𝐸 𝑡𝑢 𝑐ℎ𝑒 𝑓𝑎𝑣𝑜𝑙𝑎 𝑠𝑒𝑖?

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"Il capodanno dovrebbe essere a settembre, ci hai fatto caso? Tutto ricomincia da qui. Ricomincia il lavoro, ricomincia la dieta, i buoni propositi, pure le iscrizioni in palestra!" Infilai le scarpe con fatica, e Niccolò annuì assonnato.

"Oggi deposito la canzone per Sanremo. Si prenderanno tempo per decidere." Sospirò.

"Amore, andrà benissimo!" Risposi baciandolo.

"Spero."

"Andrà superbamente. Caffè al bar?"

"Caffè al bar." Accettò scendendo le scale insieme a me, e ci buttammo nell'aria di città.

L'aria di settembre era sempre magica, aveva l'odore particolare.
Roma alle sette di mattina è sempre un miscuglio di profumi, l'odore di caffè insieme al carburante bruciato da qualche motore, qualcuno cucina prima di uscire, chi stende i panni al sole ad asciugare elargendo il profumo d'ammorbidente.

L'aria fresca che ti riempie i polmoni e ti coglie di sorpresa, facendoti stringere nelle spalle. La brezza leggera, che ti scosta i capelli dal viso e ti da l'impressione che tutto cominci bene.

Al bar un signore leggeva il giornale accorato. La sindaca Raggi per l'ennesima volta aveva sbagliato a far qualcosa, un'altro ragazzo lamentava il calcio mercato quasi fosse lui in trattativa.

Un muratore, consumava il latte macchiato con nervosismo: "Mi moje, ieri sera s'è incazzata e 'stammattina non m'ha voluto fa' la colazione. Dimme te oh!"

La mano di Niccolò si mosse leggera fra i miei capelli in attesa dei caffè. Le sue labbra si posarono sulla mia tempia e questo attirò l'attenzione del muratore infervorito.

"Te pure ieri sera te sei incazzata!" Mi indicò e Niccolò lo guardò confuso.

"No Luigi, Niccolò la porta a far colazione per non farle muovere un dito." La ragazza dietro il bancone sorrise posando i caffè sui piattini.

"Eh questo perché 'n'è tu' moje! Poi cambia tutto. Se trasformano." Borbottò l'uomo. "Soprattutto non ce vivi insieme. Quando ce vivi insieme, alle donne je pesa un pure de respira' vicino a te. E a letto non t'avvicina'!" Niccolò mi strinse a sé e sorrise.

"Io penso che non sia per forza così, tra me e lei anche la convivenza va benissimo." Rispose andando alla cassa.

"E allora giovano', tiettela stretta. 'O sai che c'è? Che pure mi' moje è un bel da fa' eh! Un caratterino. Però pe' me è sempre lei. Le donne so' 'nguaio! Però oh, tiettela sotto al córe e portela come fosse 'a vita tua! Nun t'a fa' tocca' da nessuno!"

"Grazie." Niccolò sorrise imbarazzato ed io mi girai per non guardarlo.

"Come te chiami principessa?" Domandò a me.

"Alice." Sentii un groppo in gola.

"Come mi' fija! Ali' quello è 'npezzo da novanta. Bello e te ama, noi omini semo semplici, trattalo bene e te amerà sempre." Mi mollò una pacca sulla spalla con vigore.
Niccolò mi affiancò, mentre cercavo di rimettere il braccio al suo posto.
L'uomo si concentrò a leggere una notizia sul "Messaggero."

"Come se fa a ammazza' tu' moje e tu' fijo! Che schifo che stamo a diventa'." Borbottò accendendo una sigaretta sulla porta.

"È stato un piacere, buona giornata." Sorrisi uscendo dal bar e l'uomo ricambiò con un sorriso malconcio, ma sincero.

"Bona Giornata Principe'! E occhio a te Fringue'! Te spezzo le ossa, se je fai male!" Minaccioso indicò Niccolò, certo che non spaventò con quell'aria da buono.

Ovunque tu sia.-𝒰𝓁𝓉𝒾𝓂𝑜.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora