𝐸 𝑞𝑢𝑒𝑠𝑡𝑎 𝑠𝑜𝑙𝑖𝑡𝑢𝑑𝑖𝑛𝑒 𝑐ℎ𝑒 𝑠𝑒𝑛𝑡𝑜 𝑠𝑎𝑟𝑎̀ 𝑖𝑙 𝑝𝑟𝑒𝑧𝑧𝑜 𝑝𝑒𝑟 𝑢𝑛 𝑝𝑜' 𝑑𝑖 𝑙𝑖𝑏𝑒𝑟𝑡𝑎̀. -𝑃𝑎𝑟𝑡𝑒 2.-

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Alice Pov.

Il tremolio delle mani non mi permetteva di truccarmi, seduta sul letto ancora in intimo cercai di calmarmi in qualche modo. -Neanche dovessi aspettare io il verdetto, su quel palco.- Pensai.

Mi sdraiai a pancia in su sul letto, respiri profondi con il cuore a mille.

Nausea gentilmente concessa da un'ansia strana. Se avesse fallito, se fosse successo qualcosa o se fosse stato compromesso da me, per colpa di Sara.

Troppi pensieri nella testa come colpi di cannone.

Provai a vestirmi con il respiro irregolare, lanciai in aria l'intera valigia alla ricerca di qualcosa da indossare.

Esaminai i jeans distrattamente. Troppo strappati, no nero no, grigio mi cade male, bianco rischio di sporcarmi... 

La suoneria del cellulare richiamò l'attenzione, facendomi sfuggire qualche imprecazione.

"Pronto." Bofonchiai agitata per il ritardo e per la gara.

"A-li." Niccolò sembrava stesse ingoiando a fatica, il respiro affannato.

"Oh, che è successo?" Mi spaventai afferrando un pantalone verde militare e una felpa grigia oversize.

"Cerco di non morire d'ansia."

"Vengo da te. Dammi due minuti." Attaccai infilandomi la felpa, i pantaloni già li avevo indossati mentre ero al telefono. Gli anfibi neri e uscii con il telefono e la chiave della stanza.

"Alice." Daniela mi chiamò, ma la ignorai continuando a camminare. Corsi per le scale senza aspettare l'ascensore. Bussai a Niccolò che aprì in boxer.

"Oi." Lo abbracciai e lui ricambiò stringendomi, mentre con il braccio libero chiuse la porta.

"Non respiro." Bofonchiò andando alla finestra.

"Se non respiravi, non me lo dicevi." Lo rassicurai con la massima calma.

"Alice." Mi baciò dolcemente ed io ricambiai posando le mani sui suoi fianchi. Mi sorrise staccandosi e infilò le mani sotto la felpa.

"Pensi che possa farcela?" Chiese preoccupato.

"Lo sai, io penso che tu possa fare tutto." Lo rassicurai sorridendo.

"Tutto tutto?" Rise lasciando che la sua mano si muovesse sulla mia schiena.

"Tutto tutto. E se non la smetti, non scendiamo." Cercai di spostarlo, ma lui mi baciò spingendomi sul letto.

Le effusioni diventarono sempre più infuocate. I respiri affannati, e le sue labbra calde contro la pelle permisero che perdessi il controllo della situazione.

Ero sua.

Con una lentezza dal sapore di tortura, mi spogliò beandosi di me.

Gli posai le mani sui fianchi facendo scivolare l'unico indumento che lo divideva da me. Se non altro, era l'unico modo che in quel momento lo stava calmando. Ed era anche l'unico modo per dirsi: "Ti amo." Senza cadere nel melenso.

Certo che di modi ne avevamo conosciuti per amarci.

Come se fosse stato creato solo per me, sapevamo incastrarci come nessun altro al mondo. I suoi movimenti sopra di me, lenti e coinvolgenti, strozzarono lettere, parole in gola.

I gemiti, erano l'unica lingua che riuscivamo a parlare. Gli afferrai la mano portandomela sul viso, e lui capì cosa volessi. Mi accarezzò come fossi il suo unico tesoro. Schiuse le labbra sorridendo, ed io allungai una carezza sul suo viso per poi lasciarmi baciare.

Ovunque tu sia.-𝒰𝓁𝓉𝒾𝓂𝑜.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora