𝐴𝑚𝑎𝑡𝑖 𝑠𝑒𝑚𝑝𝑟𝑒.

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Alice Pov.

Le partenze sono sempre un po' dolorose. Se poi stai lasciando gli affetti per affrontare nuovi orizzonti in solitudine, allora facevano anche paura.

Il cielo era chiaro, la luna illuminava il mare regalandogli l'aria romantica. Immaginai le coppiette sul lungo mare che si beavano dello spettacolo. Perché io non potevo farlo? Poggiare la testa sulla sua spalla e sentire che il mondo era un posto abitabile.

"Hai preso l'Amuchina? Sai che i treni sono sempre pieni di gente, i germi..." Ludovica sembrava in ansia, sorrisi girandomi verso di lei che stava posando sul tavolo il beauty case.

"Sì, Ludo. Tu sei pronta?" Chiesi sospirando. Si occupava sempre di me, come se potessi cacciarmi sempre in qualche guaio. Ed era sempre stata così. Ripensai a tutte le volte che, da bambina mi facevo male e lei mi medicava con fare dolce.

Ricordai quando mi chiese di andare a vivere con lei, per sfuggire al disastro colossale che mi stringeva la gola in quella casa. Quando non avevo rispettato la promessa fatta ai miei genitori, rovinandomi per sempre la vita; ma lei non si preoccupò. Lei come una dolce sicurezza, mi abbracciò giurando che quella cosa non era mai successa.

"Sì, andiamo?" I suoi occhi blu erano spenti, e immaginai che avessero il mio stesso riflesso.

"Certo." Sussurrai tirando la valigia fuori casa.

"Hai qualcosa da mangiare sul treno?" Chiese salendo in macchina. Era insolitamente silenziosa. La esaminai guidare, concentrata e pensierosa.

"Sì, me l'hai messo nello zainetto mami." La presi in giro per sdrammatizzare. Lei alzò gli occhi al cielo imprecando sottovoce qualcosa di simile ad un: "Identici." Probabilmente avevo capito male.

Il volume della radio non trovava pace, lo alzava ed abbassava di continuo. Guardai le macchine sfrecciare ai nostri lati, e mi accorsi che lei stava andando pianissimo per i suoi standard. Decisi di non farglielo notare, che se avessi perso il treno non sarebbe di certo stato un dolore.

Mi ritrovai a sperare di trovarlo al binario, con le mani nelle tasche e la testa bassa. Come quando si vergognava di dire qualcosa e allora si dondolava sulle punte e sorrideva timidamente.

Immaginai, ma non sempre è la realtà.

"Ludo, il treno ha venti minuti di ritardo. Vai a casa, sta' tranquilla." Gli occhi puntati sui terminali e lei scosse la testa.

"Non esiste. E poi ho sempre voluto fare quella che corre dietro il treno per salutare qualcuno." Scherzò cercando di non pensarci. Si mise seduta sulla mia valigia ed io la incenerii.

"L'ho pagata duecento euro quella valigia." Bofonchiai indicando la sua seduta.

"E che è d'oro? Viaggia in prima classe?" Ludovica rise alzandosi dalla mia valigia ed io risi insieme a lei.

"Nah, solitamente mi aspetta direttamente a destinazione." Risposi sarcastica.

La realtà era che nessuna delle due voleva viverlo come un trasferimento, lo stavamo affronando come un viaggio. Ludovica sorrise ad un messaggio, ed io mi ritrovai a ringraziare chiunque sia stato a regalare quel sorriso splendente.

"Chi è?" Chiesi sedendomi sulla panchina.

"Il comune l'ha pagata duecento euro quella panchina." Scherzò.

"Finiscila. Chi è?" Chiesi curiosa.

"Ma fatti gli affaracci tuoi." Rispose ridendo.

"Quanto sei dolce." La fissai fingendomi offesa.

Ovunque tu sia.-𝒰𝓁𝓉𝒾𝓂𝑜.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora