Capitolo 42: Come un sogno (*)

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Un anno prima, 20/02Città di San Diego

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Un anno prima, 20/02
Città di San Diego

Diventa ogni giorno più difficile resistere alla tentazione del corpo di Olly sotto, o sopra, di me; soprattutto se le sue mani vagano su di me come se stessero cercando un tesoro perduto e che bramano da tempo.
Per fortuna, si limita solo alla parte superiore del mio corpo, altrimenti avrei già detto addio alla mia forza di volontà.
La tentazione di lei aumenta nella stessa quantità della diminuzione delle ore di sonno che mia sorella mi concede, visto che, a detta sua, la notte è l'unico momento in cui non dobbiamo nasconderci. Non so se cederò prima al sonno o al corpo stupendo di Olly.
«Ehi, amico! Sembri uno zombie, te lo hanno già detto oggi?»
Regalo un finto sorriso a Jason che mi ha già porto questa domanda quattro volte da quando ho messo piede a scuola e mi impegno maggiormente per mantenere la sua stessa andatura nella corsa.
«Dovresti provare a cambiare repertorio, una volta ogni tanto, lo sai?»
Sbuffo e osservo le gradinate, dove le cheerleaders attendono la fine dei nostri allenamenti per poter occupare tutto il campo e assicurarsi che noi ragazzi non fissiamo le loro rotondità; che idiozia, come se qualcuno di noi lo farebbe mai.
Cambio idea quando vedo un tipo con la divisa della nostra squadra che si abbassa sotto le gradinate per sbirciare al meglio le ragazze; tiro una gomitata al mio amico e gli indico, con un cenno del capo, dove deve guardare.
«Recupera il novellino, così la tua Meredith rimarrà solo tua.»
Il viso gli diventa rosso, così come le orecchie e riesco a percepire l'imbarazzo nascosto dall'ira, così trattengo un sorriso quando lo vedo marciare a passo di carica verso quel ragazzo.
«Jaxon!»
Il nome di quel ragazzo è l'ultima cosa che sento prima di concentrarmi sulla mia vita e sulla mia relazione con Olly.

Chiudo la porta di casa dietro le mie spalle, e lancio le cose a casaccio nel primo posto libero, poi mi lascio cadere sul divano e chiudo gli occhi

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Chiudo la porta di casa dietro le mie spalle, e lancio le cose a casaccio nel primo posto libero, poi mi lascio cadere sul divano e chiudo gli occhi. sono così stanco.
Scivolo in quella leggera incoscienza di quando sei sul punto di addormentarti e i suoni delle auto che sfrecciano sulla strada davanti a casa, diventano la mia ninnananna per un riposo di cui necessitavo.
Riapro gli occhi, vedendo il buio attorno e dentro casa; nemmeno un rumore spezza la musica delle macchine che percorrono, in fretta, la strada per giungere alla loro destinazione, così come nessun odore giunge al mio naso, fatta eccezione per i miei abiti sudati usati per l'allenamento.
Recupero il cellulare e noto i messaggi dei miei genitori, impegnati al lavoro, mentre da parte di mia sorella c'è solo un cuore che affianca la scritta "mi manchi", sorrido senza poter controllare le mie reazioni e rispondo con un cuore; dopo un paio di minuti di ripenso e le chiedo di raggiungermi a casa perché ho voglia di tenerla stretta a me.

Il mio amore sbagliatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora