𝟮𝟲 〣 𝗔𝗥𝗜𝗬, 𝗟𝗔 𝗧𝗜𝗚𝗥𝗘 𝗕𝗜𝗔𝗡𝗖𝗔

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Gli allenamenti di Taehyung nel tentare di uscire dalla sua stanza senza incombere vittima di attacchi di panico non sembravano aver prodotto molti risultati ma c'era ben poco che potesse realmente fare a riguardo.

Aveva già avuto modo di organizzare un incontro con Ariy e non c'era nulla al mondo che gli avrebbe impedito di parteciparvi se questo gli avrebbe concesso di avere un vantaggio su quei russi di cui tutti ─ Einar compreso ─ sembravano essere spaventati; se il biondo aveva scelto alleati temibili come loro, era solamente perché ben conscio del loro potenziale, della loro impassibilità, della loro crudeltà e del loro modus operandi.

Sta di fatto che nonostante i vari tentativi, gli era stato possibile muoversi solamente di un misero centinaio di metri che mai sarebbe bastato. Non appena Ariy l'avrebbe incontrato, avrebbe immediatamente captato queste sue parole e in un lampo avrebbe rintracciato la sua stanza a causa del raggio parecchio limitato di percorrenza che lo rappresentava.

Se aveva così paura a muoversi di un metro in più, la donna avrebbe immediatamente capito come la sua abitazione non sarebbe di certo potuta essere poi così lontana.

E si era dato mentalmente dell'idiota per aver deciso di contattarla alle spalle di Zakhar ma temeva che con lui non sarebbe mai stato in grado di reggere il confronto, ancor più perché non faceva altro che vederlo come il colpevole numero uno della morte di Minjae.

«Dai Taehyung!» si ritrovò a sbraitare improvviso, nell'istante in cui la frustrazione tornò a tartassargli l'animo. «Perché non sei nemmeno in grado di raggiungere la prima stazione metropolitana?! Che hai di sbagliato in quel tuo fottutissimo cervello?!» si accusò nervoso, colpendosi le tempie con le mani strette in un piccolo e debole pugno. «Perché devi essere talmente inutile?!» si chiese ancora, lasciandosi ricadere di peso sul letto, e riprendendo immediatamente a sbraitare quando si fece male nel sedersi sulla spazzatura abbandonata lì sopra. «Ma che diamine!»

Si rialzò rapido dal materasso, fece passare rapidamente le braccia su di esso così da trascinare a terra qualunque cosa vi fosse sopra e poi ─ non appena questa finì sul pavimento ─ prese a calciarla frustrato e nervoso.

Che cos'erano quelle reazioni? Si stava esaurendo? Era la paura di incontrare Ariy? Stava impazzendo a causa di quello?

Riguardò distrattamente la chat sul telefono con la quale si era messo in contatto con la donna in questione, prese un profondo sospiro, fece un check generale riguardo la situazione all'organizzazione coreana e constato come Jeongguk dovesse trovarsi sul confine russo insieme a Jun, uscì dalla propria stanza così da giungere al luogo d'appuntamento che si era dato con Ariy, anche chiamata Tigre Bianca.

Aveva paura, sentiva le gambe farsi sempre più molli, i capogiri aumentare così come il suo senso di nausea, ma provò comunque a farsi forza perché questo era realmente il minimo che potesse fare; se desiderava portare avanti il proprio progetto di vendetta, era necessario che non tremasse ogni volta come una foglia al solo pensiero di affrontare un nemico. Doveva essere forte, solo in questo modo avrebbe potuto proteggere le persone a lui care, solo così la morte di Dohyun non sarebbe stata completamente vana.

Strinse quindi le mani in un pugno, corrugò le sopracciglia in un'espressione corrucciata e continuò a camminare imperterrito ─ esultando mentalmente non appena riuscì a sorpassare la vecchia cabina telefonica ─ per poi trasalire alla terribile sensazione di avere puntati addosso degli occhi.

Si guardò attorno spaventato e confuso, cercò di capire se fossero occhi nemici o alleati, ma non appena incrociò quelli del proprio tassista, la calma tornò regnante all'interno della sua mente.

Questa durò realmente una manciata di secondi ─ giusto il tempo di sentirsi la spalla toccare ─ perché non appena si voltò verso la donna di fronte a sé, comprendendo come questa non fosse nessun'altra se non Ariy, il panico tornò a divorarlo.

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