〣 𝗟𝗢 𝗨𝗖𝗖𝗜𝗗𝗘𝗥𝗢' 𝗖𝗢𝗡 𝗟𝗘 𝗠𝗜𝗘 𝗦𝗧𝗘𝗦𝗦𝗘 𝗠𝗔𝗡𝗜

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Agitato e spaventato, Taehyung si era ritrovato ad ascoltare la confessione di Jeongguk ad occhi sgranati e labbra schiuse in un urlo che gli uscì rumorosamente muto, con i muscoli rigidi dalla tensione e la mente completamente ko.

Cercò di tirarsi quantomeno a sedere ma fallì fragorosamente quando comprese come il braccio buono non fu in grado di reggerlo e come le gambe ─ a loro volta ─ non avevano fatto altro che crollare sotto il loro stesso peso. Era restato quindi con sguardo rivolto verso terra, come se anche la testa gli risultasse troppo pesante per essere alzata, come se sopra di questa stesse letteralmente gravando il corpo di suo padre sporco dello stesso sangue che sentiva di possedere alle mani.

Era tutta colpa sua.

Rivolse uno sguardo al cellulare non più in contatto con quello di Jeongguk ─ segno che l'uomo avesse chiuso la chiamata così da potersi dedicare alla ricerca di Dohyun ─ ma in quella connessione mancata lui non fece altro che sentirsi solo e abbandonato. Voleva avere la forza per andare semplicemente a casa, per allontanarsi da quel posto e tornare a quella che sperava fosse la realtà al di fuori di quell'incubo eppure come mai avrebbe potuto lasciare il porto senza assicurarsi delle condizioni di suo padre?

Vi era stata un'enorme esplosione, si era ferito gravemente lui distante una svariata decina di metri quindi non riusciva a comprendere come suo padre potesse stare bene ma se Jeongguk era riuscito a rispondere ─ e aveva lasciato Dohyun da poco ─ forse vi era ancora una chance.

Cercò quindi di tirarsi di nuovo a sedere ma il suo corpo cedette una seconda volta facendolo innervosire più che mai al punto che si dovette limitare a raggiungere strisciando un muretto con una recinzione metallica alla quale aggrapparsi per tentare di reggersi senza crollare.

Volle urlare a squarciagola per la frustrazione ma ─ così come percepiva l'udito ancora parzialmente assente a causa dell'esplosione ─ anche la voce sembrava non voler rispondere correttamente ai segnali. Digrignò quindi i denti, chinò frustrato la testa ritrovandosi obbligato ad attendere una manciata di minuti prima di tentare di nuovo di ottenere stabilità, eppure ciò che lo spinse a mollare istantaneamente le mani dalla recinzione metallica fu la sagoma intenta a camminare incerta verso di lui.

Mollò ogni cosa, camminò per qualche metro, cadette a terra, riuscì a rialzarsi, cadette di nuovo ma fallì nel tornare in piedi ritrovandosi quindi a gattonare da terra, disperato, allo stremo, spaventato, fino a raggiungere le ginocchia dell'uomo di fronte a lui contro le quali vi nascose il viso in lacrime.

«Jeongguk..!» richiamò il nome dell'uomo, facendosi sopraffare dalla sua mancata risposta. «P-Perché non sei tornato con mio padre..?» gli chiese in preda ad una crisi, tremando agitato e rifiutandosi categoricamente di mollare la presa sui cargo del corvino fermo di fronte a lui. «Perché Dohyun non è con te..? Perché ti sei arreso così presto..?!» di nuovo però, a tali domande, Taehyung non ebbe alcuna risposta rendendo ancora più chiara la realtà dietro il perché del silenzio da parte di Jeongguk. «Jeongguk ti prego!» ma quello che uscì dalle sue labbra non fu un ringhio rabbioso né tanto meno un grido accusatorio perché quelle continue lacrime intente a scorrergli lungo le guance segnate da polvere e tracce di sangue determinavano solamente l'intensità della sua disperazione.

Giurava di sentire nelle sue orecchie rimbombare la risata divertita di Einar, giurò di vederlo guardarlo dall'alto in basso con fare superiore ed eccitato all'idea di averlo spinto a compiere un gesto di tale portata, sapendo chiaramente contro chi lo stesse rivolgendo. Perché lo sapeva, Taehyung sapeva che Einar conosceva perfettamente chi fosse il vero capo di Jeongguk ma aveva giocato le sue carte in maniera perfetta e lui se ne stava rendendo conto solamente ora.

Einar non agiva mai in maniera sprovveduta, lo sapeva e se lo ripeteva costantemente ma a volte sembrava dimenticarsene e questo continuava a metterlo in posizioni sempre più scomode al punto da fargli pagare ad altissimo prezzo quella sua disattenzione. Einar aveva studiato attentamente ogni sua mossa, gli aveva parlato prima di Jeongguk ─ così da trascinarlo nel ricordo di com'era finita la loro relazione ─ e poi gli aveva offerto una mano che nient'altro aveva fatto se non trascinarlo sempre più verso il baratro. Se solo fosse stato un poco più attento, non avrebbe ceduto così facilmente alla paura di perdere Jeongguk e di dover per forza di cose sporcarsi le mani pur di obbligarlo a rimanere al suo fianco.

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