Capitolo 41: Pelle su pelle (*)

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Un anno prima, 30/01Città di San Diego

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Un anno prima, 30/01
Città di San Diego

La forbice taglia facilmente l'ingombro chiaro e macchiato di nero che mi copriva il braccio e ora sento una nota di nostalgia e una piccola stretta al cuore nel vedere il disegno fatto da mia sorella venire ridotto in questo modo. Una volta finito, però, non riesco a trattenermi da usare il braccio sinistro come se fosse la prima volta e afferro qualunque cosa mi capiti a tiro, muovendolo come se fosse un ingranaggio impazzito e con un sorriso enorme sul volto, chiunque mi veda ride della mia follia, ma non me curo e torno a casa felice come una Pasqua.
«Sono tornato!»
Non mi risponde nessuno, mentre mio padre mi batte una pacca sulla spalla e afferma che andrà a recuperare una bottiglietta d'acqua per entrambi, ma scuoto la testa e lo seguo: tanto vale rimanere con qualcuno. Apre il frigo e mi passa l'acqua cristallina, poi si siede e mi fissa, mentre poggio il mio fondoschiena sul bancone della cucina e resto in piedi a osservare il liquido dentro la bottiglietta.
«Allora?»
Alzo lo sguardo su di lui e vedo il suo scintillare per la domanda che vuole pormi e che non impiega troppo a buttarmi addosso.
«Con quella ferita di guerra non hai conquistato qualche bella fanciulla?»
Mi fa anche l'occhiolino quando vede che tutto il colore della mia pelle diventa più bianco di un foglio di carta e la mia gola si intasa con un grumo di saliva al sentire la sua domanda; non abbiamo mai avuto un chissà quale rapporto e ora mi viene a parlare di cose simili?
Voglio sotterrarmi.
Vedendo che non rispondo, o che non mi sento a mio agio a parlarne con lui, inizia con un monologo sul come ha conosciuto la mamma e sulla sua fama di playboy prima di mettere la testa a posto che mi fa pensare che vedere Olly ai fornelli non sia l'idea peggiore del mondo.

Quando la porta di casa si apre, corro verso la porta senza interrompere il discorso di mio padre, lanciandomi sulla prima persona che vedo come se fosse la mia unica speranza di salvataggio.
«Fratellone, capisco che tu sia contento di vedermi, ma non ti sembra di esagerare?»
La voce di mia sorella mi fa irrigidire per qualche secondo, ma poi mi sciolgo di nuovo e la alzo tenendola tra le braccia, entrambe finalmente, e inizio a ruotare su me stesso come non facevo da tempo. Mentre ride le sussurro un ringraziamento che sicuramente non ha sentito e poi la poggio di nuovo a terra, andando poi a salutare mia madre, dietro di lei. Senza rispondere al mio saluto, prende il mio braccio sinistro e lo osserva come se fosse un qualcosa di pericoloso e poi mi abbraccia, sciogliendosi in un sorriso quando capisce che sto bene.
«Sono così contenta per te, amore mio.»
Ricambio la stretta e rimango in silenzio, poi papà ci raggiunge e si lamenta del fatto che non gli ho fatto terminare il discorso; così prendo per mano mia sorella e inizio a correre a perdifiato verso la mia camera.
Non riuscirò più a vedere mio padre con gli stessi occhi.

Non riuscirò più a vedere mio padre con gli stessi occhi

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