Capitolo 9: Il mio grido silenzioso

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Tre anni prima, 26/11 (Thanksgiving day)Città di San Diego

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Tre anni prima, 26/11 (Thanksgiving day)
Città di San Diego

La luce ferisce i miei occhi chiusi e mi rigiro nel letto; pronto a riprendere la dormita che mi è stata interrotta, ma cado a terra e mi massaggio il naso.
Apro gli occhi, osservando le grandi piastrelle grigie e sentendo il loro freddo su tutto il mio corpo; eppure, la forza di alzarmi sembra venirmi meno.
Mi volto, poggiando la schiena sul pavimento e faccio in modo che i brividi si propaghino per tutto il mio corpo, mentre la mia mente inizia a macinare pensieri su pensieri e il sonno esce del tutto da me.
Un'altra giornata è iniziata.
Osservo il soffitto bianco e i miei pensieri si snodano verso pensieri e luoghi oscuri fin da prima mattina; ma scaccio tutto con il movimento di una mano. Mi alzo da terra con un movimento atletico e veloce, prendo in mano i pantaloni della tuta, infine apro la porta ed entro in bagno, senza aver ancora indosso niente di diverso da un paio di boxer.
Il mio pigiama per tutto l'anno.

Mi stropiccio gli occhi e li lascio vagare per la piccola stanza, finché non si fermano più di una volta su una chioma scura a me conosciuta. Arrossisco e continuo a guardare mia sorella, la quale mi osserva a sua volta e mi fa una radiografia completa, ma sono troppo intontito dal sonno e dall'eccitazione che il suo sguardo mi sta facendo crescere dentro per poter pronunciare qualcosa.
I miei occhi scivolano dai suoi occhi marroni, al suo labbro inferiore racchiuso tra i suoi denti sul suo collo vuoto e perfetto. Scendo ancora, osservando la sua tenuta da notte; nonostante i miei evidenti problemi tecnici. La maglietta a maniche lunghe color argento è stropicciata sopra un paio di pantaloni lunghi bianchi e i suoi piedi sono scalzi, come i miei.
Deglutisco e cerco di far tornare il mio cervello tra i vivi, mentre non riesco a distogliere lo sguardo da lei.
Possibile che mi viene difficile anche la cosa più facile quando tu sei nei paraggi?
«Ehm...»
Richiude la bocca e scuote la testa, prima di voltarsi e uscire dal bagno, lasciandomi di nuovo solo. Solo ora riesco a tornare a respirare e a chiudere gli occhi.
Devo esserle sembrate un idiota completo! Dannazione, è mia sorella!
Poggio la fronte sul primo muro che trovo e prendo dei respiri profondi, cercando di sopprimere tutto quel che lei ha fatto emergere in me, anche se la lotta contro me stesso è più dura di quel che pensassi.
E io ho sempre più paura di non essere abbastanza forte per vincerla.

Tiro un pugno contro la superficie, cercando di non fare troppo rumore o disastri come quando eravamo in vacanza e tengo gli occhi chiusi.
Lei è mia sorella e io suo fratello: devo smetterla di amarla in questo modo.
Grido dentro di me; contro i miei sentimenti, contro me stesso, contro la vita che ha deciso di rendermi così e contro la mia debolezza.
Dovrei essere un esempio da seguire per lei, non qualcuno che è così tanto sbagliato.

Tiro un altro pugno al muro e mi rimetto in posizione eretta per potermi sistemare e raggiungere la mia famiglia in cucina e fare la colazione tutti insieme. Esco dal bagno, rientrando in camera mia per recuperare il cellulare e osservare il cielo chiaro e il sole che splende da solo, riuscendo a mostrarsi in tutta la sua bellezza per l'assenza di nuvole.
Prima o poi sarò in quella distesa di azzurro, se non finirò prima sotto terra a perire il caldo dell'inferno.
Rilascio un sospiro ed esco dalla stanza, raggiungendo i miei familiari. Li saluto tutti, Olly compresa, e mi stampo un sorriso sul volto vista la loro felicità e l'eccitazione che provano per questo giorno di festa. Mamma è in continuo fermento sui fornelli e al telefono con la sua migliore amica, Summer, per mettersi d'accordo fino all'ultimo secondo per la giornata; papà legge il giornale seduto a capotavola, mentre la parata di Manhattan passa in tv e Olly la segue con vivo interesse, osservando stupita la creatività che ogni anno le persone mettono per creare palloni gonfiabili, carri e travestimenti per questo giorno.
Mi siedo al suo fianco e poggio una mano sulla sua, la quale tiene stretto il cucchiaio che ha messo nella tazza e gliela stringo leggermente: so quanto odia i cereali ammollati dal latte e le sorrido, ritirandola appena posa i suoi occhi su di me. Le faccio un cenno con il mento e mi concentro su quel che mamma mi ha appena poggiato davanti, dopo avermi scoccato un bacio sulla guancia.
«Buongiorno tesoro, hai visto che bella giornata?»

Apro la bocca per risponderle, ma non faccio in tempo a emettere un suono che è tornata a parlare della festa e, quindi, inizio a mangiare le mie fette biscottate. La musica della parata giunge alle mie orecchie e inizio a tamburellare il ritmo con il piede destro, sentendo il buonumore venire a trovare anche me e sorrido davvero. Quando finisco, mi alzo e lavo quel che ho usato per non dare altro peso a mia madre e faccio per uscire dalla stanza, anche se la voce di mio padre mi ferma.
«Aspetta, figliolo. Dobbiamo parlare dei programmi per la giornata.»
Ah, pensavo che fossero rimanere in casa a rimuginare sui miei sentimenti nascosti e lottare contro me stesso finché le forze non mi avrebbero abbandonato.
Torno a sedermi al mio posto e sento il cellulare vibrare nella tasca della tuta, lo prendo e sorrido nel leggere un messaggio di Jason, il quale mi racconta di come i suoi vogliono portarlo dalla nonna. Una nonna alquanto particolare, direi.
Gli invio delle faccine che ridono e mi risponde con quella che fa il dito medio, rido ancora e poi metto via il telefono, aspettando che qualcuno mi metta a conoscenza dei loro piani.
«Oggi andremo sulla spiaggia!»
L'entusiasmo di mia madre è sempre stato un po' esagerato, così come la sua preoccupazione per noi, ma oggi non riesco a trattenere anche il mio e mi alzo per abbracciarla. Vorrei fare lo stesso anche con mio padre, ma lo sguardo che mi rivolge, mi obbliga a fermarmi sul posto e fargli solo un cenno con il capo come ringraziamento.
«E a me? È stata mia l'idea di trascorrere la festa lì.»

Mi volto verso Olly, vedendo il suo broncio nei miei confronti e inizio a ridere.
Ti amo, sorellina e riesci a rendermi felice anche con il più piccolo dei gesti.
La prendo tra le mie braccia e faccio un giro completo su me stesso, come facevamo da bambini e la sento ridere nelle mie orecchie, poi me la carico in spalla e la requisisco per portarla nella mia camera.
«Ciao mamma, ciao papà! Noi andiamo a prepararci, chiamateci quando dobbiamo andare.»
Non aspetto neanche le loro risposte e la porto via da lì per lanciarla sul mio letto e seguirla subito dopo, in preda alle nostre risate e a un'allegria che pensavo di non poter provare in questa giornata.
Grazie Olly, grazie di esistere.

Buongiorno cuoricini!Che ve ne pare di questo capitolo? Vorrei riuscire a parlare della lotta di Sergio senza risultare ripetitiva con le parole e con i fatti, quindi mi piacerebbe molto un vostro parere (ovviamente, non siete obbligati a lasciarm...

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Buongiorno cuoricini!
Che ve ne pare di questo capitolo? Vorrei riuscire a parlare della lotta di Sergio senza risultare ripetitiva con le parole e con i fatti, quindi mi piacerebbe molto un vostro parere (ovviamente, non siete obbligati a lasciarmelo, ma fareste una bellissima opera buona nei miei confronti ^.^)

E poi, dai, dopo un'immagine del genere non siete più propensi a essere buoni nei miei confronti? 😏😋

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E poi, dai, dopo un'immagine del genere non siete più propensi a essere buoni nei miei confronti? 😏😋

Meglio che io chiusa qui prima di sparare un bel po' di baggianate e vi lasci alla vostra lettura.
A presto!

A presto!

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Il mio amore sbagliatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora