Goal!

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Mi sveglio di soprassalto, sentendo qualcuno che mi tocca ripetutamente la spalla.

Che cazzo sta succedendo?

Il terremoto me lo ricordavo più rilassante.

«Lilii sveglia, sono le 12! siamo di fretta» sento dire, o meglio, urlare da una voce lontana.

Dove sono? Possibile che io sia in hangover senza nemmeno ricordare di aver bevuto?

«eh? Chi sei?» sbadiglio pasticciando con le parole, rendendo impossibile alla mia sveglia umana capirmi.

«LILI C'È IL DERBY OGGI, SVEGLIATI» grida la voce nel mio orecchio, e con i riflessi di merda che ho, prendo un cuscino e lo lancio davanti a me senza un vero motivo, non so cosa volesse fare il mio braccio.

Poi l'illuminazione divina, o forse quella solare, dopo circa due minuti di vuoto totale, qualcosa sembra accendersi della mia testa:

È DOMENICA C'È IL DERBY OGGI.

Apro gli occhi di scatto, mettendomi quasi paura da sola.

«papàaaa perché non mi hai svegliato prima? È così tardi» fisso la figura che da minuti interi cerca in tutte le maniere possibili di rianimarmi dal mio sonno profondo.

Peccato però, ero immersa in una terra di fighi dagli addominali scolpiti e le code da tritone, e proprio mentre stavo facendo amicizia con un pesce per salvare il regno di Costantinopoli dal malvagio re Atrippa, soprannominato da me pancetta, sono stata riportata alla vita reale, ed ora non saprò mai se il mio amico delfino alato è riuscito ad imparare a volare.

«sono le 8 scema, ci caschi sempre» dice mio padre ridendo e scompigliandomi ancora di più i capelli.

Mi fa questo scherzo da quando ho memoria, e posso giurare di averci creduto ogni singola volta come una mela cotta.

O era una pera?

« se non fossi mio padre già saresti morto» rido allegra.

È il giorno della partita, niente può rendermi triste, nemmeno uno stupido gioco.

Scendo giù a fare colazione e trovo la sala ancora ovviamente vuota, sono tutti beatamente nei loro letti.

Prendo solo una mela dal cesto. Pensare alla frutta cotta me ne aveva fatto venire voglia,
e corro in camera a fare i compiti di fisica.

Lunedì ho intenzione di andare volontaria, magari riesco anche a recuperare il bellissimo due che sono riuscita a prendere giovedì.

Alle 15:30 inizio a prepararmi, e per prepararmi intendo praticamente cambiarmi di pigiama. Indosso un pantalone di una tuta grigia ed una maglietta della Roma vecchia 50 anni di mio padre.

È la prima volta che io e mio papà vediamo il derby in un posto che non sia casa nostra, e devo ammetterlo, un po' mi dispiace. È sempre stato come una tradizione per noi, ma sono comunque felice di stare con lui e di avere l'onore di poter conoscere i suoi amici.

Mamma mi racconta sempre che il mio amore per il calcio è iniziato quando ero ancora troppo piccola per capirne qualcosa. Ero stata appena adottata, e avendo solo 2 anni dovevo stare con papà per tante ore al giorno, perché mia mamma si trovava spesso in ospedale, dato che dovendo passare con me la notte, aveva chiesto un permesso per lavorare solo durante le ore di sole.

Da bravo tifoso quale era papà, mi teneva con lui a guardare la Roma, e sono cresciuta con questa tradizione nel sangue.

Ho provato persino a giocare io stessa in una squadra, ma non è esattamente lo sport per me, le palle mi mettono ansia.

Però nessuno mi ha impedito di crescere piena di album di figurine Panini, che poi non ho nemmeno mai completato, ma quello non conta più di tanto.

«pronta?» mi chiede papà mentre mette in moto la macchina.

«sono nata pronta» rispondo sorridendo, guardando fuori dal finestrino.

Passiamo il resto del tragitto a discutere le nostre aspettative riguardo la partita che stiamo per guardare, abbiamo persino fatto varie scommesse, che alla fine poi non verranno rispettate, ma quello lo sappiamo anche noi in partenza.

Arriviamo nella casa di questo amico di mio padre verso le cinque, manca ancora circa un ora alla partita.

La casa è grande, sopratutto ben arredata, o almeno così mi sembra, dato che in realtà ho visto solo una stanza.

Sembra di essere in una di quelle ville che si vedono nei film americani. È diversa dalla mia, che pur avendo il giardino, rimane comunque piuttosto piccola.

Non siamo soli, infatti come mi aveva anticipato mio padre 3 giorni fa, qua ci sono altre tre coppie di padri con i rispettivi figli, non considerando il padrone di casa, che di figli maschi ne ha due: una coppia di gemelli di nove anni.

Prendo il telefono per mandare un messaggio a Charlie, ma proprio mentre sto per premere invio, qualcuno mi viene addosso.

«scusa» mi affretto a dire, che in realtà non dovrei manco scusarmi, ma è mia abitudine farlo anche quando non ce ne è bisogno.

«non ti preoccupare, avevo notato fossi un po' sbadata» risponde il ragazzo che mi è venuto addosso raccogliendo il mio cellulare da terra e passandomelo, non prima di leggere il messaggio che ho inviato alla mia amica.

«"Come ti avevo detto, qui nessun figo, non siamo in un libro purtroppo"» ripete ad alta voce lo strano tipo, passandosi una mano tra i capelli biondo cenere con fare da sbruffone.

«nessun figo? Ma mi hai visto bene? Sono mister universo» fa altezzoso il tizio, con nessuna nota di sarcasmo nel suo tono.

«si ed io sono la Maria Stuarda» ribatto io guardandolo negli occhi

«sicuro non sei bella quanto me» fa lui squadrandomi.

«punto primo, sei tu ad essermi venuto addosso, punto secondo, non è educato leggere le conversazioni altrui, e punto terzo, tiratela di meno che nella tua testa c'è più aria che altro» riprendo il mio telefono dalle sue mani e me ne vado.

«sono Shawn» mi grida dietro
quando mi sono già un po' allontanata.

«sono Lili ed ora se non ti dispiace vorrei seguire con la mia interessante vita senza interruzioni da parte tua, grazie » rispondo  girandomi nella sua direzione per fargli un sorriso falso.

C'è qualcosa negli occhi di questo ragazzo che non mi piace, ma non voglio rovinarmi la giornata per lui.

Mi siedo sul divano alla destra di mio padre e  Shawn si siede al mio lato sinistro, facendomi sbuffare.

Prendo una lattina di Coca Cola, guardo mio padre che con la coda dell'occhio, che sta facendo lo stesso, ed inizio a berla tutta d'un fiato: altra tradizione padre-figlia.

Mi trovo spesso ad esultare ed ad urlare con questi uomini, che devo ammettere che nonostante non mi abbiano rivolto mezza parola, dovrebbero essere piuttosto simpatici.

Proprio mentre la partita si sta per concludere con un 2-0 per i giallorossi, mi arriva un messaggio che mi fa spalancare gli occhi.

Numero sconosciuto
Ehi Roxy

Lollypops #wattys202Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora