Capitolo 7: Perché tu sei la ragione

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Tre anni prima, 30/08Città di San Diego

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Tre anni prima, 30/08
Città di San Diego

«Finalmente!» Borbotto nell'orecchio di mia sorella, facendola ridere.
È stato bello passare del tempo con i nonni, ma lì a Taos non c'è molto per svagarsi, se non fare passeggiate e seguire i turisti nei loro giri; inoltre, il nonno non è un tipo facile da sopportare a lungo.
«Non è stato così male.» Risponde lei, ridacchiando per la bugia appena detta: il Tenente Gardner, come ci ha obbligati a chiamarlo, ha fatto di tutto per farci sentire dentro l'esercito; per fortuna la nonna, è riuscita a farci sgattaiolare via spesso.
Le mostro la lingua, per continua a giocare e scappo per non farmi raggiungere da lei ed evitare che cerchi di placcarmi, come le ho insegnato durante l'estate.
Corro finché non incontro i nostri genitori, fermi davanti all'auto che ci riporterà a casa dall'aeroporto; mamma con un sorriso che mostra tutti i suoi denti splendenti per come i suoi figli vanno d'amore e d'accordo.
Anche se dovrebbe preoccuparsi dell'amore che io provo per Olly.
Papà, invece, rimane in piedi e con la schiena perfettamente dritta a osservarci: sembra volermi rimproverare, come fa spesso e volentieri, ma poi si lascia andare a un sorriso e viene ad abbracciare entrambi. Mi scambio uno sguardo confuso con mia sorella e mia madre, la quale mi fa un occhiolino in risposta e mi inizio a chiedere quante cose siano cambiate in questo mese passati lontani.
Forse, devo recarmi più spesso dai nonni...

«Presto, tutti in auto! Abbiamo una sorpresa per voi due.» Ci sprona mamma, posandoci delle mani sulla bassa schiena per spingerci dentro l'auto. Mi allungo verso l'orecchio di Olly e le sussurro che sto iniziando a preoccuparmi, devo farle del solletico, però, la sento ridacchiare e contorcersi sotto il mio fiato sulla sua pelle; mi scosto per lasciarle più spazio e mi siedo al mio posto, senza aspettare una risposta.
Non riesco più a vedere dei semplici gesti quotidiani per quel che sono, ormai, tutto quel che fa assume un diverso significato per me. Mi sembra di non riuscire più a capirla come una volta.
Il viaggio in auto trascorre tranquillo tra i racconti di quel che si è perso una parte della famiglia rispetto all'altra e le canzoni della radio come sottofondo alle nostre parole. Parcheggiano e mamma ruba me e mia sorella, senza permettermi di aiutare papà con i bagagli e ci porta più lontani dal portone di casa.
Camminiamo meno di due minuti, prima di fermarci di fronte a una porta a noi estraneo: lei si posiziona di fronte a quel pezzo di legno scuro e ci osserva con uno sguardo che sembra un sole, talmente è luminoso e felice. Viene raggiunta presto da nostro padre, intrecciano le loro mani ed entrano come se nulla fosse.
«Tu sai che cosa sta succedendo?» Mi chiede Olly, confusa quanto me, ma scrollo le spalle e rimango in silenzio per analizzare meglio la situazione, senza avere il coraggio di violare una proprietà.
«Mi sa che si sono fatti di qualche strana sostanza stupefacente.» Annuisco alle mie stesse parole, vedendo che tutto sembra risolversi così e mi volto verso mia sorella quando la sento ridere.
Ogni mio pensiero si blocca a questa visione associata alla sua splendida risata e rimango imbambolato a fissarla, finché non mi scuote il braccio. Forse mi sono perso qualche sua parola.
«Ma sei davvero convinto di quel che hai detto?» Mi chiede, probabilmente una seconda volta, senza smettere di ridere.
«Certo! Non hai notato papà quanto era stranamente affettuoso oggi? O il suo insolito sorriso?» Lei continua a ridere e io mi rendo conto delle mie parole: nostro padre, ex capitano dell'esercito americano, non farebbe mai una cosa del genere.
Eppure, non mi vergogno di quel che ho detto perché le ha donato felicità e io potrei vivere solo per questo.

Il mio amore sbagliatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora