Tre anni prima, 15/07
Città di San Diego«Non insistere Olive, se ti è stato detto di no, rimane no!»
La voce profonda e severa di mio padre è il bentornato che ricevo appena varco la soglia di casa, di ritorno da un pomeriggio con i miei amici. Poco dopo, vedo uscire dalla cucina mia sorella Olly e sparire in camera sua. Allungo un braccio verso di lei, ancora confuso per quel che ho visto e la voglia di correrle dietro per coccolarla e dirle che andrà tutto bene è tanta; peccato che sia proprio mio padre a fermarmi.
«Sergio, finalmente sei tornato. Vieni qui, dobbiamo parlare.»
Riporto i miei occhi scuri e stanchi verso la camera di mia sorella, ma chino il capo e lo seguo in cucina. Entro e vedo mia madre seduta al tavolo, aspettando noi: i suoi occhi sono leggermente umidi e mi preoccupo di quel che potrebbe venir detto in questa stanza.
«Olive quest'anno andrà in vacanza dai miei genitori, tu, invece, andrai alla scuola militare.»
Mio padre è sempre stato un tipo di poche parole e che va dritto al sodo, ma così ha esagerato, anche se impiego qualche secondo per assimilare del tutto le parole che ha pronunciato.
Mi alzo in piedi, facendo pure cadere la sedia sul quale ero seduto per la foga che ho impiegato nel movimento e sbatto le mani sul tavolo; mia madre sussulta, mentre mio padre, George, rimane impassibile di fronte alla mia ira.
«Non ci penso neanche! Io non voglio diventare come te!»
Le mie urla potrebbero essere sentite, con tutta tranquillità, anche dai vicini, ma lui continua a non scomporsi e a mostrarsi l'uomo di ferro che l'esercito a plagiato, mentre mia madre comincia a piangere e a cercare di trattenere i singhiozzi.«Non è una decisione che spetta a te, cadetto.»
Detto questo, si alza per andare da qualche parte lontano da noi, da me. Stringo i pugni fino a far sbiancare le nocche e mi volto verso di lui, cominciando a parlare in maniera calma e controllata.
Proprio come fa lui, proprio come ti colpisce di più.
«Non è una decisione che spetta a me, dici? Si tratta del mio futuro, di quel che dovrò fare per vivere una volta fuori da qui.» Lo vedo fermarsi e ascoltare le mie parole.
Come previsto, solo la disciplina dell'esercito, che ha cercato di insegnarmi, fa effetto su di lui. A volte mi chiedo che cosa abbia portato la mamma a sposarlo.
«E, si dia il caso, che io abbia già scelto quel che voglio fare del mio futuro, padre.»
Sputo fuori l'ultima parola, quel che lui dovrebbe essere per me, per sfregiarlo e ricordargli il ruolo che gli appartiene.
Per ricordargli che qui non siamo tra file e file di soldati, che qui c'è bisogno di amore, di comprensione e di un senso di famiglia. Tutte cose che lui non dimostra da tempo.
Anche se ho detto una piccola bugia, spero che questo serva a fargli a capire che deve tornare a essere un padre e non un comandante dell'esercito.
«Sentiamo allora, che cosa ha deciso questo piccolo sophomore di così grande da snobbare l'esercito.»
Si volta verso di me, fissandomi negli occhi per mettermi alla prova e dimostrare la mia inferiorità. E attende una mia risposta, pronto a deridermi e a ribadire la sua posizione.
Come se fosse il capo del mondo, come se fosse Dio sceso in terra per annunciare la mia fine.Tengo i miei occhi fissi nei suoi, in una muta battaglia di supremazia, e compio un passo nella sua direzione.
«Non è questione di grandezza, come mi hai sempre insegnato: un militare non può pensare di essere migliore degli altri o finirà per essere il primo a morire.» Recito a memoria uno dei suoi tanti insegnamenti sull'esercito che mi propinava fin da piccolo e prendendo, subito dopo, un piccolo respiro per continuare con il mio discorso, «È una questione di passione, una passione per le armi che io non posseggo; è una questione di scelta di vita e io non voglio donare delle grosse preoccupazioni alla mia famiglia quando dovrei partire per delle missioni di guerra.»
I suoi occhi lampeggiano, colti dalla consapevolezza del dolore e dei mille pensieri che sommergeva la nostra intera famiglia quando lui partiva.
Ricordo ancora le grida della mia piccola Olly, quando papà era fuori dal Paese per combattere delle guerre. Grida che fanno parte della mia raccolta personale di incubi peggiori.
«E comunque, voglio lo stesso essere utile al mio Paese; in maniera differente da come lo sei stato tu.» Continuo, preso da una strana frenesia e illuminazione.
Lo vedo abbassare gli occhi, per un solo millesimo di secondo ed esulto mentalmente, apprestandomi a dire l'ultima parte della mia verità.
«Voglio diventare procuratore.»
Sento qualcosa cadere e mi volto, preoccupato verso mia madre che tiene le mani sulla bocca e, ai suoi piedi, una tazza bianca. Rimango a guardare mentre lei raccoglie i cocci, qualche secondo più tardi, immobilizzato dal desiderio che ho espresso e la verità di quelle parole, in attesa del verdetto finale di mio padre.
Mi volto verso l'uomo duro che ho conosciuto negli ultimi anni e aspetto la sua sentenza.
STAI LEGGENDO
Il mio amore sbagliato
Teen FictionATTENZIONE: Questa storia è da considerarsi un prequel di "Come una goccia d'acqua su un incendio", storia che trovate sul mio profilo. La lettura delle storie non ha un ordine e potete decidere qualche leggere prima o se leggerne solo una delle due...