𝐸̀ 𝑠𝑡𝑎𝑡𝑜 𝑝𝑖𝑢̀ 𝑓𝑎𝑐𝑖𝑙𝑒 𝑝𝑒𝑟 𝑚𝑒 𝑈𝑙𝑡𝑖𝑚𝑜!

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Niccolò Pov.

Il giorno prima avevo deciso di lasciarla stare, ma se è vero che la notte porta consiglio, lasciai stare di dimenticarla.

Provai a pensare a quante Alice esistessero e chi poteva conoscerla. Non mi venne in mente nessuno, e quando guardai l'ora mi resi conto che dovevo andarmi a preparare.

"Ma', dove sta la camicia bianca?" Mi trascinai fino in cucina.

"Che ce devi fa'?" Chiese sorniona.

"Cena con le amiche de Sara. Me le deve presenta'. Non me va pe' niente." Borbottai.

"Magari tra quelle c'è una che te piace e, ciao ciao Sara." Lei rise di gusto.

"Una e solo una." Risposi più a me stesso che a lei.

"Ancora la cerchi? Io ho chiesto un po' in giro. C'è l'amica mia che c'ha il figlio all'asilo dove lavorava lei. Mi ha detto che è molto bella." Stava senz'altro cercando di capire se l'avessi trovata.

"È stupenda. Comunque non sa come si chiama ve'?" Chiesi fissandola, assetato di sapere.

"Alice De Angelis." Rispose lei, sentendosi come se stesse rivelando segreti del Vaticano. Effettivamente lo erano, dato quanto la stessi cercando.

"E quando me lo dici?" Sbottai.

"Ora." Rispose ridendo.

"Molto divertente. Vado a prepararmi e poi la cerco." Borbottai andando in bagno. "De Angelis." Ripetei sotto la doccia. Quando uscii mi vestii velocemente con un jeans nero e una camicia bianca. Scarpe da ginnastica bianche e il giacchetto di pelle nero.

Spruzzate di profumo, che mi sentii responsabile del buco nell'ozono ed andai alla porta di casa.

"Ma t'hanno preso in qualche Night club?" Mi prese in giro mia madre.

"Se c'è Alice?" Chiesi ridendo.

"Muore intossicata." Rispose ridendo.

"Come sto?" Mi indicai e lei sorrise.

"Per me sei sempre bellissimo." Mi lasciò un bacio ed io alzai gli occhi al cielo uscendo. Il lato ironico era eccessivo con lei. Come se i miei nonni avessero puntato solo su quello.

Passai a prendere Sara, aspettai che scendesse ed arrivò con solo venti minuti di ritardo. Quando scese era al telefono, mentre io la aspettavo poggiato alla macchina, con la sigaretta fra le dita.

"Alice, te l'ho detta la via. Stai partendo da casa dei tuoi?" A quel nome si gelò il sangue. Per la prima volta mi ritrovai a sperare che non fosse lei, e che tutto sommato ancora non l'avevo trovata. Sara attaccò, e girò lo sguardo su di me.

"Sali?" Chiese tuonando. Alzai gli occhi al cielo buttando la sigaretta.

"Almeno dimme che non è sushi." Borbottai aprendo lo sportello, lei mise la cinta sbuffando.

"No, lo so che non lo tolleri più di tanto. Ho prenotato all'Arrosticinaro sulla Nomentana." Il tono di superiorità mi fece innervosire più del solito. Forse l'agitazione, forse l'agonia di non sapere se era solo un'omonima.

"Va piano." Imperò, ed io già avevo voglia di farla scendere.

"Non so manco partito." La guardai di traverso e lei sbuffò di nuovo. Probabilmente le andavo bene solo per sesso e chissà cos'altro.

"Me stai a fa un favore?" Chiesi brusco. Lei mi guardò accennando un sorriso falso.

"Che ne so, l'intenzione tua è avere da ridire tutto il tempo?" Scrollai  le spalle. Non avevo proprio voglia di sentirla. Partii guidando nel traffico, e quando trovai parcheggio lei sospirò.

Ovunque tu sia.-𝒰𝓁𝓉𝒾𝓂𝑜.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora