𝐷𝑒𝑠𝑖𝑑𝑒𝑟𝑎𝑟𝑒

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Novembre era un mese particolarmente strano, a me ogni anno, quando le foglie si seccavano e cadevano a terra e tutto si faceva marrone o aranciato, veniva sempre un senso di vuoto.
L'aria fredda e secca, irrigidiva anche me e questo rendeva tutto più complicato. Decisamente era il mese dove le mancanze si facevano sentire più forti, dove per me ricorreva l'anniversario di quel saluto così brutto, da farmi costantemente vacillare.

Per anni mi ero domandata il senso della morte, comprenderla era impossibile. Alla fine, accettai il suo non aver pietà, non aver volto o età.
Soprattutto accettai, l'aver scelto di portar via la mia unica guida.

𝙵𝚕𝚊𝚜𝚑𝚋𝚊𝚌𝚔.

Tutto era strano, ero molto più piccola e molto più egoista. Presa dagli impegni e dagli interessi di una sedicenne, nella malattia di mio nonno, io non ero esattamente presente.
Quasi convinta che bastasse sperare, e pensare che sarebbe guarito in fretta.
Eppure, ad ogni momento corrispondeva una nuova problematica.

Finché nonno era lui, ma non aveva più le sembianze dell'uomo che amavo. Era provato da mesi di dolori e medicine. Lui che era sempre di poche parole, ora non ne riusciva a dire più neanche mezza.

Quella mattina, a scuola si parlava di Orazio, la professoressa leggeva in latino, velocemente quasi a pretendere la nostra bravura a scrivere.
Qualcuno richiamò la mia attenzione, ed io con gli occhi blu puntati sul cielo fuori dalla finestra, trasalii.
Mia madre mi stava aspettando di sotto.

𝑁𝑜𝑛𝑛𝑜!

Raggruppai le mie cose nello zaino, le mani tremanti.
Scale troppo strette, anche troppo infinite sotto piedi spaventati.
Avevo perso troppo tempo e ora lui, mi stava insegnando il suo valore. Io presa dal mio mondo, non stavo capendo quanto mi sarebbe mancato il terreno sotto i piedi, appena giunto il momento.

Mia madre aveva il viso contratto, gli occhi gonfi dal pianto misti a terrore erano puntati sulla strada per l'ospedale.

La scalinata che avevo percorso così tante volte, e la prima volta insieme a mio nonno ora sembrava infinita.

I medici correvano da una parte all'altra, ed io affascinata li guardai donare tutto il loro sapere per salvare vite umane.

"Mamma, voglio fare anche io il medico." Bofonchiai. Non sapendo ancora, quanto quel giorno in realtà, potesse cancellare quell'idea con un solo trauma.

Mio padre era in piedi davanti quella stanza bianca, e posso dire, di non averlo mai visto così stanco e triste. Così arreso e inerme mi guardò, stringendo fra le braccia Eva.

Tolsi il cappotto, posandolo su una sedia poco distante da lui.

Nella stanza aleggiava un solo rumore, il macchinario scandiva il battito lento. L'ossigeno emetteva il rumore sordo, come un chiodo nella testa.

Mamma mi sorrise stanca, e se quella mattina mi era venuta a prendere a scuola, era solo per un motivo.

"Nonnino." La voce incrinata di una piccola me. Come fossi tornata, a quando non ero in grado di essere autosufficiente, almeno senza di lui. I suoi occhi si allagarono di lacrime, ed io strinsi subito la sua mano.
Aveva paura, forse sentiva cosa stava per succedere o semplicemente non voleva che lo vedessi ombra di se stesso.

"Nonno, pensavo ad una cosa." Mi guardò come a chiedermi di dirgliela. "Quando esci di qui, io e te andremo al parco dove mi portavi sempre. Poi, andremo a mangiare da Fatima, anche se la pizza che fa Bruno è nettamente migliore. Poi ti riporto a casa da nonna, che sicuramente starà sentendo Radio Maria e se vuoi, per farle dispetto glielo urlo io sulla porta: "Ebbasta, Marì!" E poi a cena, nonna ci fa pasta e patate, e pure là, se vuoi glielo dico io che te fa schifo perché te sa de ospedale." Lo guardai cercando di non piangere, anche se era molto difficile.
"Passeremo così i nostri giorni futuri, mi insegnerai a guidare, a urlare contro gli automobilisti imbecilli, verrai alla mia laurea e poi ti presenterò l'uomo della mia vita, tu dirai che è proprio quello giusto a modo tuo: "Bambina mia, lui me piace!" E io ti risponderò che intendo sposarlo.
Tu mi sorriderai, e mi terrai la mano.
Guarderai quella bambina, indossare l'abito bianco più bello. Lo immagino molto semplice, ma di impatto. E poi, e poi tu libererai qualche lacrima e io ti dirò di non fare così, che sarò sempre tua nipote e la tua piccola.
Poi avrò dei figli, avranno grandi occhi e tutti puntati su di te... E vivrò la mia vita, ma senza mai lasciarti solo." Sussurrai.

Ovunque tu sia.-𝒰𝓁𝓉𝒾𝓂𝑜.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora