Capitolo 8: Quel pizzico di normalità che non guasta mai

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Tre anni prima, 20/09Città di San Diego

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Tre anni prima, 20/09
Città di San Diego

Cammino per i corridoi della scuola con il borsone nella mano, mentre l'altra rimane libera per salutare tutti i miei compagni: essere il quarterback della squadra ha dato i suoi frutti per la notorietà.
Batto l'ennesimo cinque con il sorriso sulle labbra, ma una voce ben conosciuta mi impedisce di continuare a camminare.
«È così che si saluta la propria sorellina? Un cinque senza neanche guardarla?»
Mi volto e vedo Olly mostrarmi uno dei suoi più luminosi sorrisi e con le braccia incrociate sotto al seno, mettendolo inconsapevolmente in risalto. Deglutisco un grumo di saliva che mi è rimasto in gola e riporto i miei occhi nei suoi e cerco di sorriderle, avvicinandomi e avvolgendo un braccio sulle sue spalle.
La sento sbuffare, ma si stringe più al mio corpo e comincia a camminare nella mia stessa direzione.
«Posso rimanere a vedere i tuoi allenamenti?» Mi chiede mentre rimane a osservare tutti gli studenti che ci passano di fianco e ci lanciano diverse occhiate: c'è chi vorrebbe quel che ho io, chi vorrebbe essere al posto di mia sorella, chi vorrebbe poter stringere lei tra le proprie braccia e chi è invidioso e ci guarda male. Nessuno di noi due, però, ci fa realmente caso perché noi siamo felici così.
Anche io potrei essere più felice.
Osservo la sua testa, cercando i suoi occhi o di capire i suoi pensieri, ma mi arrendo troppo presto e le acconsento alla sua richiesta.
«Grazie fratellone, sei sempre il migliore!»

Sospiro, conscio della bugia intrisa nelle sue parole perché posso essere solo definito in un'altra maniera, ma la stringo a me e le lascio un bacio tra i capelli.
Quanto ti amo, Olly.
Una chioma bionda ci supera ed entra in palestra facendo sbattere la porta dietro di sé: Katarina McFarren, la futura capo cheerleader di questa scuola.
Che Dio ce la mandi buona!
«Non la sopporto, si crede chissà chi.» Sento mormorare da mia sorella e rimango a osservare quelle porte chiuse che dovremmo oltrepassare, pensando alle sue parole e a quella ragazza così chiusa in sé stessa e che si mostra superiore a chiunque altro.
«Non saprei, sorellina. Io sono convinto che nasconda una grande parte di lei.» Mi ritrovo a dire, senza neanche accorgermene, ma non dubitando neanche di una parola.
Sento il freddo entrarmi nelle ossa quando Olly si scosta da me per potermi fissare negli occhi, in modo da studiarmi e cercare di capire qualcosa.
«Non ti sarai mica preso una cotta per lei, vero?»
Sgrano gli occhi, chiedendomi come le possa essere venuta quest'idea in testa e continuo a osservare le sue pupille scure come la terra bagnata dalla pioggia, studiando quei lampi di emozioni che non riesce a trattenere dentro di sé.
Che cosa ti passa in quella bella testolina? Come puoi pensare che io sia innamorato di una ragazza che non sia tu?

Mi avvicino a lei e le do un buffetto sul naso, rassicurandola che non ho nessun interesse amoroso nei confronti di Katarina e la vedo sospirare di gioia per la mia risposta.
«Ora ti va di entrare? Così il coach non mi sgrida per essere arrivato in ritardo.»
Mi prende la mano e mi sorride, regalandomi anche un occhiolino.
«Non ti preoccupare, ci penso io a non farlo arrabbiare.»
Le sue parole dovrebbero farmi piacere, visto che vuole fare qualcosa per me, ma non riesco a togliermi dalla testa delle immagini orribili e sento la gelosia crescere nel mio cuore dannato.
«Tu non ti muovi dal mio fianco, siamo d'accordo?» Sento la rabbia trasparire dalle mie parole e lo avverte anche lei, che si immobilizza al mio fianco e i suoi occhi lasciano intravedere qualcosa simile alla paura. Il tutto, però, dura solo un attimo e, poco dopo, lei torna a sorridere e mi chiede se dovrà anche rimanere al mio fianco quando ci saranno da fare tutti quei giri di corsa.
Sento la rabbia dissolversi un pochino e lascio scivolare la tensione via dai miei muscoli e apro la porta per far passare prima Olly.
«Oppure, dovrei rimanere al tuo fianco anche mentre tu e i tuoi compagni vi fate la doccia?»
Le guance paiono andarmi a fuoco, mentre il sangue cambia le sue direzioni per imboccarne una obbligatoria verso il mio inguine e nella mia mente mi passano delle immagini vietate.
E non solo per me, ma anche per metà della popolazione mondiale.

Il mio amore sbagliatoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora