Niccolò Pov.
L'odore di caffè era forte in cucina, talmente tanto da costringermi ad aprire la finestra mentre lo sorseggiavo.
Alice ancora dormiva tranquilla, ed io che non riuscivo proprio a chiudere occhio quella notte, mi ritrovai alle sette a bere caffè alla finestra.
I passanti indaffarati con le loro vite correvano sui marciapiedi, una ragazza si scontrò contro un moretto e mi domandai se per caso avessero sentito quella scossa, magari ritrovandosi fra qualche tempo e scoprirsi innamorati. Un uomo con la ventiquattr'ore camminava al telefono, probabilmente aveva una riunione importante, e inveiva a voce molto alta, che gli servivano quei fogli.Un'anziana camminava con le nipotine, i grandi zaini sulle spalle. Il nonno voleva anche toglierli, ma le bambine decise camminavano scostandoli.
Se ne sarebbero pentite in futuro, di non aver stretto quella mano, proprio in quel momento.Mani inconfondibili si posarono sui miei fianchi, un bacio dolce al centro della schiena.
"Buongiorno." Sussurrò ancora intorpidita dal sonno.
"Ciao amore. Buongiorno." Mi girai per abbracciarla e lei sorrise.
"Bacio?" Domandò quasi offesa, la baciai piano. Accarezzando il suo viso, un bacio lungo, ma non c'era parvenza di lussuria. Era solo un bisogno di sentirsi uniti.
"Come mai non eri a letto?" Domandò preoccupata, i suoi occhi si posarono sulle mie occhiaie e scosse la testa. "Dovresti dormire amore, hai ancora le ansie su Sanremo e l'Olimpico?"
"No, cioè sì." Avevo dimenticato che la scusa era quella. In realtà oggi avrei iniziato le prove con i bimbi, la proposta mi stava togliendo l'anima. E allora dovevo sbrigarmi a chiederglielo, prima di rimanerne leso.
"Vuoi parlarne?" Chiuse la finestra e sorrise. Illuminata dalle prime luci del mattino era quasi eterea.
"No, vieni qua." La strinsi fra le mie braccia e lei si posò con la testa sul mio petto.
"Allora. Hai fatto il caffè?" Chiese rimanendo chiusa nel suo spazio riservato.
"Che non se sente?" Risi sonoramente e lei annuì ridendo.
"Allora mi bevo un caffè, e mi rimetto a letto. E vieni pure tu! Niente storie!"
"E che facciamo?"
"Dormi!"
"Non ho sonno, Ali."
"Conti le pecorelle!" Sorseggiando il caffè lei rispose atona, ed io la guardai in un modo che solo lei poteva capire, quasi si strozzò.
"Non ci pensare nemmeno!" Arrossì, ed io amavo quando lo faceva, ma diciamo che amavo ogni volta che anche solo respirava.
"Va bene. Allora rimango qua." Incrociai le braccia e Alice rise scuotendo la testa.
"Ricattatore. Io devo andare a lavorare." Alzò gli occhi al cielo sorridendo, ed io le presi il bicchierino del caffè dalle mani.
"Io pomeriggio."
"Che devi fare con quello?" Guardinga mi fissò.
"Ma che sei matta? M'hai fatto salta'! Lo sciacquo e lo metto in lavastoviglie. Ho imparato Ali!" Le sorrisi e lei annuì sedendosi sulla sedia. "Che palle, ma chi è?" Borbottò andando a recuperare il telefono.
-Eva, amore.- La sentii cambiare tono. -Facciamo così, non piangere però eh! Ti vengo a prendere appena finisco di lavorare e ti porto qui a casa. Stiamo insieme nel pomeriggio e prima di cena ti riporto da mamma.- Immaginai che Eva avesse discusso con sua madre.
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Ovunque tu sia.-𝒰𝓁𝓉𝒾𝓂𝑜.
أدب الهواةNiccolò è un ragazzo pieno di sogni, ambizioni seppure sia anche pieno di insoddisfazione. All'alba di una svolta e di una realizzazione di un piccolo, enorme, sogno, cercherà se stesso in un paio di occhi. Come ogni cosa, bisogna saper cogliere l...