𝑈𝑛𝑖𝑣𝑒𝑟𝑠𝑜

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Alice Pov.

"Amore." Lo mossi lentamente per svegliarlo.

"Mmmmh, dai fammi dormire." Si girò dall'altra parte.

"Nic, è tardi dobbiamo andare al matrimonio." Gli posai la mano sulla spalla e lui grugnì.

"Vai tu. Ti aspetto qui." Farfugliò nascondendo il viso nel cuscino.

𝐸 𝑣𝑎 𝑏𝑒𝑛𝑒, 𝑙'ℎ𝑎𝑖 𝑣𝑜𝑙𝑢𝑡𝑜 𝑡𝑢.

"Sarà contento il testimone dello sposo, se tu non vieni!" Mi girai a braccia conserte, con un occhio controllai la reazione. Spalancò gli occhi e mi guardò di traverso.

"Sei un po' stronza." Borbottò buttando di nuovo la testa sul cuscino.

"Sono una delle damigelle! Non posso arrivare tardi!" Lo mossi disperata.

"Mamma mia, donne e matrimoni so combo letali." Lamentò alzandosi.

"E pensa dopo il tuo." Lo spinsi in bagno.

"Non ci voglio pensare." Rise aprendo l'acqua della doccia. Lo scrosciare dell'acqua misto al profumo del bagnoschiuma di Niccolò, era ormai la certezza di ogni risveglio. Un po' come se dipendesse da quello il buongiorno.
Il suono della sua voce che canticchiava strofe di Vasco Rossi, era da sempre la mia musica preferita. Non perché non amassi sentirlo cantare altre canzoni, ma perché quello era un privilegio riservato solo a me.
Come ogni mattina, mi specchiai a lungo, quasi in attesa che la persona riflessa mi spiegasse chi fossi.
Poi, una volta smesso di specchiarmi, e insultare il mio viso tutt'altro che riposato, lavai i denti, tenendo i capelli di lato. La piega era ancora perfetta, "e fortunatamente" perché sennò chi la sentiva Camilla?
La doccia di Niccolò finì, ed io non gli diedi modo nemmeno di chiudere l'acqua che già ero dentro. Avrei dovuto sbrigarmi, se avessi tardato Camilla avrebbe dato i numeri.

"Ali, potevi dirlo. Ti accoglievo volentieri." Rise tamponandosi il corpo, per asciugarsi.

"Niccolò, muoviti o mi uccide." Lamentai.

Oltre che a infilare un pantaloncino e una maglietta, non dovevo fare niente. Ci saremmo preparate a casa della sposa io e Ludo.

Mi posai con la spalla sul montante della porta, e lo guardai abbottonarsi i polsini della camicia. Poi passò ai bottoni frontali, le mani scorrevano veloci fra le asole. Si girò verso di me, tenendo la cravatta fra le mani.

"Amore, sei bellissimo." Lo baciai circondando il collo, per poi passare a fargli il nodo.

"Come mai tu lo sai fare?" Domandò curioso.

"Papà ha sempre ritenuto importante, che una donna sapesse farlo. Ogni volta che doveva indossarla, mia madre gli doveva fare il nodo. Poi, ha tenuto che lo facessi io." Risposi lasciandogliela larga per il momento.

"E perché?" Sembrava veramente confuso.

"Perché: una donna non solo deve essere perfetta e curata ai minimi dettagli, ma non deve permettere mai che l'uomo non sia alla sua altezza." Imitai la voce di mio padre e lui sorrise.

"E tu perché allora lo permetti?" Chiese prendendomi la mano.

"Perché sei oltre ciò che io potessi anche solo aspirare." Risposi baciandolo sulle labbra. "Soprattutto, io non credo che sia così. Non sono così maschilista, da pensare che la donna abbia il compito unico di prendersi cura dell'uomo; d'altro canto, non sono nemmeno così tanto femminista da dire che possiamo fare le stesse cose; riconosco che ci sono determinate condizioni in cui deve essere l'uomo ad agire. Sono io, e io non vorrei mai che tu come tuo unico scopo di vita ti prendessi cura del mio benessere, come non vorrei mai che prendessi scelte anche per me. Ho la folle utopia, che ognuno ha una libertà personale." Risposi rovistando fra i miei gioielli.

Ovunque tu sia.-𝒰𝓁𝓉𝒾𝓂𝑜.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora